Oscar Schmidt: “Ero l’idolo di Kobe Bryant, rifiutai la NBA”

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Oscar Schmidt, la leggenda del basket brasiliano che ha lasciato il segno anche in Italia, specialmente con Caserta e poi con Pavia, è stato intervistato da Il Giornale, parlando del suo rapporto con Kobe Bryant e anche del suo mancato approdo in NBA, fra le altre cose.

Sul Black Mamba.

La morte di Kobe mi ha causato un dolore incredibile, l’ho visto da bambino quando entrava in campo dopo le partite del padre, non si fermava mai e già s’intuiva il suo talento. Il padre voleva parlargli di Magic Johnson e Michael Jordan ma lui gli ha risposto: “Il migliore di tutti è Oscar, contro di lui perdi sempre”. Lo incontrati di nuovo a Pechino nel 2008, piansi quando seppi che mi aveva soprannominato “La Bomba” in un documentario.

Sul mancato approdo in NBA.

Nel 1984 i Nets mi scelsero al sesto giro, per me era un insulto. Volevo sfidare la prima scelta, Jeff Turner, ma non si presentò. In quel raduno la gente pregava per avere un contratto, io segnai 25 punti in 25 minuti e li feci impazzire. Ma a quel tempo bisognava scegliere fra l’America e la nazionale, sono stato uno dei primi a dire di no alla NBA.

La Mamba Mentality di Schimdt.

L’allenamento conta più del talento e io lavoravo come un mulo. Facevo 500 tiri dopo ogni allenamento, anche quando avevo 44 anni, è questo il segreto dei miei record.

La situazione attuale con l’emergenza Coronavirus.

Si parla troppo delle dichiarazioni di Bolsonaro: bisogna lasciarlo in pace perché è il presidente del Brasile, non un ignorante. Giusto rinviare le Olimpiadi se ora nessuno ha la possibilità di allenarsi.

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