Non chiamateli Big Three

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Dopo una stagione tutt’altro che esaltante, chiusa senza Playoffs per la prima volta dal 2008, i Chicago Bulls sembravano destinati ad un anno di transizione, ripartendo da molti giovani e poco altro. Il mercato dei free agent ha però stravolto tutto.

Fino ad una settimana fa l’unica mossa dei Bulls era stata quella di cedere il beniamino Derrick Rose a New York in cambio di un grappolo di giocatori mediocri e Robin Lopez, non un top della Lega nel suo ruolo ma un onesto mestierante capace di proteggere il ferro. Poi è arrivata la firma, quasi a sorpresa, di Rajon Rondo, e infine quella di Dwyane Wade. Rondo e Wade si uniscono a Jimmy Butler per formare un terzetto che sicuramente dà speranze di post-season a Chicago e che ha fatto gridare ad una sorta di Big Three dell’Illinois. Ma quanto sarà veramente utile?

Per dare un’idea del declino che Rondo, ormai trentenne, ha subito negli ultimi anni basti pensare che è dal 2012, quando i Boston Celtics vennero eliminati in Finale di Conference per 3-4 dai Miami Heat, che il playmaker non vince una partita di Playoffs. Sì, Rondo è così lontano dall’essere un giocatore determinante. Ha firmato un biennale con Chicago, ma c’è tanta fiducia reciproca da inserire una mutua opzione che consentirà sia al giocatore che alla franchigia di stringersi la mano e voltarsi le spalle tra un anno. Eppure, se si prendono in esame le cifre dell’ultimo anno a Sacramento, Rondo non sembrerebbe tutto questo disastro: 11.9 punti e 11.7 assist di media, ancora una volta leader della NBA in questa ultima categoria. Ed è proprio quando si guardano solo le statistiche classiche (punti, rimbalzi, assist) che il più delle volte si finisce per dare fiducia ai Rondo o ai Rudy Gay di turno (ops, Sacramento…).

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Lo shot chart di Rondo nella stagione 2015-16. Più una zona è verde, più il dato è positivo rispetto alla media NBA. Ma quanto rosso…

Il problema di Rondo da ormai quattro stagioni è quello di non riuscire a migliorare la squadra in cui gioca come era abituato a fare al fianco di Pierce, Ray Allen e KG. Anzi, riesce pure a peggiorarla. Nell’ultimo anno, statistiche alla mano, i Kings (i Kings!) sono andati meglio quando sedeva in panchina piuttosto che quando era in campo (-3,4 di Net Rating, sempre in negativo tranne che nel mese di Marzo). Certo, la qualità dei passaggi e l’abilità di trovare l’uomo smarcato rimane la caratteristica principale di Rondo, e forse anche l’unica in cui può ancora primeggiare con le altre top point guard della Lega, ma sarà una stagione chiave per il prodotto di Kentucky, che ad ormai 30 anni dovrà decidere se rilanciarsi o avviarsi silenziosamente sul viale del tramonto.

Parlando di visione di gioco, tiro a parte, Rondo sarebbe anche un giocatore utile nel sistema di gioco di Fred Hoiberg, che vuole impostare uno stile veloce, fatto di molti possessi e tanto tiro da fuori, più simile alla NCAA che alla NBA. Sistema di gioco che, per vari motivi, non ha potuto far rendere quasi per nulla nella passata stagione a causa dell’inadeguatezza degli interpreti (Rose, Noah, per dirne due). Ora gran parte dei “colpevoli” non ci sono più, ma i Bulls non hanno fatto mosse intelligenti per portare a Chicago giocatori funzionali. Hanno invece deciso di firmare Dwyane Wade.

Il ritorno a casa sta diventando piuttosto classico nella NBA di questi anni, motivo per cui la scelta di Wade ha fatto brillare gli occhi di molti. Flash è effettivamente reduce da una stagione più costante di quanto ci si aspettasse, ha giocato 74 partite (praticamente un successo per le sue ginocchia) e si è reso protagonista della corsa ai Playoffs degli Heat. Ma, tornando all’idea di gioco di Hoiberg, è Wade il giocatore che serviva, peraltro con un biennale da 47.5 milioni di dollari? Si potrà fare affidamento sul suo fisico?

Parliamo comunque di un trentaquattrenne, le cui condizioni fisiche purtroppo potrebbero peggiorare da un momento all’altro. Nonostante l’exploit dei Playoffs, la stagione di Wade ha avuto più ombre che luci: i 19.0 punti di media sono stati il career-low dall’anno da rookie ed ha tirato con la miseria del 15% da dietro l’arco. Proprio quel tiro dalla lunga distanza che ad Hoiberg servirebbe in abbondanza per mettere in pratica le sue idee. Affiancare Wade a Rondo, che se possibile riesce ad essere pure peggio da tre punti (nonostante le percentuali migliori rispetto al #3 con il 36% nell’ultima stagione, ma non è che ci volesse molto…), renderà tutto più complicato. La stella della squadra, Butler, non contribuisce ad alzare l’asticella sotto questo aspetto: lui, Rondo e Wade hanno segnato 133 triple totali, in tre, l’anno scorso. Non serve andare a spulciare i numeri di Stephen Curry (402 da solo) per capire che sono un numero non basso, di più. Ben 30 singoli giocatori sono riusciti a fare meglio di loro tre sommati nella scorsa RS. E’ questo il trio su cui può affidarsi un attacco veloce e intenso?

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La mappa di tiro di Wade nell’ultima stagione

Anche la difesa, punto di forza sotto Thibodeau, rischia di diventare un problema: Chicago già l’anno scorso è passata dall’essere la nona difesa NBA, con 97.8 punti concessi per gara, al sedicesimo posto in questa classifica, con 103.1. Butler è un élite defender, ma i suoi due compagni non lo sono affatto, o non lo sono più: Rondo è un difensore insufficiente dai tempi dell’ultimo anno a Boston, quando ammise lui stesso che Avery Bradley aveva difeso per due tutta la stagione. Wade invece, volente o nolente vista l’età e le condizioni fisiche, ha dovuto risparmiarsi nella propria metà campo: negli ultimi due anni, cioè da quando LeBron James è tornato a Cleveland, il Net Rating di Flash è sempre stato negativo, con -5,3 una stagione fa e -1,8 nell’ultima (bassissimo se considerato che tre anni or sono si stabilizzava sul +4,0). E se si guarda il Player Efficiency Rating, il numero che si propone di dare una valutazione complessiva del giocatore prendendo in esame tutte le statistiche in una sola formula, si ha la cifra più bassa della carriera di Wade con 20,3 (comunque notevole se rapportata alla media della Lega che si aggira intorno al 15, ma che è sintomo del declino del giocatore).

Coach Hoiberg dovrà quindi far quadrare tutto questo, sommandolo ad un frontcourt inferiore a quello di un anno fa ed una panchina che, esclusi il rookie Valentine, Doug McDermott e la promessa Bobby Portis, non riserva granché. Le aspettative non erano alte, gli arrivi di Rondo e Wade le hanno notevolmente alzate, mettendo pressione su una franchigia che sembra ancora impantanata nel tentativo di rilanciarsi.

Francesco Manzi

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