La vicenda-Sterling e il polverone da essa sollevato ci danno lo spunto per analizzare più da vicino il concetto di razzismo nello sport negli States e paragonarlo con quanto siamo abituati a vedere in Europa.
Molti appassionati di sport del vecchio continente sono rimasti sorpresi dalla severa decisione del commissioner Adam Silver riguardo al caso Sterling. “La pena è esagerata”, “Le dichiarazioni erano private, non è giusto punire qualcuno per ciò che dice in casa sua”, “Avesse insultato qualcuno direttamente si potrebbe capire, ma così…” queste sono solo alcune delle possibili reazioni dei tifosi europei. Oltreoceano, al contrario, nessuno ha nemmeno lontanamente osato prendere le difese del patron dei Clippers o di giustificarne il comportamento. Questa differenza tra Europa e Stati Uniti è legata unicamente all’ambito sportivo o c’è di più?
La domanda è retorica e la risposta scontata: si tratta di due mondi e due società totalmente diversi, con culture quasi agli antipodi. In America un presidente di una squadra NBA, Donald Sterling appunto, è stato radiato a vita reo di aver pronunciato frasi a sfondo razzista al telefono con la propria ragazza. In Europa un giocatore di basket professionista, Sofoklis Schortsanitis, è stato sanzionato con una squalifica di sette giornate e una multa di diciottomila dollari per aver reagito al comportamento razzista di alcuni tifosi a palazzo.
Nelle parole reagire a e pronunciare – che qui può essere sinonimo di fare, commettere o che dir si voglia – sta tutta la diversità delle azioni dei due personaggi nell’occhio del ciclone. Le due sillabe di differenza dal punto di vista metrico si trasformano, dal punto di vista culturale, in due abissi di discrepanza. Negli Stati uniti si punisce il razzismo, in Europa se ne sanziona la reazione. Per quale ragione ci sono due metri e due misure? Semplice, perchè ci sono due continenti e due culture.
Il motivo per cui Sterling è stato radiato dalla NBA è che un uomo che raggiunge posizioni di tale rilievo, in America, non può permettersi di dire e fare ciò che vuole. Sia nell’ambito pubblico che nella vita privata. Questo non vale solamente oggi e nel mondo dello sport, ma da sempre e in ogni ambito del paese a stelle e striscie (basti ricordare i casi Nixon o Clinton nella politica). Dire che fare delle foto con una persona di colore è disdicevole non è socialmente accettabile in un paese che ha dovuto organizzare una guerra civile per abolire la schiavitù, è una vergogna. Adam Silver ha usato il pugno di ferro contro il trasgressore della legge morale americana e l’intero paese è stato d’accordo con lui. One dream, one nation.
Ancora negli anni cinquanta, negli Stati Uniti, dei signori vestiti di bianco con un un grosso cappuccio in testa si divertivano a bruciare chi aveva il colore della pelle più scuro del loro. Tutto questo, in Europa, ci è sconosciuto. L’immagine che abbiamo del Ku Klux Klan – o in generale del razzismo americano – ci viene fornita dai film strappalacrime di Hollywood, ma il cinema è lontano anni luce dalla realtà. Nessuno dei nostri padri ha visto i propri genitori impiccati ad un albero perchè di origine africana; nessuno dei nostri nonni è morto a causa del colore della pelle. Per fortuna.
La mancanza di questa esperienza, però, ci impedisce di comprendere fino in fondo la serietà del fenomeno della discriminazione razziale. In Europa l’insulto razzista non è preso seriamente quanto in America; allo stadio i fischi e i cori rivolti verso i giocatori di colore fanno parte di una routine che lascia il tempo che trova. Il centro africano che domina nella propria squadra è parte della famiglia, mentre i giocatori scuri degli avversari sono dei “negri”. Persino questa parola ha perso il suo vero significato, diventando un insulto alla pari degli altri: “Sei un negro” “Si e tu sei un co****ne”. Il tabù imposto dalla policy correctness è stato sfatato. Se dici una cosa del genere in Europa, non fai più scandalo; in America non la passi liscia.
È impossibile decidere chi stia nel giusto e chi nel torto: sono gli americani ad essere troppo puritani o noi ad essere troppo superficiali? Come già anticipato, si tratta di due culture totalmente differenti e difficili da paragonare. Molte volte ciò che a noi sembra inconcepibile è per chi vive al di là dell’Atlantico all’ordine del giorno – e viceversa. Spesso in questi casi si sostiene che vada preso esempio dagli altri Paesi, ma le cose non sono sempre così semplici: a cosa ha portato, ad esempio, il pugno duro della Federcalcio riguardo gli insulti razziali negli stadi?
A Nulla. L’Europa non è l’America; e l’America non è l’Europa.
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