Esattamente un mese fa, 4 luglio 2014, si decretava il fallimento della Mens Sana Basket, meglio nota agli appassionati come Montepaschi Siena. Senza ombra di dubbio si chiudeva un lungo capitolo di storia della pallacanestro nostrana. Fin qui nulla di strano. Il basket, come qualsiasi altro sport, vive di cicli, e quello della squadra toscana, nonostante negli anni addietro fosse sembrato così longevo ed indistruttibile, ha avuto la sua triste fine come tanti altri. Ogni capitolo però, va definito ed inquadrato secondo parametri precisi. A scuola, quando si studia un capitolo di storia, non si sa mai come possano reagire gli studenti: possono rimanere estasiati (in pochi per la verità), annoiati o avviliti (la maggior parte). Ecco, gli ultimi otto anni di pallacanestro hanno provocato un effetto simile nei tifosi di tutta Italia; mentre la maggior parte sbuffava, si lamentava, imprecava, si scoraggiava e si lacerava dentro, un piccolo nucleo di privilegiati si godeva le imprese della propria squadra di provincia che, dal 2007 al 2013, sul suolo nazionale, ha conquistato tutto il conquistabile possibile, non mancando mai di bissare, triplicare, quadruplicare le proprie vittorie, frantumando tutti i record possibili. Un impero che nel corso della sua storia ha dovuto affrontare i nemici più disparati e che quest’anno è stato definitivamente annientato dall’ avversario più convinto e costante che abbia mai avuto, l’Olimpia Milano. Una battaglia finale nella quale quest’impero era già stato dato per spacciato, ma che ha saputo onorare fino alla fine, rischiando di spuntarla anche questa volta. Ciò non è successo, ma quello che conta è che quest’impero sarebbe crollato lo stesso: l’imperatrice avrebbe abdicato, si sarebbe consegnata alla storia senza quell’etichetta di perdente che non ha mai saputo indossare. L’ impero infatti, era già stato sfaldato da dinamiche interne incontrovertibili.
Torniamo indietro, dunque, al 21 febbraio e all’8 maggio 2014. Ogni capitolo di storia che si rispetti ha le sue date fondamentali ed entrambe rientrano in questa speciale categoria. Nella prima, la società Mens Sana Basket viene posta in liquidazione dal proprio consiglio di amministrazione che non ne approva il bilancio, in negativo di 5,4 milioni. Segnale di un declino inarrestabile, preludio a quel fallimento che sarebbe stato ufficializzato poco più di quattro mesi dopo.
La seconda data è quella della batosta, del crollo più totale: l’Impero non si appresta a perdere solo il proprio potere, ma anche la sua credibilità. Nell’ambito dell’operazione “timeout” avviata nel 2013 infatti, la guardia di finanza arresta e predispone i domiciliari per Stefano Sammarini e Nicola Lombardini, responsabili della Essedue Promotion, società di Rimini che eseguiva operazioni di marketing e scouting per Siena, per Olga Finetti, segretaria generale della squadra, ma soprattutto, per Ferdinando Minucci, artefice principale dell’impero bianco-verde, per anni general manager e presidente della compagine. L’ accusa pare non lasciare scampo: associazione a delinquere finalizzata alla commissione di frodi fiscali con false dichiarazioni dei redditi e false fatturazioni. Cerchiamo di spiegare nello specifico, senza abusare di troppi tecnicismi, con quali pratiche irregolari Minucci e i suoi affiliati sono riusciti a rendere quasi imbattibile la Montepaschi nel corso di questi anni: pagamenti in nero ai giocatori su conti esteri, falsificazione di bilanci per consentire l’iscrizione ai campionati e creazione di somme di denaro per l’arricchimento personale. Per quanto concerne il primo caso, la Essedue Promotion girò ben 16 milioni a 17 atleti, compensi classificati come diritti d’immagine e girati all’estero su conti creati dagli stessi giocatori. Giocatori che hanno contribuito sostanzialmente ai successi senesi con nomi che vanno dall’eterno capitan Stonerook alla coppia lituana Lavrinovic-Kaukenas, per arrivare ai vari Eze, Sato, Andersen, McCalebb, Hawkins, Zisis, Hairston, Moss, Domercant. Talenti illustri che per anni hanno deliziato il Pala MensSana con le loro giocate e che, proprio per queste, venivano pagati in maniera illegale, oltre ai soldi già previsti dai loro remunerativi contratti.
