Il termine “alfabeto” non è adoperato solamente per indicare una mera sequenza di lettere di cui non conosciamo la ragione dell’esatta disposizione, ma è anche una parola utilizzata metaforicamente per indicare qualcosa di essenziale che bisogna necessariamente conoscere, una sorta di codice, di insieme di regole riguardanti un preciso argomento, indispensabili per averne la dovuta conoscenza e padronanza.
Attraverso queste due diverse sfaccettature dello stesso termine, perfettamente intrecciabili fra di loro, vogliamo fare un bilancio di questo 2014 che sta volgendo al termine. Quali sono stati i nomi e gli eventi di questo anno solare che , nel bene e nel male, ci rimarranno impressi? Quali sono, per l’appunto, le cose che non possiamo assolutamente dimenticare se ci si reputa esperti o, almeno, appassionati di questo sport? Per riassumere il tutto, si è pensato di collegare ad ogni lettera dell’alfabeto il nome di una persona, di una squadra o di un semplice vocabolo che possa ricordare gli eventi più salienti degli ultimi 356 giorni.
Istruzioni per l’uso: per facilitare il lavoro, c’è stata attenzione nell’usare pochi vincoli. Le iniziali valgono sia per i nomi che per i cognomi, è stato considerato l’intero alfabeto straniero, indispensabile per uno sport con grande cultura americana e, per apposite lettere, è stata presa una coppia di termini pertinenti e inerenti fra loro. Tutto ciò finalizzato all’inserimento di più materiale possibile, essendo stato un anno ricco e pieno di spunti.
A di Alessandro Gentile: iniziamo con l’Mvp delle ultime finali del campionato italiano. Il capitano dell’Olimpia è stato l’indiscusso trascinatore, a soli 21 anni, del ritorno alla vittoria della sua squadra dopo 18 anni. Come se non bastasse, è stato anche uno dei protagonisti della qualificazione dell’Italia al prossimo Europeo. La ciliegina sulla torta è stata la scelta al draft al numero 53 dai Minnesota Timberwolves, che hanno poi girato i diritti agli Houston Rockets; il suo presente recita ancora Italia ed Europa, nel futuro staremo a vedere.
B di Bryant: l’eterno Kobe, pur giocando solo gli ultimi mesi del 2014 per via di un grave infortunio, si è ritagliato come al solito uno spazio da protagonista, diventando il terzo miglior marcatore dell’Nba. Chi ha superato? Un certo Michael Jordan. Le discussioni lasciano posto alla storia e ai numeri.
C di Connecticut: l’università che si è aggiudicata il campionato Ncaa al termine della celeberrima March Madness. Merito delle magie del play Shabazz Napier, attuale giocatore dei Miami Heat. Un trionfo del tutto inaspettato e ottenuto senza uno di quei grandissimi e attesi protagonisti al draft del successivo giugno.
D di Davis e Duncan: la prima coppia del nostro personalissimo alfabeto. Due formidabili ali grandi, adattabili a centri e leader indiscussi delle proprie squadre. Il primo, dopo un tentennante anno da rookie, è esploso in tutto il suo splendore fisico e tecnico, mentre il secondo è riuscito a riempire, da protagonista, la propria mano di anelli. Il passato, il futuro e il presente. L’antenato e l’erede. Il passaggio di testimone?
E di Ettore Messina: il primo allenatore non nordamericano/europeo a sedersi e a vincere su una panchina di una franchigia Nba. Un grande pezzo di Italia su una piccola fetta di storia. Il coronamento di una carriera costruita sul successo, sull’ambizione e su una solida etica del lavoro.
F di Fuga e Fallimenti: oltre agli orgogli, ci sono anche le piaghe del nostro basket, come la clamorosa fuga estiva di Hackett dal ritiro estivo della Nazionale e la scomparsa di una società storica della pallacanestro recente come la Montepaschi Siena. Scandali e crisi economiche, ferite che resteranno. Abbiamo perso una grande squadra, ma non un grande giocatore, tornato protagonista sul campo e capace di scontare e capire le proprie colpe.
