Pagellone LBA, Cantù: una banda di rookie guidata da “papà” Pancotto ha saputo emozionare i tifosi brianzoli

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L’Acqua S.Bernardo Cantù, diventata S.Bernardo-Cinelandia a metà stagione, ha regalato parecchie soddisfazioni ai propri tifosi, nonostante uno dei budget più bassi della Lega Basket – forse il più basso – e un roster composto quasi esclusivamente da ragazzi, a partire dal capitano, Andrea La Torre, al suo secondo anno a Cantù ma nato solamente nel 1997 e con pochissima Serie A alle spalle.

Il direttore sportivo Daniele Della Fiori ha fatto un lavoro egregio nell’assemblare il roster e il colpo Joe Ragland ha riacceso i cuori dei tifosi canturini, raffreddatisi a causa della truffaldina gestione Dmitry Gerasimenko. Purtroppo la stagione non si è conclusa per i motivi che ben conosciamo però possiamo dire con sicurezza che la formazione brianzola avrebbe venduto cara la pelle fino all’ultima giornata per ottenere un posto playoff poiché la salvezza, seppur non ancora matematica, si poteva dare per scontata.

La certezza dei canturini sedeva in panchina: infatti l’estate scorsa come coach fu scelto Cesare Pancotto. Il tecnico di Porto San Giorgio ha avuto a che fare con tanti ragazzi nel corso della sua lunghissima militanza tra Serie A e Serie A2 e ha sempre avuto il coraggio di lanciarli, cosa che ha fatto anche quest’anno per esempio con Andrea Pecchia, reduce da tre ottime annate in A2, ma non tutti erano certi che sarebbe riuscito a ripetersi nella massima categoria. A questo va poi aggiunto Gabriele Procida, classe 2002, che non ha avuto tantissimo spazio però quelle tre bombe contro Venezia difficilmente potrà scordarle.

Pancotto è riuscito sin dal ritiro di Chiavenna a creare un gruppo di amici, dentro e fuori dal campo. Le incognite erano tante poiché per moltissimi americani si trattava della prima esperienza lontano dagli Stati Uniti. A fare da chioccia a un gruppo di ragazzini ci ha pensato Jeremiah Wilson, conosciuto agli appassionati italiani per la sua avventura a Imola ma con pochissime – quasi zero – esperienze di un certo livello alle spalle.

Dopo un inizio di stagione fatto di molti alti e bassi, la svolta è arrivata in concomitanza con il derby vinto al PalaDesio contro Varese. In primis vincere contro i tanto odiati sportivamente parlando cugini biancorossi è sempre motivo di orgoglio e in secundis quella sera tutti quanti parlavano del ritorno a casa di Joe Ragland, il playmaker di Springfield visto anche a Milano e Avellino che ha fatto innamorare i tifosi canturini ai tempi di Andrea Trinchieri e della stagione successiva con Pino Sacripanti, legato sentimentalmente a Cantù e a Daniele Della Fiori, il quale l’ha effettivamente scovato in Spagna e lanciato sul più grande palcoscenico internazionale.

L’arrivo di Ragland è coinciso anche con l’esplosione di Wes Clark, molto più libero nel segnare e meno costretto a essere un costruttore di gioco, compito che non gli riesce molto bene a essere sinceri. Il nativo di Detroit ha toccato il suo secondo massimo in carriera in Italia a Trieste, realizzando 32 punti in 28 minuti in casa della formazione giuliana, che stava vivendo un momento di forte crisi. L’anno passato a Brindisi era riuscito ad arrivare a 33 nella gara persa al PalaPentassuglia contro la Dinamo Sassari.

Il momento più bello della stagione è però arrivato il 5 gennaio 2020, primo match del nuovo anno solare. Cantù era in un buon momento di forma, nonostante la sconfitta casalinga contro Brescia, una delle migliori compagini della nostra Lega Basket. La S.Bernardo-Cinelandia si è presenta molto agguerrita al Forum contro i fenomeni dell’Olimpia Milano, che però hanno dimostrato sin da subito di avere un atteggiamento un po’ troppo sbruffone e, si sa, a scherzare con il fuoco prima o poi ci si brucia. La tripla di Clark da oltre metà campo non verrà mai dimenticata dai tifosi biancoblu, oltre che da Clark stesso, e nemmeno i tanti ragazzi della S.Bernardo-Cinelandia potranno mai dimenticare la festa dopo il successo nel derby che ha saputo per la piazza canturina di redenzione dopo la sofferenza e i mesi bui dovuti alle magagne di Gerasimenko, le voci di auto retrocessione o peggio di fallimento.

