Milano-Siena: oltre una semplice finale

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In questi giorni di fervente attesa e palpitazione per Mondiali di calcio e finali Nba, non bisogna dimenticare un altro importante evento sportivo che inizierà domenica sera per poi proseguire, speriamo, il più a lungo possibile. Un evento prettamente italiano con tutte le contraddizioni, tradizioni ed emozioni che il nostro paese ma soprattutto, la nostra pallacanestro sa racchiudere. E’ la volta, infatti, della finale scudetto del nostro campionato che vedrà impegnate Milano e Siena, il meglio che il nostro basket ha saputo offrire in questa e nelle ultime stagioni. Due squadre da un passato che più diverso non si può, da un futuro ancora più opposto e da un presente, invece, perfettamente identico, caratterizzato da una necessaria e ardente voglia di vincere. Tutto ciò può sembrarvi un insieme di frasi fatte  e luoghi comuni: una volta giunti in finale chi è il pazzo che non sarebbe disposto a tutto pur di vincere e guadagnare la gloria ? Nessuno, ma oltre alle “solite” motivazioni da finale si nasconde un qualcosa in più, un desiderio di riscatto verso il passato da una parte e verso il futuro dall’altra, una storia da iniziare a scrivere ed un’altra a cui porre la parola fine nel modo più appropriato e coerente. Il tutto, senza tralasciare le varie storie di giocatori ed allenatori che hanno intrecciato il loro destino con quello di  entrambe queste due squadre. Ciò che più conta è l’avere la consapevolezza che, comunque andranno le cose, questo non sarà stato un semplice campionato con la sua logica finale ed un previsto vincitore, ma sarà ricordato come un crocevia con un suo punto di partenza, forse,  ma anche un capolinea, un punto di arrivo e su ciò non ci sono dubbi a riguardo.

Tomas Ress, capitano indiscusso della Mens Sana
Tomas Ress, capitano indiscusso della Mens Sana

Il capolinea infatti, sarà quello della Montepaschi Siena, la squadra che ha monopolizzato le ultime annate del basket italiano, andando a vincere sette scudetti consecutivi, da quelli targati Pianigiani in versione corazzata e consumatrice di record fino all’ultimo conquistato l’anno scorso, sudato, sofferto e inatteso con Luca Banchi in panchina ed Hackett in campo.

Peccato che su questi titoli sia stata gettata un’ombra gigantesca, una carrellata di fango e letame pronta a sporcare e a coprire quanto fatto sul parquet. Tutto per causa dell’operazione “Time Out” condotta dalla Guardia di Finanza, che ha permesso di ricostruire una frode fiscale in atto dal 2006 ad opera della Mens Sana con alterazioni contabili, fatturazioni false, manipolazioni delle dichiarazioni dei redditi, pagamento in nero di alcuni giocatori grazie a società estere (16 milioni di evasione per 25 tesserati) e fondi non dichiarati al fisco con evasioni pari a 23 milioni di euro, ogni azione finalizzata per produrre ingenti quantità di denaro contante per arricchimento personale. Capi di accusa talmente chiari ed evidenti da far predisporre gli arresti domiciliari del presidente Pier Ferdinando Minucci, artefice principale delle magistrali stagioni senesi ma anche indiscusso architetto di questo sistema balordo.

Minucci, ormai ex presidente della Montepaschi
Minucci, ormai ex presidente della Montepaschi

Un colpo al cuore per tutti quei tifosi che negli anni hanno gioito per la superiorità della loro squadra, irridendo qualsiasi avversario e godendo per una vittoria dopo l’altra. Quei tifosi coscienti del destino che ora attende i loro colori con una condanna certa al fallimento soltanto da attendere ed una ripartenza che inizierà il prossimo anno dalla Dnb, l’ex B2, tifosi che non hanno colto l’occasione per mostrare il loro orgoglio ferito ma hanno accompagnato con grinta la squadra in questo cammino di post season nelle serie vinte contro Reggio Emilia e Roma. Del resto che colpa hanno questi giocatori del fatto che la società per la quale giocano non avrebbe potuto iscriversi nè al campionato dello scorso anno nè a quello corrente ? Loro stanno facendo magnificamente il lavoro per il quale sono pagati: giocano bene, vincono, sono giunti a contendersi il tricolore contro ogni pronostico. Perché questa (come l’anno scorso), doveva essere la stagione del ridimensionamento con nomi meno altisonanti e un nuovo cambio alla guida tecnica. Ancora una volta però, staff e giocatori hanno dimostrato che a Siena è stata costruita una mentalità vincente talmente ampia e infrangibile che nessun presagio di fallimento, nessun destino infausto, nessun giocatore perso a metà stagione, nessun dubbio gettato sulle vittorie del passato può cancellare. Chi è abituato a vincere sa come ripetersi, sa quando è il momento di mostrarsi veramente, di tirare fuori tutto ciò che si possiede in termini sia di tecnica che di testa e cuore. Tomas Ress, che quei titoli “sciagurati” li ha vinti tutti e li sente suoi, sa tutto ciò ed è per questo che nei momenti più duri ha rivestito prontamente i panni del leader, del vero capitano pronto a guidare una ciurma giovane ed arrembante, una brigata che ha trovato in Marquez Haynes un prode e valoroso guerriero. Proprio lui che era stato identificato come un insignificante marinaio nell’invincibile armata milanese, ha la possibilità di prendersi un’enorme rivincita contro chi ha deciso di etichettarlo troppo presto e non l’ha messo in condizione di esprimere il suo potenziale al meglio. Una storia fra le tante di questa piccola serie, una storiella se paragonata a quella di una squadra intera che ha la possibilità di congedarsi dalle platee che contano con l’etichetta di campione addosso, cosparsa di gloria e penalizzata per colpe non sue, per colpa delle nefandezze e delle scorrettezze di chi non scende in campo pronto a versare sangue, sudore, lacrime e voglia. I giocatori di Siena hanno già riscattato il loro onore ma ad attenderli c’è una dimensione ulteriore, epica, leggendaria, quasi divina.