Per il proprio auto-arricchimento Minucci si serviva sempre della società riminese in questione. Sul conto di questa venivano inviate somme di denaro per operazioni di marketing e scouting mai avvenute. Il già citato Sammarini compensava le fatturazioni girando i soldi alle ditte di tale Alberto Galluzzi che, puntualmente, faceva rinvenire le somme nelle casse della società. Un giro di soldi che ha permesso all’ormai ex presidente della Montepaschi di intascare la somma di due milioni di euro.
Per quanto riguarda il falso in bilancio, il solito Sammarini si rese prezioso con la fondazione di una società fittizia, la Brand Management che finse di acquisire il marchio “Mens Sana” per la somma spropositata di 8 milioni di euro. Una cifra che ha consentito alla società di ottenere una grande plusvalenza, determinante in seguito per l’iscrizione al campionato 2012-2013, altrimenti impossibile.
All’inizio avevamo parlato di “parametri precisi” con i quali indagare e descrivere la storia. Ebbene, ci sono i presupposti per poter continuare a chiamare questo arco temporale con il nome di storia o addirittura, di leggenda ? Perché, stando ai risultati sportivi, le premesse c’erano tutte. Mai nessuno in Italia ha vinto sette scudetti consecutivi con l’aggiunta di cinque Coppe Italia e sei Supercoppe. Nessuno, come Minucci, è stato così abile e scaltro nel creare un nuovo prototipo di società efficiente, nel produrre diversi cicli vincenti, ricostruendo attraverso nuovi giocatori e nuovi allenatori nei momenti opportuni. Nessuno era mai stato così perfetto nel consentire ai suoi dipendenti di trovare sempre le condizioni adeguate per formare un amalgama ideale. Siena ha avuto per anni una forza economica che ha saputo gestire in maniera oculata, non spendendo soldi tanto per il lusso di poterselo permettere, ma sempre predisposta alla ricerca dei tasselli giusti che raramente coincidevano con i nomi più altisonanti. La Mens Sana ha avuto delle grandi squadre formate da straordinari giocatori. Più di qualche volta però, questi giocatori non hanno avuto la capacità di imporsi altrove come hanno fatto in Italia. Segno che nell’ambiente toscano si puntava alla valorizzazione dei singoli grazie ad un lavoro mirato sull’intero collettivo. Minucci ha dato per anni l’esempio di come si costruisca un team vincente, attraverso un’etica del lavoro trasformatasi con facilità in etica del successo e della vittoria. Il tutto grazie all’aiuto dei Pianigiani, dei Banchi, degli Stonerook, McIntyre, McCalebb, Hackett e compagnia cantante. Ciò che però ha colpito più di ogni altra cosa in tutti questi anni è proprio il fatto che nessuno di questi nomi si è rivelato imprescindibile nella costruzione di un progetto vincente. Ogni membro dello staff o del roster è stato sempre salutato senza piangersi addosso e sostituito nella maniera migliore possibile. Segno che alla base era stata creata una struttura oltremodo solida in grado di rendere tutti determinanti, ma non fondamentali.
