LeBron James: Bow Down to the King

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LeBron James-Bown Down to the King

Il 30 dicembre 1984 sarà ricordato come un giorno indimenticabile per la storia di questo sport. Nessun titolo vinto o prestazioni straordinarie, si tratta “solamente” della nascita di un bambino qualunque dell’Ohio di nome LeBron Raymone James. Figlio di Gloria James e di padre ignoto,  trascorre i periodi legati all’infanzia e all’adolescenza in piene difficoltà economiche, cambiando spesso abitazione, a volte anche di mese in mese. Riesce però a eccellere in due sport, il basket ed il football e,  fino al terzo anno, da Junior, pratica entrambe le discipline nella squadra della scuola superiore della sua città, Akron.

L’anno da Freshman è quanto di meglio si potesse desiderare, chiude la stagione con medie importanti, registra 18 punti, 6.2 rimbalzi, 3.6 assist, 3.1 rubate e 51% dal campo e vince l’MVP del torneo statale. La St.Vincent-St.Mary High School termina un anno meraviglioso vincendo il titolo statale con un record di 27-0 (con LeBron che nella finalissima contro Jamestown sfodera la sua miglior prestazione stagionale, chiudendo con 25 punti, 9 rimbalzi e 5 assist).

Nell’anno da Sophomore aumenta sensibilmente le sue statistiche individuali (25.3 punti, 7.4 rimbalzi, 5.5 assist, 3.7 rubate e 58% dal campo) che gli permettono di rivincere l’MVP del torneo e gli conferiscono l’ambitissimo riconoscimento di Mr.Basketball (sarà il primo Sophomore della storia ad essere inserito nel primo quintetto All-America). Ai PO bissa l’annata precedente vincendo il titolo statale con un record 26-1, battendo in finale Casstown.

L’anno da Junior fu il più problematico della sua carriera ad Akron, forte di una popolarità pazzesca, decise fin da subito di rendersi eleggibile per il Draft 2002, sostenendo una petizione (poi bocciata) per un particolare adeguamento per i criteri di ammissione al Draft. Registra ancora medie paurose (28 punti, 8.9 rimbalzi, 6 assist, 3 rubate e un 56% abbondante dal campo), che lo vedono riconsacrarsi Mr.Basketball ma non gli permettono di rivincere l’MVP, dato che il suo cammino è interrotto per mano di Cincinnati (gli Irish chiudono con un record di 23-4).

La copertina di Sports Illustrated che lanciò LeBron con il suo primo soprannome
La copertina di Sports Illustrated che lanciò LeBron con il suo primo soprannome

Alla fine del terzo anno decise di abbandonare definitivamente la sua passione per il football (secondo gli addetti ai lavori sarebbe potuto diventare un eccellente tight end) dedicandosi totalmente alla pallacanestro. Il suo nome veniva annottato su tutti i report dei talent scout e il rettore della sua scuola fu costretto a chiedere in prestito il palazzetto dell’Università più vicina per giocare le partite casalinghe, seguite da circa 16.000 persone. Il 18 febbraio 2002 appare in copertina sulla rivista di Sport Illustrated a soli 17 anni, il titolo dell’uscita diventerà col passare degli anni il suo soprannome: The Chosen One.

Nel 2003, la ESPN trasmette in diretta la partita contro Oak Hill Academy, trascinata allora da un certo Carmelo Anthony. L’evento, fu secondo per share solo al ritorno di MJ nella lega, non male per essere ancora un liceale… Passa il quarto ed ultimo anno come una vera superstar, chiude con 30.4 punti, 9.7 rimbalzi, 4.9 assist, 2.9 rubate e 56% dal campo. Inoltre viene rieletto Mr. Basketball e MVP del torneo, che vince in finale contro Kettering, terminando con un record complessivo di 25-1.

La sera del 26 giugno 2003 viene chiamato con la prima scelta assoluta dai Cleveland Cavaliers (che poche settimane prima lo testarono in diversi provini, non ammessi dalla lega), precedendo future stelle come Carmelo Anthony, Chris Bosh e Dwyane Wade.