I MIGLIORI

Il miglior giocatore canturino nel complesso è stato Wes Clark, leader tecnico più che motivo nella cavalcata che di fine 2019.
Insieme a lui abbiamo potuto ammirare Jason Burnell, uno dei tanti rookie a roster, che ha dimostrato di essere già pronto per questo livello grazie al suo atletismo e alla sua versatilità: rimbalzi, tiro dalla media, dalla lunga distanza e più che discreta visione di gioco, oltre che una rabbia agonistica senza pari. Probabilmente Burnell è già pronto per fare il cambio in una squadra che partecipare in una competizione europea come può essere l’EuroCup.

I PEGGIORI

Nonostante un inizio di stagione folgorante con una prestazione da MVP sul difficilissimo parquet di Brindisi, Cameron Young è stato senza dubbio il peggiore straniero di Cantù. Non fatevi ingannare dai quasi 10 punti di media. Tolta quella partita in Puglia, il classe 1996 non ha mai dato il proprio contributo – se non in piccolissima parte – alla causa dei lombardi.
Ci si aspettava qualcosa in più anche da Andrea La Torre, soprattutto visto il finale di 2018-2019 con Nicola Brienza. Coach Pancotto non lo vedeva e ha avuto molto meno spazio rispetto a quanto si sarebbe aspettato.
A questi bisogna aggiungere come nota a margine Joe Ragland. Il playmaker ha dato quell’esperienza e quella leadership necessaria a questa banda di rookie però non è mai entrato in una forma fisica adeguata e sono poche le gare dove ha fatto la differenza numericamente parlando a livello di punti. Certo, i quasi 6 assisi di media con l’high di 9 contro la Reyer non è poca roba, però ci si sarebbe aspettato qualcosa in più, questo lo si deve ammettere.

LE SORPRESE

Definire Andrea Pecchia una sorpresa sarebbe sbagliato, però al tempo stesso qualcuno aveva dei dubbi sul suo impatto in Serie A. Il ragazzo ex Treviglio ci ha messo veramente poco a fugare queste perplessità, diventando ben presto uno degli italiani U23 più interessanti – se non il più interessante – del panorama cestistico italiano.
Un altro classe 1997 che ha fatto molto bene è stato Kevarrius Hayes, probabilmente il miglior difensore del campionato. Il centro ex Florida ha sicuramente un futuro importante dinnanzi a sé, anche se deve migliorare a livello realizzativo per salire di livello e approdare in una squadra che gioca una competizione europea di un certo rango. Ma ci riuscirà.

IL FUTURO

Difficile parlare di futuro perché non sappiamo quanto questa pandemia inciderà sul budget canturino. Sicuramente in panchina siederà Cesare Pancotto e dietro la scrivania ci sarà Daniele Della Fiori. Del campo invece non si sa nulla. Certo, sarebbe già un ottimo risultato poter confermare un pacchetto di giovani italiani composto da Pecchia, La Torre, Simioni, con Procida magari in qualche squadra di A2 a farsi le ossa (Treviglio magari, visto che abbiamo parlato di Pecchia). Confermare gli americani sarà difficile, soprattutto Clark, Burnell e Hayes, senza parlare di Ragland. L’unico che potenzialmente potrebbe continuare il suo percorso in Brianza potrebbe essere Jeremiah Wilson perché, vista l’età, difficilmente potrebbe monetizzare questa sua stagione in qualche altro campionato europeo o in qualche squadra di vertice in Serie A.

VOTO COMPLESSIVO: 7

La stagione dei brianzoli è stata di sicuro molto più che sufficiente. La salvezza era stata conquistata virtualmente alla fine del girone d’andata e i playoff non sarebbero stati un’utopia. Tutto questo con il gruppo per età media più giovane della Serie A perché non dimentichiamoci che l’italiano più “vecchio” a roster era un classe 1997 (senza considerare Yancarlos Rodriguez che ha avuto comunque pochissimo spazio prima del suo ritorno a Roseto), con tre rookie e mezzo americani poiché l’anno scorso Clark ha saltato mezza stagione per infortunio a Brindisi.

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