La vita e la carriera di Malik Sealy sono molto semplici e lineari. Viene da una buona famiglia, il padre Sidney è stato bodyguard di Malcom X e gli ha dato il nome Malik proprio perché era uno dei nomi musulmani del politico che aveva lottato per i diritti degli afroamericani. Può studiare e contemporaneamente praticare sport a livelli alti, senza doversi “rifugiare” nel basket per sfuggire alle tentazioni criminali della vita, come molti coetanei. Dopo gli anni del college, nel 1992 viene scelto con la 14° chiamata dagli Indiana Pacers, con cui riesce a mettersi in mostra e per 8 anni è una figura fissa nel mondo NBA, tant’è che la sua carriera conta oltre 10 punti di media in circa 24 minuti di utilizzo.
Nell’estate del 1999 Malik firma un contratto con gli ambiziosi Minnesota Timberwolves, guidati ormai dal talento di Kevin Garnett, arrivato ad essere già una delle più grandi stelle NBA in quegli anni. Sealy è un giocatore che esce dalla panchina, ma ciò che lo contraddistingue di più è il rapporto che riesce a creare in pochissimo tempo con KG. Garnett, che ha 6 anni di meno, è praticamente un fan e ai Timberwolves indossa il #21 proprio perché è quello che Sealy aveva avuto al college, a St.John’s. Ne nasce un’amicizia che si rivela fin da subito fraterna, i due sono inseparabili, trovando alchimia sia dentro che fuori dal campo.
La stagione dei T’Wolves è buona, il record di 50-32 con cui terminano l’anno rappresenta tuttora il miglior risultato della storia di franchigia. È l’inizio di un viaggio che purtroppo si interrompe al primo turno dei Playoff contro i fortissimi Portland Trail Blazers di Rasheed Wallace, Damon Stoudemire e Arvydas Sabonis. Ciò che è chiaro però è che si sono gettate le basi per portare Minnesota a competere seriamente per il titolo nel futuro prossimo, con un po’ di fortuna. L’uscita di scena anticipata permette così ai giocatori di entrare in modalità-vacanza in attesa della stagione successiva. Non ci sono ostacoli per festeggiare il 24° compleanno di Garnett, che cade il 19 maggio.
La sera del 19 Maggio 2000 Garnett organizza un party a St.Louis Park, sobborgo nei dintorni di Minneapolis, lontano dalla città. Un posto tranquillo, dove i giocatori potssano godersi una serata lontano da occhi indiscreti. La festa ha i classici tratti del compleanno tra amici. Atleti famosi, ma pur sempre ragazzi come tutti gli altri. Poco dopo le 3 di notte Malik decide di lasciare il party per far ritorno verso casa, ad Eden Praire, dove ad attenderlo ci sono la moglie Lisa e la piccola Remi, di soli 3 anni. Purtroppo Malik non farà mai ritorno dalla sua famiglia.
Souksangouane Phengsene, 51 anni, è un immigrato del Laos che il 19 maggio 2000 si trova proprio nei pressi di Minneapolis. Reduce da una serata estremamente alcolica, decide di mettersi alla guida per tornare a casa, nonostante ovviamente le condizioni non glielo permettano.
Mentre è in macchina, Sealy imbocca una strada a senso unico per via di alcuni lavori di manutenzione stradale. Improvvisamente la sua Range Rover si trova davanti una Dodge lanciata in contromano a tutta velocità, è la vettura di Phengsene. Per quanto Malik cerchi di evitare l’impatto, questo è inevitabile. Anche perché dall’altra parte Phengsene, annebbiato totalmente dall’alcol, non fa alcun tentativo di frenata o di manovra per evitarlo. Sealy non indossa nemmeno la cintura di sicurezza e la sua automobile non è dotata di dispositivo air-bag (per legge, erano diventati obbligatori dall’anno prima). La ricetta perfetta per il disastro.
L’impatto è devastante, per Malik Sealy è morte sul colpo, senza alcuno scampo. Phengsene riporta invece fratture multiple in varie parti del corpo, senza però mai essere in pericolo di vita. I test successivi riveleranno la presenza di alcol nel suo sangue per un valore di oltre 0.20, quando il limite per legge in quegli anni era 0.08. L’uomo ammetterà di aver bevuto 10-12 birre quella sera e prenderà 8 anni di carcere per guida in stato di ebbrezza.
La terribile notizia giunge subito in tutta la città, sconvolgendo naturalmente la squadra e soprattutto Kevin Garnett. Lui che era diventato uno dei suoi migliori amici, aveva organizzato anche la festa che, indirettamente, aveva causato la morte di Sealy, il quale, va precisato, non era nemmeno sopra il limite (0.02 sotto il tasso alcolemico consentito).
Dopo la sua morte, i Timberwolves ritireranno la maglia numero 2 di Malik Sealy. Quando poi Garnett andrà a giocare a Boston, sarà “costretto” a prendere la maglia #5 per la moltitudine di numeri ritirati dai Celtics. Ma non potendo indossare la maglia #2 in onore dell’amico, KG compenserà scrivendo sotto la linguetta delle sue scarpe “2MALIK”. La maglia #2 riuscirà finalmente a vestirla ai Brooklyn Nets, sul finire della propria carriera, come dedica all’amico scomparso.
È la tragedia di un padre di famiglia e giocatore NBA mai sopra le righe, che stava lavorando bene anche per assicurarsi una carriera fuori dal basket. Stava iniziando a recitare in alcuni film e serie TV proprio in quegli anni, aveva creato una linea di vestiti e aperto uno studio di registrazione. Era apprezzato da tutti per le sue qualità umane, ancor più di quelle dimostrate sul parquet negli anni in NBA. Prima che il freddo destino lo portasse via.
A testimoniarlo anche una rima di Nas, nella canzone “The Flyest” suo album “Stillmatic”:
Feel me, I’m loved like the great late Malik Sealy
The one the player haters hate dearly, but can’t near me