Il rapporto con la sua Cleveland è spesso travagliato, pieno di alti e bassi ma sempre incentrati sulla sua figura, sempre più ingombrante all’interno dello spogliatoio e dell’intera economia dello stato. La sua prima stagione fu un successone a livello individuale, vince il ROTY Award tenendo 20.9 punti, 5.5 rimbalzi e 5.9 assist di media (unico nella storia insieme a Oscar Robertson, Michael Jordan e Tyreke Evans), ma povera a livello collettivo: i suoi Cavs non riescono ad accedere ai PO, complice un ultimo mese di RS disastroso. Partecipa con la sua Nazionale ai Giochi Olimpici 2004, con sede ad Atene. La squadra viene affidata alle mani di Duncan, Iverson e Marbury come stelle, con i vari James, Anthony, Wade come supporting cast. Il risultato lo conosciamo tutti, si fermano ad un passo dalla finale, battuti dalla Selecìon Dorada Albiceleste, guidata da Ginobili e Scola, salvo poi vincere la finalina con la Lituania (eliminata dall’Italia) e conquistare la medaglia di bronzo.

L’anno da Sophomore si rivela dolceamaro: nonostante il mancato arrivo di Cleveland ai PO, James riesce a lanciarsi definitivamente tra i migliori esterni della lega, chiudendo l’anno con 27.2 punti, 7.4 rimbalzi e 7.2 assist.

Il 2005-2006 invece vede finalmente Cleveland partecipare ai PO, costretta a cedere ai vice-campioni NBA dei Detroit Pistons solo a GM 7 del secondo turno, mentre per il nativo di Akron arriva il carreer high di  punti segnati in una gara (56 all’Air Canada Center di Toronto) e stagionale (31.4 punti di media, conditi da 7 rimbalzi e 6.6 assist). Viene convocato per il Mondiale 2006, svoltosi in Giappone, ma insieme agli altri due capitani (Anthony e Wade) non riesce a trascinare la nazionale al successo, chiudendo con un’altra medaglia di bronzo dopo Atene 2004, un altro boccone amaro da digerire.

Tim Duncan, fresco campione NBA, va a congratularsi con James
Tim Duncan, fresco campione NBA, va a congratularsi con James

Il 2006-2007 si rivela un anno sorprendente per i Cavaliers, che raggiungono le Finals grazie all’enorme apporto di James (maestosa la performance in GM 5 delle ECF al Palace of Auburn Hills di Detroit e l’appuntamento con le “campane della storia”) e di alcuni elementi del supporting cast, su tutti il centro lituano Zydrunas Ilgauskas e le guardie Daniel Gibson e Larry Hughes. Tuttavia in Finale il risultato non è mai in discussione e Cleveland viene spazzata via dall’uragano San Antonio, che chiude la pratica con un cappotto. Per LeBron le statistiche calano leggermente (“scende” a 27.3 punti, 6.7 rimbalzi e 6 assist), ma la maturità aumenta a livello esponenziale, per la prima volta infatti riesce a frenare le sue emozioni e a coinvolgere nei momenti decisivi i compagni, mettendo altre qualità al servizio della squadra.

Il 2007-2008 è un anno molto travagliato per il nativo di Akron, a livello individuale si conferma nuovamente un mostro assoluto, chiudendo l’anno a 30 punti, 7.9 rimbalzi e 7.2 assist di media, vincendo il secondo All-Star Game MVP Award, ma i suoi Cleveland Cavaliers (che a febbraio riescono a portare in Ohio il campione NBA Ben Wallace) non riescono ad arrivare fino in fondo: vedono interrotto il loro cammino ai PO per mano dei Celtics, al termine di uno scontro culminato solamente a GM 7, al TD Garden di Boston. Per LeBron si tratta molto probabilmente della miglior sfida 1vs1 con un’altra prima stella, che negli anni a venire ai PO avrà occasione di incontrare numerose altre volte: Paul Pierce.

Assieme a Bryant, Wade ed Anthony, i co-capitani della nazionale statunitense
Assieme a Bryant, Wade ed Anthony, i co-capitani della nazionale statunitense

 

Convocato per l’Olimpiade 2008 (eletto co-capitano della spedizione assieme a Bryant, Wade ed Anthony), tenutasi a Pechino, vince agevolmente la medaglia d’oro battendo in finale la Spagna, ottenendo il tanto agognato trofeo Olimpico dopo la delusione di Atene. Il 6 settembre 2008 al Toronto Film Festival viene proiettato “More Than a Game”, il documentario, per la regia di Kristopher Belman, che racconta la scalata alla NBA di James, narrando dieci anni di vita di LeBron, dagli 8 ai 18 anni.

