“MAURIE”: Storia di una grande storia

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Che mondo il Basket americano anni Sessanta, pioniere di quella che oggi è l’NBA che tutto il mondo segue. Quel mondo che noi possiamo vedere solo attraverso vecchi video di repertorio.
Quel mondo in bianco e nero, senza arco dei tre punti, quel mondo con Pete Maravich in canotta LSU, quel mondo con Jerry West, Bill Russell, Oscar Robertson, Wilt Chamberlain, Bailey Howell.
Ma se incontrate Marty McFly e vi fate dare uno strappo indietro nel tempo, diciamo qualche anno prima, ad esempio intorno al 1955, e proponete tale lista, la gente non vi guarderebbe neanche in faccia: “And Maurice?”.
Maurice. Maurice Stokes. Nella lista manca Maurice Stokes. Beh non so se vi capiterà tale opportunità, ma se mai dovreste trovarvi intorno a Cincinnati nella seconda metà degli anni Cinquanta, alla domanda “And Maurice?” rispondete “Sorry, I forgot it”.
Perché a Maurice il destino giocherà uno scherzo talmente pesante che nessuno reggerebbe il colpo.

Quando intorno al ’37, dopo la Grande Depressione, in un periodo in cui l’America stava ancora conoscendosi, nacque la National Basketball League, si iscrisse anche una franchigia proveniente da Rochester, New York. Erano i Rochester Royals, poi spostatisi a Cincinnati, e ancora da Cincinnati a Kansas City cambiando da Royals a Kings, per poi giungere definitivamente a Sacramento nel 1985.
Ai Royals approdò nel 1960 un signorotto che tanto ha fatto per la storia di questo sport, Oscar Robertson. Ai Royals arrivò soltanto un titolo NBA, quello del 1951, quando ancora erano localizzati a Rochester.
A detta di molti, e questi molti hanno le loro ragioni, se Oscar avesse incontrato Maurice le cose sarebbero andate diversamente: sarebbero diventati la prima grande coppia della storia della Pallacanestro made in USA. Peccato.

Maurice Stokes nacque a Pittsburgh, il 17 Dicembre del 1933.
Per il Basket dell’epoca, Maurice dominava come dominerebbe Dwight Howard sotto costante effetto di steroidi al giorno d’oggi. Ma in lui non c’era solo Howard, c’era anche un po’ di James, un po’ di Durant, un po’ di tutti quei giocatori che rendono sciocchezze ciò che la loro stazza e la loro altezza renderebbero complicate.
Nel suo anno da Rookie arrivò a prendere 38 rebounds in una partita, viaggiava a 16.4 punti di media, 17.3 rimbalzi, 5.5 assist, nonostante i “soli” 2.01 metri che si portava dietro.

Maurice in canotta Royals
Maurice in canotta Royals

Per chi di mestiere sarebbe diventato a mani basse uno dei migliori di sempre. Ma come avevo anticipato prima, a volte il destino, che sta seduto a guardare la vita umana pronto a deragliarne drasticamente la traiettoria, aveva già deciso di stroncare questa possibilità.

Era il 12 Marzo, del 1958. Maurice era in trasferta con gli ormai Cincinnati Royals a Minneapolis, contro una franchigia che, essendo sorta nello stato dei “10.000 laghi”, prendeva il nome di Lakers. In una normale meccanica di gioco, Maurice cadde a terra sulla testa. KO per qualche minuto, riuscì a rientrare e a proseguire la partita, dopo una rianimazione.
La paura iniziale pareva ormai superata, ma dopo una partita da 12 punti e 15 rimbalzi a Detroit, Maurice si sentì male sul volo di ritorno per Cincinnati. Ai compagni disse “I feel like I’m going to die”. Atterrarono a Cincinnati e lo portarono nell’ospedale più vicino, dove Maurice rimase in coma per settimane.
Maurice Stokes, probabilmente il migliore centro dell’epoca, era diventato tetraplegico.
Fu poi portato all’ospedale di Cincinnati, che sarebbe diventata la sua casa per i prossimi sei anni.

E’ qui che entrò in gioco una grande persona, suo compagno e amico all’epoca dei fatti, tale Jack Twyman, scomparso nel 2012.

La famiglia Stokes non poteva permettersi le cure. Pensò a tutto Twyman, organizzò incontri per racimolare soldi e divenne il tutore legale del suo amico.

Maurice con un signorotto mica male alla sua destra.
Maurice con un signorotto mica male alla sua destra.

Nonostante avesse una sua famiglia, Twyman trascorreva ore ed ore all’ospedale con Maurice, il quale, riguadagnando coscienza, non era ancora in grado di parlare.
I due comunicavano con un metodo sensazionale: Jack ripeteva l’alfabeto, e lettera per lettera tirava fuori le parole da Maurice, finchè questi non tornò in grado di parlare.

L’infortunio tolse tutto a Stokes, ma non lo spirito. Nonostante non avesse un controllo perfetto delle dita, imparò a scrivere con la tastiera, e imparò a dipingere. Riusciva addirittura a scherzarci su, delle volte. “He laughed when he should have cried” diceva Milton Gross, cronista del New York Post.

Maurice Stokes morì il 6 Aprile 1970, sopreso da un attacco di cuore. Aveva 36 anni.

Toccante immagine con Maurice sorridente, affianco a Twyman.
Toccante immagine con Maurice sorridente, affianco a Twyman.

E nonostante al Basket non sia riuscito a dare quello che avrebbe potuto per cause di forza maggiore, la storia di Maurice per tutti, cestisti e non, deve diventare un esempio.

Perché per affrontare quello ha subito lui, nel modo in cui lo ha affrontato, devi essere semplicemente un grande uomo, Uomo con la U maiuscola.

E senza dubbio Maurice Stokes lo era. In ogni sua singola foto, mostrava un sorriso, un meraviglioso sorriso, a mio parere uno dei più belli e toccanti della storia dello sport americano.

Ciao Maurie.

Gabriele Buscaglia

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