Sono le due franchigie più vincenti della storia della NBA. Hanno sfornato i migliori giocatori della storia della Lega e fornito alla Hall of Fame di Springfield una quantità invidiabile di campioni. Negli ultimi anni, per quanto riguarda i Celtics, i risultati non sono stati dei migliori: 1 solo titolo nel nuovo millennio, mentre per i Lakers ne sono arrivati addirittura 5 (complice il numero 24 potremmo dire).
Eppure in questa stagione hanno mancato l’appuntamento con la post season entrambe.
I Los Angeles Lakers non hanno mancato la qualificazione ai playoff solamente 6 volte dall’annata 1948-1949, la più recente risale alla stagione 2004-2005, dopo la sconfitta in finale l’anno precedente con i Detroit Pistons. La squadra lo scorso anno, dopo diverse trade che hanno portato Steve Nash e Dwight Howard in California, sembrava pronta a lottare per il titolo NBA, ma l’infortunio di Bryant a poche partita dalla fine della regular season ha infranto i sogni dei tifosi giallo-viola, che hanno visto la squadra uscire per mano degli acerrimi rivali, gli Spurs, per un sonoro 4-0 finale.
Howard non è mai riuscito a conquistare la piazza, nonostante fosse un personaggio pubblico che si trascina sempre dietro un certo fascino: la sua poca dedizione al lavoro e la sua superficialità lo hanno portato a essere indicato come il “colpevole” del fallimento dell’impero Lakers. In estate, fatti armi e bagagli, è volato a Houston, casa Rockets, per fare compagnia a James Harden. Quest’anno gli infortuni hanno nuovamente perseguitato LA, che ha dovuto fare a meno praticamente per tutta la stagione di Nash e di Kobe (solo 6 partite per lui), lasciando il povero Gasol alla guida di una squadra a dir poco imbarazzante: il roster presenta giocatori che non farebbero panchina nemmeno nella LegaDue italiana. Per fortuna di Jerry West a fine anno la squadra offrirà un contratto GARANTITO solo al padrone di casa (Bryant), anche se il suo nuovo stipendio fa discutere e non poco. Molti la chiamano la maledizione post-Jackson: dopo il suo ritiro, sulla panchina giallo-viola si sono seduti Mike Brown e Mike D’Antoni, ottenendo scarsi risultati (116-117 in regular season e 5-10 nei playoff). Il problema che preoccupa maggiormente l’opinione pubblica è la mancanza di un progetto ben definito: punteranno sui giovani? Sperpereranno soldoni per free agent? Chi allenerà il prossimo anno? E Bryant tornerà prima o poi? In che condizioni?
Pensando alla stagione appena passata non gli veniva di certo chiesto di raggiungere le Finals e giocarsi l’anello con le solite Miami, Oklahoma, ecc. ma la classifica dice 27 vittorie e 55 sconfitte: ultimi nella Pacific Division e 14esimi nella Western Conference.
Simile ma con un risvolto meno amaro la stagione dei trifogli.
Simile perché i risultati non sono più confortanti, anzi: rispetto a Los Angeles ci sono 2 partite perse in più (25 vittorie e 57 sconfitte). Però si può guardare anche all’altra faccia della medaglia in casa Celtics: c’è un progetto! A inizio anno anche gli ultimi due pionieri della squadra sono stati ceduti: Paul Pierce e Kevin Garnett si sono accasati a Brooklyn, dal magnate russo Mikhail Prokhorov. La mossa di Ainge ha sconvolta i tifosi della squadra più vincente nella storia della NBA. Ma, stupidamente come molti altri, giudicare nell’immediato l’operato del general manager non è mai stata cosa più sbagliata. Non dimentichiamoci che anche Doc Rivers, uno dei primi 5 coach ai giorni nostri, riuscito nell’intento di portare a Boston un titolo dopo più di 20 anni, era stato “ceduto” ai Clippers (singolare la vicenda). In sostanza: via l’allenatore e via nel giro di due estati i Big Three. Lottery doveva essere e lottery sarà. Ma è qui che la loro stagione prende una piega inaspettata. Brad Stevens, giovane e promettente allenatore, dopo 6 ottime stagioni nell’anonima e sconosciuta università di Butler (2 finali in 2 anni con i suoi Bulldogs per un record di 166 vinte e 49 sconfitte), ha firmato un contratto di 6 anni con la società bianco-verde.
Primo obbiettivo: completato, le basi sono state fondate. Le cessioni di Pierce e Garnett hanno portato malcontento generale, ma il cap impegnato nella prossima stagione è praticamente nullo e i giovani più interessanti (vedi Sullinger, Olynyk e Green) sono assicurati dalla Team Option. Secondo obbiettivo: completato ottimamente. Per finire, nel Draft che si prospetta uno dei più completi per numero di super star presenti, loro ci saranno e con la possibilità di pickare un interessante prospetto. Terzo obbiettivo: completato. Attendere i risultati. Insomma, sono una squadra con un futuro e con importanti basi che li possono portare in qualche anno a tornare il top-team che sono stati. L’unico punto interrogativo per il momento riguarda Rajon Rondo: sono proprio curioso di vedere come affronteranno la sua situazione.
Quest’anno i “derby” tra le citate società sono stati INGUARDABILI (2-0 per i Lakers): siamo ancora molto lontani dalle accese rivalità del passato: Chamberlain-Russell, Magic-Bird… Sono mancate la cattiveria, l’agonismo, l’intensità e la durezza che hanno sempre contraddistinto questi incontri. Sono due squadre che hanno l’obbligo morale di tornare presto a vincere, giocarsi l’accesso alla terra promessa e dare la possibilità a noi telespettatori di gustarci lo storico ed avvincente match tra le due più importanti società della storia: Los Angeles Lakers vs Boston Celtics. Vi stiamo aspettando a braccia aperte.
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