Memories of Busts: Jonathan “The Heron” Bender

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E’ il 30 giugno 1999 e il MCI Center di Washington, casa dei Washington Bullets, futuri Wizards, ribolle in attesa del Draft NBA 1999. Sono molti i prospetti interessanti e, benché non venga considerato un Draft particolarmente ricco di talento, porterà in NBA star del calibro di Elton Brand (#1 Chicago Bulls), Steve Francis (#2 Memphis Grizzlies), Baron Davis (#3 New Orleans Hornets) e Lamar Odom (#4 Los Angeles Clippers). E’ proprio al momento della scelta numero 5 che inizia la nostra storia.

I Toronto Raptors chiamano, non troppo  a sorpresa, un ragazzo proveniente da Picayune High School, l’ala forte Jonathan Bender, che verrà spedito immediatamente alla corte degli Indiana Pacers in cambio di Antonio Davis. Bender si era in realtà promesso alla Mississippi State University, ma una sua incredibile prestazione al McDonald All-American 1999 (31 punti, 10 assist e 3 stoppate, battuto il record stabilito da Michael Jordan), aveva attirato su di lui le attenzioni della lega professionistica, portando il ragazzo alla decisione di effettuare immediatamente il salto tra i pro. Lo stesso Larry Bird aveva insistito per strapparlo ai Raptors, in modo da poter formare il ragazzo e trasformarlo in una star del gioco, liberandone il potenziale pressoché infinito.

L’esordio di “The Heron” (l’Airone) è da film: il ragazzo non sembra sentire la pressione e va immediatamente in doppia cifra, primo giocatore proveniente dall’high school a registrare queste cifre al debutto, confermando le sue qualità cestistiche. Tuttavia il momento di gloria dura poco, il ginocchio destro inizia fin da subito a creare problemi e Bender finisce la stagione da rookie con solamente 24 partite all’attivo (2.9 punti e 0.9 rimalzi di media). Nella stagione successiva, l’Airone si presenta pronto a riprendere da dove era stato interrotto. I Pacers però non vogliono rischiare di perdere nuovamente Bender per infortunio, quindi lo impiegano con il contagocce (9.7 minuti a gara): il ragazzo gioca 59 partite, nonostante il ginocchio continui a tormentarlo, ma le sue medie non sono impressionanti (3.3 punti e 1.3 rimbalzi). La RS 2001/2002 sembra l’anno della svolta, il ragazzo guadagna minuti e spazio nelle rotazioni, arrivando a giocare 78 partite, segnando 7.4 punti e catturando 3.1 rimbalzi, il tutto tirando con il 43% dal campo e il 36% da tre. In molti pensano che Bender abbia finalmente trovato la propria dimensione e sia quindi pronto a esplodere definitivamente, ma non hanno fatto i conti con le sue ginocchia.

Bender in maglia Knicks nel 2010

La stagione successiva, tormentato dagli infortuni, giocherà solo 46 partite (con 6.6 punti e 2.9 rimbalzi di media), mentre nel 2003-04, sarà costretto alla tribuna per 61 volte in stagione, mostrando sprazzi della sua classe nelle poche occasioni in cui potrà scendere in campo (7.0 punti e 1.9 rimbalzi a gara). Questo però è solamente l’inizio, Bender, martoriato da infortuni e ricadute, giocherà solamente 9 gare nei due anni successivi (5.0 punti e 2.0 rimbalzi di media), annunciando il proprio ritiro al termine della RS 2005-06, ormai rassegnato al proprio infausto destino di eterna promessa, stroncata sul nascere. Nei tre anni successivi al proprio addio al basket, Bender verrà bollato come bust da molti giornalisti e verrà addirittura inserito all’undicesima posizione della classifica dei peggiori “bidoni” della storia NBA, stilata dalla rivista Sports Illustrated. L’Airone però non demorde e riprende ad allenarsi, sperimentando nuove tecniche per rinforzare le sue ginocchia martoriate. Il risultato dei suoi sforzi è un contratto di una stagione, al minimo salariale firmato con i New York Knicks a dicembre della RS 2009-10, che permetterà a Bender di calcare di nuovo il parquet dei palazzetti americani. L’Airone terminerà la propria esperienza dopo aver giocato 25 match con 4.7 punti e 2.1 rimbalzi di media, ma per lui quella stagione significa qualcosa di più: una rinascita sportiva, dopo anni di buio. Arrivato il suo ritiro definitivo, Bender non si è fermato, anzi ha continuato a lavorare, elaborando un attrezzo da allenamento il cui scopo è quello di potenziare i muscoli delle gambe e delle ginocchia. L’idea di Jonathan trova le sue fondamenta nelle ore di allenamento ed esercizio a cui lo stesso ragazzo si era sottoposto durante i tre anni lontano dalla NBA, alla ricerca di un metodo per rimettere in sesto il suo ginocchio. Bender ha lanciato il suo prodotto sul mercato nel luglio 2013 con il nome di JB Intensive Trainer.

L’Airone è solamente una delle tante promesse che, affacciatesi al mondo della NBA, non hanno potuto esprimere appieno il loro enorme potenziale.

“Jonathan Bender era Kevin Durant prima di Kevin Durant”dirà di lui Mel Simmons, co-proprietario dei Pacers fino alla sua scomparsa nel 2009. Bender è stato senz’altro un giocatore speciale, una guardia tiratrice con un corpo e un’atletismo da ala grande. Un All-Around Player, così raro agli inizi degli anni 2000, baciato da un grande talento che solamente la sfortuna ha saputo fermare. La NBA ha dovuto aspettare 8 anni, da quel 1999, per poter finalmente ammirare il vero Kevin Durant, ma i più nostalgici sanno bene che il primo suo prototipo aveva fatto la sua comparsa qualche anno prima. L’Airone sembrava, ai tempi, un giocatore venuto dal futuro, afflitto dalla sfortune e da quelle maledette ginocchia che ne hanno segnato la carriera.

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