Il 2008-2009 si rivela superlativo sul piano individuale, grazie a medie incredibili (28.4 punti, 7.6 rimbalzi e 7.2 assist) e a prestazioni superlative riceve il premio di MVP della Regular Season, succedendo a Kobe Bryant. I Cavaliers, nonostante l’acquisto di un sempre più promettente Maurice Williams, dopo aver chiuso la RS con il miglior record della lega (66-16) e aver spazzato via con due sweep squadre come i Pistons e gli Hawks, cedono sul più bello agli Orlando Magic, trascinati dal duo Howard-Turkoglu, coadiuvati da un buon supporting cast formato da Lewis, Alston, Lee e Pietrus.

L'ultima apparizione di LeBron in maglia Cavs, avvenuta in gara 6 contro Boston, nelle Eastern Conference Semifinals
L’ultima apparizione di LeBron in maglia Cavs, avvenuta in gara 6 contro Boston, nelle Eastern Conference Semifinals

Nel 2009-2010 il Prescelto entra nel suo ultimo anno di contratto e la dirigenza fa il possibile per assecondarlo, fidandosi ciecamente della sua scelta, dato il forte legame che lo lega alla città. Il nativo di Akron avalla due trade che permettono ai Cavs di ricostruire il frontcourt prendendo il 4 volte campione NBA Shaquille O’Neal dai Phoenix Suns (che appena arrivato conia subito lo slogan “Win a Ring for the King”) e l’ala grande perimetrale Antawn Jamison dagli Washington Wizards. LeBron conquista il suo secondo MVP grazie alle solite medie strepitose (29.7 punti, 7.3 rimbalzi e 8.6 assist) e annuncia con stupore dei tifosi e degli addetti ai lavori che dalla prossima stagione indosserà la casacca #6 (numero già usato in nazionale e negli allenamenti di squadra), lasciando il #23 in onore di sua Maestà Michael Jordan. La Regular Season si chiude nuovamente con il miglior record della lega (61-21), ma ai PO vi è un nuovo fallimento, arrivato a GM 6 del secondo turno, nuovamente contro i Boston Celtics. A peggiorare la situazione il rapporto con Mike Brown, non proprio idilliaco, che per la prima volta sembra spaccarsi definitivamente. Il nativo di Akron non gradisce le parole del coach subito dopo l’eliminazione e non le manda di certo a dire, i Cavaliers per il secondo anno non riescono a fare il salto di qualità (partendo da un buon roster sulla carta) e la maggior accusa ricade sul Prescelto, inspiegabilmente deleterio nei minuti decisivi. Cleveland si dispera, è infatti l’unica squadra della storia a vincere per due anni consecutivi più di 60 partite senza arrivare alle Finals.

L’estate 2010 cambia tutti gli scenari possibili della storia del gioco, per settimane l’entourage del giocatore non fa trapelare alcuna notizia, ma ben presto si viene a sapere il programma che il Prescelto deve seguire, ovvero incontrare le seguenti dirigenze NBA: Knicks, Heat, Bulls, Nets, Clippers e Cavaliers. La decisione di James raccoglie tale attenzione mediatica al punto che l’annuncio della sua scelta viene trasmesso in uno speciale di un’ora in onda su ESPN, l’8 luglio 2010, intitolato “The Decision”. Attraverso queste parole, LeBron James annuncia la sua nuova squadra:

LeBron annuncia la sua scelta attraverso un'iniziativa lanciata da ESPN: The Decision
LeBron annuncia la sua scelta attraverso un’iniziativa lanciata da ESPN: The Decision

“In this fall…this is very tough…in this fall I’m going to take my talents to South Beach and join the Miami Heat”

Diverse le reazioni nelle città coinvolte, New York si dispera per non esser riuscita a firmare l’obiettivo n°1 dopo tre anni passati a liberare spazio salariale, Miami esulta per aver assemblato un trio delle meraviglie (che comprende anche altre due All-Star del calibro di Dwyane Wade e Chris Bosh) con tanto di parata e dichiarazione di LeBron, fiducioso di raggiungere diversi titoli NBA:

“Not one, not two, not three, not four, not five, not six, not seven…”

