Ci sono Draft “leggendari”, così ricchi di talento da rimanere nella storia o addirittura dare l’impressione di poterla cambiare; quello del 1984, che ha lanciato nel mondo NBA giocatori del calibro di Michael Jordan, Hakeem Olajuwon, Charles Barkley e John Stockton; quello del 1996, che ha messo in luce la classe cristallina di Allen Iverson, Steve Nash, Ray Allen e Kobe Bryant. Come dimenticare la notte del Draft 2003? La notte in cui “The Chosen One”, al secolo Lebron James, approdò ai Cavaliers, facendo sognare l’intera città di Cleveland e portando con sè la speranza di vincere finalmente un titolo NBA dopo anni di delusioni e sconfitte.
Quella notte del 26 giugno 2003, King James non era solo al Madison Square Garden di New York, di fianco a lui sedevano altri tre futuri All-Stars, che avrebbero fatto parlare di sè negli anni a venire: Carmelo Anthony, finito ai Nuggets con la scelta numero 3, Chris Bosh, che sarebbe diventato leader dei Raptors, pescato con la #4 e Dwayne Wade, uomo-franchigia di Miami, selezionato con la #5. Chi fu scelto dunque con la pick #2? Chi fu preferito a questi tre campioni assoluti? Il suo nome è Darko Milicic, ruolo centro, 213 cm per 113 kg, proveniente dalla Serbia, considerato allora il miglior prospetto europeo di quell’anno. Milicic approda nel basket targato USA all’ età di 18 anni, appena compiuti, a sceglierlo sono i Detroit Pistons, che quella stagione viceranno pure il titolo NBA col risultato finale di 4-1 ai danni dei Los Angeles Lakers di Bryant, O’Neal, Payton e Malone, guidati in panchina da Phil Jackson. Gli eroi di quell’impresa, considerata, dai più, il più grande “upset” sportivo del basket NBA, rispondono ai nomi di Chauncey Billups, Rip Hamilton, Tayshaun Prince, Rasheed Wallace e Ben Wallace; una squadra solida, dura e assemblata con pazienza negli anni, trascinata in panchina dal condottiero Larry Brown.
“Dov’è Milicic in tutto questo?”, vi chiederete. Che ruolo ha avuto la seconda scelta assoluta in questa impresa? Per ricevere una risposta, basta girare lo sguardo dal campo, verso la panchina dei Pistons, dove, a quel tempo, avreste potuto distinguere la sagoma torreggiante del centro serbo stagliarsi contro le tribune gremite di spettatori. Darko sarà il più giovane giocatore a calcare il parquet in una finale NBA, all’età di 18 anni e 356 giorni, peccato per il suo minutaggio quantomeno limitato (4.7 minuti per gara) e le sue medie tutt’altro che esaltanti (1.4 punti e 1.3 rimbalzi per allacciata di scarpe). Milicic giocherà a Detroit per tre stagioni (96 partite in tutto), lascerà la Motor City nel 2006, con in tasca un titolo NBA e dopo essersi guadagnato il soprannome di “The Human Victory Cigar” ( il sigaro umano della vittoria), poiché il suo ingresso in campo avveniva solamente con la squadra ormai sicura del successo. Gli Orlando Magic sono gli unici a concedere una possibilità al centro serbo, che in Florida, complice anche un minutaggio più elevato, raggiunge 8 punti e 5.5 rimbalzi di media a partita, sarà il “picco” della sua carriera. Nel 2007 però viene scaricato nuovamente, questa volta ai Grizzlies; per Milicic inizia un periodo di peregrinazioni in giro per gli USA, condite da prestazioni quasi imbarazzanti, considerando il valore della scelta spesa per lui al Draft di qualche anno prima. Nel 2009 infatti Memphis si libera di lui spedendolo ai Timberwolves in cambio di Bryan Cardinal.
“The Human Cigar” verrà in seguito mandato, nel 2010, ai New York Knicks, per poi tornare, dopo aver giocato solo 8 partite, ai T’Wolves nella stagione successiva, rimanendoci fino al 2012. L’ultima squadra a puntare su di lui sono i Boston Celtics, che lo ingaggiarono nell’estate 2012 per poi tagliarlo immediatamente poche settimane dopo.
La scellerata decisione dei Pistons di selezionarlo con la pick #2, viene giudicata a posteriori come una delle peggiori scelte della storia del Draft, tanto che persino Billups, leader e capitano dei Pistons vincitori dell’anello nel 2004, si lasciò andare a dichiarazioni tutt’altro che “simpatiche” nei confronti del serbo:
“Con una chiamata migliore nel 2003, avremmo potuto creare una dinastia”.
Ma che fine ha fatto ora Milicic? Le ultime notizie arrivano dal mondo della kickboxing; pare infatti che il nativo di Novi Sad, dopo il suo ritiro dal basket professionistico (all’età di 28 anni dopo 468 partite, 6 ppunti e 4.2 rimbalzi di media), abbia deciso di dedicarsi a questa disciplina, una volta tornato nella sua Serbia, con la speranza di riscoprirsi campione dopo il fallimento oltreoceano . La WAKO PRO (World Association of Kickboxing Organisation) ha infatti annunciato il debutto di Milicic in data 18 dicembre 2014, giorno in cui ha combattuto il suo primo match, contro il poco più che esordiente Radovan Radojnic, atleta possente ma più basso di lui di almeno 20 cm. Indovinate un po’? Milicic ha perso anche questo match, più per sfortuna che per demeriti, fermato dall’arbitro a causa di una ferita sanguinante alla gamba, che ha compromesso il proseguimento dell’incontro.
Questa è la storia di Darko Milicic, una delle tante meteore che hanno transitato e transiteranno nel mondo della NBA, dove non sempre “The Amazing Happens”.
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