G di Gold: la nostra imbarazzante seconda lega, dove viene consentita l’iscrizione a squadre che non presentano garanzie chiare, dove i giocatori non vengono pagati, dove si smuovono mari e monti per non far fallire società sull’orlo del baratro, dove si sa in quanti iniziano il campionato ma non in quanti lo finiscono, dove viene mandata per emergenza un’under 19 in campo contro la capolista. Ridiamo per non piangere.
H di Home: quella in cui è tornato James, con tanto di copertina su Sports Illustrated. Da Miami di nuovo a Cleveland, per la gioia di tutti coloro che gli avevano dato del voltagabbana. Tra un titolo perso nettamente e un inizio di stagione sotto le aspettative, si può dire che questo ritorno sia stata la giocata più sensazionale del suo anno.
I di Infortuni: di tutti i tipi, per tutti i gusti e per tutti i giocatori. Quello terribile occorso a George nel ritiro della nazionale americana, quelli che hanno colpito l’Mvp Durant e quasi tutta l’attesa classe di giocatori dell’ultimo draft, quelli che impediscono ai nostri azzurri Gallinari e Bargnani di tornare protagonisti sul parquet.
J di Jackson: il ritorno sulla scena dell’immortale Phil. L’uomo che ha reso leggende Jordan, O’Neal e Bryant e sé stesso ha cambiato veste, passando dalla panchina alla scrivania da presidente. New York sperava e credeva in una risurrezione con la sua venuta, ma i risultati per ora sono sconcertanti. Capacità e abilità saranno le stesse in ruolo diverso?
K di Kevin Durant: dopo anni in cui è stato il miglior realizzatore della Lega, finalmente gli è stato dato il premio più ambito da un giocatore, quello di Mvp. Potenzialità offensive illimitate, cifre da capogiro, record e leadership. Cosa gli manca per la glorificazione assoluta? Semplice, un titolo.
L di Leonard: l’incredibile storia di Kawhi. Da semplice sparring partner a Mvp delle finali Nba. Dal limitare James in difesa al rendersi un fattore importante anche nella metà campo offensiva. Il dolore per la morte di un padre ucciso anni prima finalmente lenito dal raggiungimento dell’apice di ogni giocatore. La classica storia strappalacrime, forse banale, ma tanto vera quanto emozionante.
M di Mamma Mia e Marco Belinelli: il ragazzo che ce l’ha fatta, il giocatore che ha fatto ricredere tutti, l’uomo che ha raggiunto i suoi obiettivi, l’italiano che ci ha fatto emozionare ed inorgoglire di essere suoi compatrioti. Titolo nella gara da 3 punti dell’All Star Game e primo italiano a vincere un anello in Nba. Cos’altro dire? Come direbbero i telecronisti americani dopo ogni suo gran canestro: “Mamma Mia”.
N di Nowitzki: WunderDirk è come il vino, più invecchia e più è buono. Non che sia mai stato cattivo il tedescone, ma alla bellezza di 37 anni suonati non è da tutti competere ancora con i migliori, scalare la classifica dei marcatori Nba all-time (settimo in generale e primo non americano) ed avere al tempo stesso l’umiltà di firmare un contratto a cifre quasi irrisorie per uno come lui.
O di Olimpia Milano: il ritorno alla vittoria della squadra più titolata d’Italia. Uno scudetto atteso 18 anni, faticoso più del previsto, contro la rivale di sempre e dopo le delusioni di Coppa Italia e dei quarti di Eurolega. Al Forum di Assago una sfilata da campioni targata Armani.
P di Pozzecco e Popovich: due allenatori che più diversi non si può, per esperienza e maniera di rapportarsi a squadra e organi di informazione. L’esuberanza sfrenata del Poz contro l’impassibilità e la fermezza del sergente di ferro Pop. La venuta del nuovo per cercare di affermarsi e il ritorno alla vittoria del vecchio o almeno, di colui che è considerato tale. Due maniere diverse per raggiungere gli stessi obiettivi. La stessa capacità di far parlare di sé stessi.
Q di Qualificazioni: quelle che la nostra Nazionale è riuscita a vincere con scioltezza e poco affanno. Una grande campagna di Russia e convincenti passeggiate di salute contro i nostri neutrali vicini. Quello che ci voleva per farci ben sperare in vista del prossimo Europeo. Una volta guadagnato, dovremo meritarcelo, “americani” e girone di fuoco permettendo.
