Nel 2003, com’è risaputo, Kobe Bryant passò uno dei peggiori periodi della propria vita quando una donna, una dipendente di un hotel in Colorado, lo accusò di stupro. Ne scaturì un processo durato diversi mesi che mise la carriera del Black Mamba a rischio. Il giocatore dei Los Angeles Lakers ammise il rapporto sessuale, ma sosteneva fosse stato consensuale da entrambe le parti. Alla fine l’accusa cadde quando la donna non testimoniò in tribunale, in seguito ad alcuni fatti emersi durante le indagini. Da qui fu poi intentata una causa civile chiusasi con un accordo economico fuori dal tribunale tra Kobe e la presunta vittima.
Ora, a distanza di 18 anni, l’FBI ha tolto il sigillo dai documenti del tribunale relativi al processo. Ciò che ne è emersa è una sfaccettatura importante e un po’ inquietante: un’offerta fatta da un uomo allo stesso Kobe Bryant di uccidere l’accusatrice. Secondo il The Orange County Register, un uomo identificabile come Patrick Graber, svizzero, all’epoca 31enne, bodybuilder che viveva negli USA grazie ad un visto, si offrì con una lettera di uccidere la donna in cambio di 3 milioni di dollari. Graber si faceva chiamare Yuri e diceva di avere contatti con la mafia russa, cosa probabilmente falsa. L’FBI fece seguire l’uomo da un investigatore privato e lo registrò mentre diceva di voler “uccidere l’accusatrice di Bryant senza lasciare prove”. Graber fu arrestato usando un espediente “da film”, organizzando un finto scambio di denaro, e fu condannato a 3 anni di carcere.
La lettera, letta per primo da uno dei bodyguard di Bryant, fu immediatamente consegnata alle autorità e l’offerta naturalmente rifiutata.
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