Abbiamo creduto, fino a qualche mese fa, che il ciclo senese sarebbe stato per sempre un modello al quale appellarsi, prendere spunto, invece, ci siamo ritrovati tutti a gettargli fango addosso, screditandolo di quanto fatto e mostrato in otto lunghi anni. Del resto, senza quei pagamenti extra in nero, gente come Lavrinovic, Kaukenas, Sato, Hawkins, Andersen e molti altri ancora, avrebbe accettato di far parte di Siena e quindi contribuito alle sue vittorie ? Minucci, senza i suoi raggiri finanziari, avrebbe avuto la possibilità economica di poter scegliere sempre il meglio sulla piazza ? Sappiamo però, per certo, che la squadra dell’ultimo titolo, quella del 2013, non avrebbe potuto iscriversi al campionato e, di conseguenza, vincerlo. Alla stessa identica maniera sappiamo però che quella squadra non era la favorita per la vittoria finale ma nonostante ciò, è stata capace di espugnare i parquet di Milano, Varese e Roma. Segno che, irregolarità a parte, c’era sempre un qualcosa in più, quasi di magico, nelle squadre allestite di volta in volta da Minucci.
Quest’ultimo, fra l’altro, non è mai stato lontano da antipatie o sospetti. La sua figura è sempre stata paragonata, anche in tempi lontani da questi, ad una sorta di Moggi della palla a spicchi. Mai però era stato prese con le spalle al muro come in quel recente 8 maggio. Infatti, il suo lavoro e la sua abilità gli erano sempre stati riconosciuti e numerose testimonianze sono lì a confermarcelo: il premio di dirigente dell’anno in Eurolega del 2008, le frasi di qualche mese fa del presidente della Fip, Petrucci, che lo riconosceva come “il miglior dirigente italiano in assoluto”, l’incarico che dal mese scorso avrebbe assunto come presidente della Lega Basket, segno di una stima che gli riservavano anche i suoi colleghi-avversari. Il problema è che dietro questo lavoro impeccabile si celavano delle macchie rilevanti, non indifferenti. Il tempo ha dato ragione a chi, da anni, come il presidente della Virtus Roma, Toti, sussurrava e a volte gridava senza troppa convinzione che ci fosse del marcio in questo dominio. E’ scattata subito la corsa al “lo sapevo!”, al “prima o poi sarebbe uscito fuori”, al “ha rubato tutto!”. Il tutto mentre la sua squadra meno attrezzata degli ultimi anni stava per avvicinarsi all’ennesima impresa. Una squadra che, allestita in maniera regolare e con un budget ridotto all’osso, ha impartito ancora lezioni a molti, ed anche alla squadra di quel Toti che non ha esitato a mostrare il gesto delle manette in maniera forse giustificata ma un po’ troppo orgogliosa. Dove sta la verità ? E’ stato tutto una menzogna o le sentenze del parquet sono le sole alle quali appellarsi ? Di sicuro anche la giustizia vuole la sua parte e non si può trascurare quanto emerso. Non sapremo come saranno gli almanacchi fra venti anni, se ci sarà ancora la scritta “Siena” o se le caselle dei vincitori saranno vuote. Il vuoto ci sarà anche nell’animo dei tifosi che in queste stagioni credevano di assistere ad uno spettacolo pulito e trasparente. Si faranno mai una ragione i supporters mensanini che alla base delle loro gioie c’era del marcio ? Chi potrà togliere il dubbio ai tifosi romani, canturini o varesini che parte delle gioie senesi potevano essere le loro ?
Quando infatti ci chiederemo, ancora per molto, se questi sette anni sono stati frutto di un netto ed evidente dominio sul campo oppure una grossa bugia da cancellare nella storia di questo sport, nessuno sarà in grado di fornirci risposte affidabilissime. Alcuni guarderanno a questo capitolo di storia come a un esempio mirabile di politica del successo e di legittimo estremo godimento, altri lo ricorderanno con disprezzo, rabbia e rancore come un infingardo abuso di potere.
L’unica sentenza sicura è che ogni storia ha i suoi sconfitti ed in questa circostanza siamo stati tutti noi, tifosi ed appassionati, innamorati di uno spettacolo tanto bello nella sua essenzialità quanto squallido in quello che lo circonda. Se studiare la storia serve a non ripetere gli stessi errori del passato, speriamo che questa sia la volta buona.
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