R di Razzismo: quello non troppo velato di Donald Sterling, ex proprietario dei Clippers, punito in maniera esemplare, per qualcuno anche troppo duramente. Quel qualcosa che ci fa capire come il mondo vada avanti, anche nel basket, con i pregiudizi e le diffidenze di sempre. Nessun posto è un’isola felice.
S di Silver e Stern: avvicendamento storico in Nba fra commissioner. David Stern, l’uomo che ha portato l’Nba ad essere un marchio globale di straordinario successo, ha lasciato il timone dopo trent’anni al suo braccio destro Adam Silver. Sarà all’altezza del predecessore? Sarà il tempo a dircelo.
T di Tel Aviv e Texas: due posti in cui non si andrebbe in vacanza tanto felicemente, ma in cui da anni si respira, almeno a livello cestistico, una grande aria di competizione e vittoria. Il Maccabi ha vinto un’Eurolega nella maniera più inaspettata possibile, guidata da un magico Blatt e giudicata sfavorita sin dai quarti. Gara 1 contro Milano è stata appena un assaggio dei miracoli successivi. Il Texas, manco a dirlo, è lo stato dei San Antonio Spurs. Due posti in cui il basket regna sovrano e da dove parte per costruire un regno più ampio.
U di Usa: la nazionale americana ha dominato il Mondiale spagnolo con irrisoria facilità e con una squadra giovane, affamata e comunque piena di talento. Ad inizio competizione molti credevano che i padroni di casa potessero essere dei rivali credibili. Peccato che sono inciampati molto prima della finale.
V di Veneto: Venezia, Verona e Treviso sono in testa ai primi tre campionati d’Italia. Una regione dal passato dorato si appresta a tornare grande. Se qualche vetta è finora condivisa con altre squadre poco importa, l’importante è iniziarsi a riabituare a certe sensazioni.
W di Wiggins: l’atteso numero 1 del Draft più acceso e chiacchierato degli ultimi dieci anni. Talmente atteso da essere stato subito al centro di una trade, per una buona causa certamente, ma ora spetta a lui dare le risposte cercate. Ha tempo, ma non troppo. Sarà arrosto o fumo? A Cleveland si tireranno sospiri di sollievo o si sfregheranno le mani in quel di Minneapolis?
X di Xavier University: il nome a primo impatto può non dir nulla, ma questo è il luogo in cui si è giocata la partita più emozionante dell’anno, quella di Lauren Hill, ragazza affetta da tumore al cervello incurabile e desiderosa di giocare la prima e ultima partita della sua carriera. Coraggio e lacrime, emozione e desiderio. L’esempio può venire da chi meno te lo aspetti.
Y di Youngsters: i giovani del basket americano e mondiale. Si parla da tempo immemore di questa infornata di talenti destinata a dominare le epoche future del gioco. Finora, però, si sono visti solo gravi infortuni di qualcuno di loro, prestazioni buone ma non tali da giustificare un clamore tanto forte quanto impaziente. Manterranno le attese o si scioglieranno come neve a sole? Molte squadre hanno appeso il proprio destino a loro. Scelta ripagata? Wiggins non è il solo a dover fare i conti con la pressione.
Z di Zapping: una chiusura a sorpresa, forse inaspettata, ma assai significativa. Il basket in Italia ha un grande seguito, che però viene reso difficile da una copertura mediatica raramente all’altezza della situazione. In questi ultimi mesi si sono visti dei cambiamenti che fanno ben sperare. Oltre al campionato sulla Rai, l’ Nba su Sky e l’Eurolega su Fox Sport, Sportitalia ha deciso di puntare fortemente sulla palla a spicchi dopo la sua ricomparsa sugli schermi. Inoltre, Sky ha acquistato i diritti del prossimo Europeo; una garanzia di qualità e ottima copertura. Da non dimenticare la nascita del canale tematico della Fip con cui sarà possibile vedere anche sfide del campionato femminile e delle leghe minori maschili (Gold e Silver). Un 2014 beneaugurante per questo 2015: facendo zapping, sarà sempre più possibile trovare basket in televisione.
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