Nate Robinson si apre: “La NBA mi ha causato depressione”

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Non è il primo, visto che negli ultimi mesi molti altri giocatori hanno fatto lo stesso dandosi coraggio l’un l’altro, ma Nate Robinson si è unito alla lista di atleti che hanno parlato apertamente di salute mentale, raccontando la propria esperienza con la depressione. Secondo l’ex giocatore di Knicks e Celtics, che ha parlato a Bleacher Report, sarebbe stata proprio la NBA e quello che gli chiedevano allenatori come Larry Brown e Tom Thibodeau a causare i suoi problemi.

“Mi hanno interpretato male, ma mi prenderò la mia parte di colpa dicendo che ero effettivamente immaturo” – ha detto Robinson – “Sono del segno dei Gemelli. I Gemelli hanno diverse personalità, una buona e una cattiva. Lo sento dentro. Mi guardo, le imperfezioni che vedo nello specchio… Sento che ci sono due persone che vivono dentro di me. Il diavolo e l’angelo. Il diavolo dice: ‘Schiaccia in testa a qualcuno e infiamma il pubblico’. L’angelo dice: “Temporeggia e organizza l’attacco’. Il diavolo dice: ‘Rispondi “tua mamma” per far ridere i tuoi compagni’. L’angelo dice: ‘Stai calmo, il coach sta parlando'”.

Robinson ha poi preoseguito: “Ma non mi importava, io volevo solo apparire su SportsCenter, e volevo che tutti i miei amici a casa sapessero che giocavo in NBA”. Poi l’esperienza a Chicago, dove in assenza di Derrick Rose era diventato uno degli idoli dello United Center, arrivando a meditare di ritirarsi in maglia Bulls, idea resa vana da problemi sorti con Thibodeau. Quindi la scomparsa della serenità appena ritrovata e alla fine il ritrovarsi costretto affrontare una terapia, di cui all’epoca non fece parola ai compagni.

La NBA mi ha causato depressione. Non ero mai stato depresso in vita mia – ha detto il playmaker – “Stavo cercando di cambiare. Nessuno saprà mai tutte le difficoltà con cui ho dovuto lottare per essere la persona che non ero… E’ stata la cosa più difficile della mia carriera. Non il basket, non allenarmi, non badare ai miei figli. La parte più dura della mia intera vita, dei 34 anni della mia esistenza, è stato giocare in NBA 11 anni cercando di essere quello che i coach volevano che fossi”.

Francesco Manzi

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