David Moss, uno dei tanti ex della serie
David Moss, uno dei tanti ex della serie

Non sarà facile entrare in questa dimensione perché ad attendere Siena c’è una squadra che, innanzitutto, è la grande favorita per la vittoria di questa serie così come lo era all’inizio dei playoff e all’inizio della stagione. Non poteva essere diversamente per una compagine costruita e forgiata per vincere e basta, senza scusanti o altre vie di mezzo. E’ troppo tempo infatti che Milano è fuori dall’albo d’oro della nostra pallacanestro. L’ultimo titolo è il campionato vinto nel 1996 targato Tanjevic, Bodiroga, Fucka e Nando Gentile, troppo tempo passato per il club che è sì il più titolato d’ Italia ma che non ha ancora avuto modo di cogliere nessuna gioia in questo nuovo millennio. Eppure di soldi ne sono stati spesi tanti, di giocatori valenti ne sono passati tanti e di allenatori pure. Ognuno però se ne è dovuto andare scontento, a testa bassa, con la certezza di non avercela fatta, di aver fallito e di essere stato uno dei tanti che ci ha provato senza riuscirci. Mai come quest’anno però le red shoes possono vedere il traguardo così vicino: hanno battagliato ad armi pari e vinto contro tutte le compagini europee più forti, hanno dominato la stagione regolare, hanno il roster più lungo e più qualitativo e soprattutto, hanno dato l’impressione di aver fatto qualche passo avanti dal punto di vista della solidità mentale, quella solidità che è invece l’arma migliore dei loro rivali. Hanno visto il baratro già con Pistoia ed in parte anche con Sassari, ma senza farsi prendere dal panico hanno praticato il loro gioco, hanno fatto valere la loro forza e sono arrivati almeno al minimo traguardo accettabile. E’ difficile però che stavolta i tifosi di Milano possano accettare qualcosa che non sia la vittoria: hanno riempito il Forum di Assago come mai prima, lo faranno anche per questa finale e sono pronti ad urlare tutta la loro gioia. Se lo meritano anche loro dopo tutte le prese in giro e tutti gli “sfottò” che li accompagnano da anni. Non che siano stati i soli a riceverli, sia chiaro: cosa dovrebbe dire l’illustre patron Giorgio Armani, il povero presidente Livio Proli che negli anni hanno investito denaro, hanno messo la faccia per creare un progetto mai vincente azzeccando sicuramente poche scelte? L’occasione per farlo finalmente partire c’è, è necessario l’ultimo piccolo sforzo, il più decisivo. I più maliziosi dicono che per vincere non hanno potuto far altro  che pescare dalla loro esecutrice più grande, proprio Siena, in grado di non poter più competere in termini economici. Che i vari Moss, Hackett, Kangur, Banchi provengano dal lido toscano non ci sono dubbi ma la logica vuole che per migliorarsi si vadano a prendere i giocatori vincenti ed è normale che, almeno in Italia, questi si trovassero a Siena. Logiche di mercato, logiche di chi vuole finalmente far fruttare la sua forza economica dopo tanti soldi gettati al vento.

Sarà Banchi, il grande ex, a riportare Milano sulla vetta del basket italiano ?
Sarà Banchi, il grande ex, a riportare Milano sulla vetta del basket italiano ?

I giocatori sopracitati (e coach) si troveranno di fronte la loro ex squadra, alcuni compagni di battaglie vinte, di trionfi che la giustizia sportiva gli toglierà per colpe e demeriti non loro. Sarà il caso di non pensarci, le vittorie si portano nel cuore e nell’orgoglio e non negli almanacchi. Ora l’obiettivo è più ghiotto: c’è da riportare una grande piazza al successo, c’è da interrompere una striscia negativa che va avanti da troppo tempo, ci sono luoghi comuni da ribaltare e nuovi percorsi da avviare, c’è da riportare nell’“Olimpo” una squadra che questo termine lo porta nel proprio nome. Nulla di più bello e di più gratificante. Gli “eterni sconfitti” devono ritrovare la loro dimensione mitica.

Vincere è una prerogativa indispensabile per entrambe, a chi la gloria e a chi l’infamia. Milano-Siena, comunque vada sarà un momento indelebile di storia della pallacanestro italiana, sperando che possa anche essere uno spot , una festa, un’occasione di rilancio per il nostro malandato sport.

Bernardo Cianfrocca

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