Cleveland insorge, i tifosi bruciano per la città le maglie del Prescelto e, come se non bastasse Dan Gilbert, il proprietario, scatena la sua rabbia attraverso una dura lettera pubblicata sul sito ufficiale:

“Cari tifosi di Cleveland, come sapete il nostro ex eroe, che è cresciuto in questa città che ha abbandonato l’altra sera, non è più un Cleveland Cavalier. Ha dato il suo annuncio in diretta nazionale attraverso uno show preparato ad arte; voi che avete dato tanto a lui non meritavate questo trattamento, ma voglio fare un annuncio importante: Garantisco personalmente che i Cleveland Cavaliers vinceranno un anello prima che King James riesca a vincerlo.

Non si tratta del suo addio, ma della mancanza di rispetto. E’ il momento che la gente capisca che questi atleti responsabili delle proprie azioni. E’ così che crescereste i vostri figli? E’ una cosa che mi sono tenuto dentro per troppo tempo.

Dormi bene, Cleveland. Domani è un nuovo e molto più luminoso giorno…

Vi prometto che la nostra energia, i capitali, le conoscenze e l’esperienza saranno destinati a una cosa e una cosa soltanto: consegnarvi il campionato che da tempo vi meritate“

Numerose le considerazioni rilasciate da ex giocatori, su tutte quella di Michael Jordan, più volte metro di paragone del Prescelto:

“Io non avrei mai chiamato Larry Bird e Magic Johnson chiedendo loro di giocare con me: ero troppo impegnato a batterli”

Amara l'esperienza delle Finals 2011 per Miami, soprattutto per James e Wade
Amara l’esperienza delle Finals 2011 per Miami, soprattutto per James e Wade

La stagione NBA 2010-2011 si apre con molte polemiche, incentrate sui Big Three di Miami, che dopo un inizio tutt’altro che esaltante (rewind 27 novembre 2010: The Bump with Spoelstra, subito dopo aver chiamato un timeout all’American Airlines Center di Dallas), riescono progressivamente a trovare un minimo di alchimia offensiva e soprattutto difensiva. Dopo 2 anni King James deve abdicare sul trono degli MVP stagionali (tiene 26.7 punti, 7.5 rimbalzi e 7 assist ad allacciata di scarpe) a favore di Derrick Rose. La rivincita il #6 degli Heat se la prende in un palcoscenico più importante, le Eastern Conference Finals, finite 4-1 per Miami dopo il primo acuto piazzato dai Bulls allo United Center. La delusione più grande arriverà nuovamente alle Finals, contro dei Dallas Mavericks più decisi che mai ad alzare il titolo, trascinati da un sontuoso Dirk Nowitzki, un sempreverde Jason Kidd e un killer che risponde al nome di Jason Terry. Clamorosa la rimonta avvenuta in GM 2, dove Dallas recupera 15 punti in un amen dopo un assoluto dominio Heat, con tanto di festeggiamenti (poi rivelatisi inutili) di ‘Bron e Wade. Numerose le critiche rivolte ai Big Three, rei di essersi sciolti come neve al sole nei momenti decisivi, soprattutto in GM 6. Per James e Wade ci sarà a PO conclusi anche un richiamo ufficiale da parte dell’NBA per aver provocato un febbricitante Dirk Nowitzki prima di GM 5, con lo scandalo del “Cough Gate”. L’esperienza di Spoelstra sulla panchina degli Heat è a detta di tutti terminata, ma Riley decide di far dietrofront confermando a sorpresa il coach nativo di Evanston.

Il 22 giugno 2012 LeBron realizza il suo sogno, vince il titolo e il premio di MVP delle Finals
Il 22 giugno 2012 LeBron realizza il suo sogno, vince il titolo e il premio di MVP delle Finals

L’annata 2011-2012 parte a dicembre causa lockout e gli Heat chiudono secondi nella Eastern Conference con James che tiene 27,1 punti a partita, 7,9 rimbalzi e 6,2 assist a sera, ottenendo il terzo MVP della Regular Season (il più discusso, il favorito n°1 era Kevin Durant), riprendendosi lo scettro un anno dopo la vittoria di Derrick Rose. La sorpresa più grande arriva tuttavia nei PO, dove gli Heat, potendo contare su un supporting cast finalmente sufficiente (notevoli i numeri di Battier e Miller nelle Finals) eliminano rispettivamente Knicks, Pacers, Celtics (sudando parecchio, dopo essere andati sotto 2-3, con James che ha cantato e portato la croce in GM 6 per forzare la serie a GM 7) e Thunder, vincendo per la seconda volta nella loro storia il titolo NBA. James  viene inoltre eletto per la prima volta NBA Finals Most Valuable Player (28.6 punti, 10.3 rimbalzi e 7.4 assist di media) e dopo la conquista del titolo riceve dei sinceri complimenti Larry Bird che lo eleva tra i migliori giocatori della storia. Il passo finale è stato compiuto, la sua evoluzione è completata, il suo gioco è migliorato sotto tutti i punti di vista, le sue letture di gioco sono diventate con gli anni sempre più stupefacenti ed efficaci, coinvolgendo sempre di più i compagni. Tale maturazione si nota anche nell’Olimpiade 2012, con sede a Londra, dove il Team USA (o forse sarebbe meglio chiamarlo Dream Team 2.0) arriva in finale battendo al fotofinish la Spagna e conquista nuovamente la medaglia d’oro, bissando il successo di Pechino 2008.

Un esausto LeBron James dopo il finale di GM 7, che lo ha visto protagonista assoluto
Un esausto LeBron James dopo il finale di GM 7, che lo ha visto protagonista assoluto

La stagione 2012-2013 si apre con l’incoronazione del Re e la consegna degli anelli alla Triple A di Miami. The King disputa un’annata pazzesca registrando 26.8 punti, 8 rimbalzi, 7.3 assist, 56,5% al tiro e 40.6% da oltre l’arco a partita (record in carriera nei rimbalzi, nella percentuale dal campo e dalla linea dei tre punti), che gli fruttano il quarto MVP della sua carriera. Gli Heat decidono di mettere sotto contratto il veterano Ray Allen, degno avversario degli scontri coi Celtics, e successivamente il lungo Chris Andersen e volano chiudendo la RS con il miglior record della lega (66-16). Ai PO eliminano Bucks (inutili le frecciatine di Jennings), Bulls e Pacers (faticando parecchio fino in GM 7) e alle Finals incontrano i San Antonio Spurs. Per LeBron si tratta di una rivincità sul gruppo di Popovich che nel 2007 gli negò l’opportunità di trionfare in maglia Cavaliers. La serie si trascina fino a GM 7, (resa possibile da un miracolo di Ray Allen nei secondi finali di GM 6) dove a vincere sono i Miami Heat, trascinati da un James monumentale, che con 37 punti, 12 rimbalzi e 4 assist trascina i suoi al terzo titolo della loro storia. Le sue prestazioni e le sue statistiche (25.3 punti, 10.9 rimbalzi, 7 assist e 2.3 rubate) gli valgono il secondo MVP delle Finals consecutivo, dopo quello del 2012.

Tralasciando le numerose apparizioni agli All Star Game o i riconoscimenti individuali quali gli inserimenti nei vari quintetti difensivi e non dell’NBA (dal 2005 è una presenza fissa in entrambi i riconoscimenti), bisogna obiettivamente riconoscere la sua manifesta superiorità al giorno d’oggi. La storia di LeBron James può considerarsi un enorme cammino verso il successo, pieno però di insidie e fallimenti, la classica storia del sogno americano. Umanamente parlando ne ha passate di ogni genere, partendo dal girovagare per i quartieri più poveri di Akron spostandosi di casa in casa fino ad uscire ripetutamente ai PO, ma la sua dedizione, il suo costante allenamento e il suo tremendo carisma l’hanno portato ad essere considerato attualmente il n°1 al mondo senza discussioni. Il suo personaggio attualmente precede il suo gioco, ogni avvenimento permette agli haters di sollevare polemiche su polemiche, con motivazioni più o meno veritiere. Si può discutere sul fatto che magari non sia il migliore ogni epoca (ma forse dovremmo smetterla di confrontarlo con Jordan ogniqualvolta faccia un passo falso o una giocata indimenticabile), ma questo confronto andrebbe fatto solo a fine carriera, perché magari non riuscirà a vincere 8 anelli come promesso nell’estate del 2010, ma avrà sicuramente la possibilità di incrementare ulteriormente la sua bacheca dei trofei, d’altronde lui è il Re, bisogna riconoscerlo.

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Redazione BasketUniverso

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