Lottare e sgomitare nel mezzo della classifica per cercare di strappare un biglietto d’accesso ai playoff. Dopo il nono posto che Varese ha dovuto accettare alla fine della stagione 2018-19, classifica alla mano la compagine varesina chiude anche questa annata lì nel mezzo: buon ritmo casalingo e qualche guaio di troppo invece nelle partite in esterna che comunque non impediscono alla Openjobmetis di sognare e poter pensare di andare oltre le aspettative. Mantenendo un simile andamento casalingo e solidificando l’aspetto della convinzione anche in trasferta, se non si fosse presentata l’emergenza causata dal corona virus, i varesini avrebbero potuto considerare la post-season un obiettivo a loro portata.
UN BUON MERCATO DALLE RISORSE LIMITATE
Ripercorrendo la stagione sin dai primi passi, le risorse limitate non impediscono alla dirigenza di compiere nel complesso buone mosse sul mercato. Varese costruisce il roster attorno al nucleo consolidato di italiani formato dal trio Ferrero-Tambone-Natali, con l’aggiunta di Luca Gandini, per mantenere l’impronta che coach Caja ha dato ai varesini e aiutare i nuovi innesti a capire qual è la mentalità della squadra. Il mercato dettato dalle scelte del GM Andrea Conti insieme a coach ‘Artiglio’ marcano la volontà di dare alla squadra una notevole sferzata d’esperienza con l’arrivo di giocatori di calibro europeo come Milenko Tepic e Siim-Sander Vene, fresco di Eurolega con Gran Canaria e viso già noto e apprezzato dalla tifoseria bianco rossa grazie ai ricordi della stagione 2017-18 e il primo turno di playoff grazie ad una cavalcata da 12 vittorie in 15 partite del girone di ritorno. Le firme fondamentali del mercato varesino portano i nomi di alcuni giocatori che il campionato italiano non l’hanno mai testato o hanno solo mosso i primi passi come L.J Peak, classe ’96 firmato dopo un anno a Pistoia, Jason Clark, direttamente da Francoforte, e altri due americani con un passato da compagni di squadra a Scafati in A2 che nel corso della stagione dimostrano di essere l’asse portante della squadra: Josh Mayo e Jeremy Simmons. Questo parrebbe essere il roster definitivo pronto per affrontare il nuovo campionato ma appena prima dell’inizio della stagione, Clark subisce un infortunio muscolare e la dirigenza deve intervenire per sostituire per un mese l’americano trovando anche qualcosa di più di un rimpiazzo nell’estone Ingus Jakovics, una guardia più piccola dell’infortunato ma simile per la capacità di playmaking e reattività fisica su entrambi i lati del campo. Aggiustamenti che saranno ancora necessari anche a stagione in corso. Per sopperire alcune mancanze tecniche soprattutto nel reparto lunghi della second unit, a dicembre Varese scommette su Riccardo Cervi senza trovare però fortuna. Sette partite per il lungo, pochi minuti e spazio e divorzio consensuale a metà gennaio. Tra il mese di gennaio e la fine di febbraio, lasciano anche i due americani, Peak e Clark: il primo per ragioni tecniche, il secondo per assistere alla nascita della primogenita e riuscire a tornare negli USA prima dello scoppio del corona virus. Per coprire i due buchi, la troika Conti-Caja-Bulgheroni riesce ad assoldare l’ex Sassari Justin Carter e l’ex NBA Toney Douglas, due nomi interessanti per il contesto varesino che però purtroppo non riescono nemmeno a giocare la loro prima partita a causa dell’emergenza virus.
I DUE LATI DELLA MEDAGLIA
Dopo un debutto casalingo fuori giri contro la Dinamo Sassari, Varese comincia a prendere forma attorno soprattutto alle prestazioni individuali. Josh Mayo sfoggia il repertorio da capocannoniere assetato – così dicono i 17.4 punti di media nelle prime 10 prove – e di “Floor General” in grado anche di capire come e quando gestire i ritmi di gioco e mettere i compagni nelle condizioni di andare a canestro. A beneficiare maggiormente di quest’ultima qualità del play classe ’87 è soprattutto Simmons, il centro titolare di Caja, un lungo ancora da scoprire, dal carattere un po’ timido, ma che proprio nella prima trasferta sul campo di Trieste – nonché seconda gara in assoluto in Serie A – già fa intendere ai suoi avversari che il suo atletismo, alimentato da delle leve particolarmente lunghe e da una tenacia peculiare, sarà un cliente scomodo per chiunque. La sua stagione ai piani alti si accende proprio nella serata triestina con quei 17 punti, frutto di un preciso 8/10 dal campo, e la doppia cifra a rimbalzo che nel giro di poche settimane diventa una garanzia e una sicurezza per la OJM, oltre ad essere il marchio di fabbrica di un centro di “soli” 203 centimetri. Lungo il percorso, escono allo scoperto il gruppo e il gioco di squadra che contraddistinguono Varese ma l’andamento viaggia sulle montagne russe. Se prendiamo come campione le partite disputate tra le mura della Enerxenia Arena, la compagine varesina ha un ritmo invidiabile e forte delle 7 vittorie – su 9 partite – raccolte per gran parte grazie al tiro da tre punti più efficiente della Lega, 11.9 tiri segnati da oltre l’arco che in casa, appunto, diventano 12.3 su una media di 32.6 tentati, e il sesto miglior apparato difensivo che concede 76.7 punti per ospitata e produce 3.1 stoppate, il secondo miglior dato di tutta la LBA. Se sul parquet di casa Varese assomiglia ad una delle squadre più ostiche da battere grazie alla capacità dei suoi giocatori di interpretare bene lo stile “Three-and-D” ben impresso da coach Caja e alla spinta del pubblico, in trasferta al contrario vengono messe a nudo le insicurezze di una squadra ancora alla ricerca di un’identità consolidata. Fatta eccezione per una prova di carattere nella sconfitta del PalaDozza contro la Virtus, è lontano da Masnago che nascono i primi dubbi sul rendimento complessivo e ciò contribuisce a mettere sotto la lente d’ingrandimento anche le prestazioni altalenanti di alcuni giocatori sui quali esistevano grandi aspettative sin dalla firma in estate. Solo giungendo verso il giro di boa comincia a vedersi qualche miglioramento di approccio e resistenza anche sui campi esterni, ma manca ancora la freddezza nei momenti decisivi: a Treviso gli uomini di Caja trovano la seconda vittoria esterna stagionale, a Sassari sfiorano il colpo, ma con la Fortitudo cadono di nuovo confermando un trend negativo di 8 sconfitte su 9 gare fuori casa prima della sospensione e dell’annullamento definitivo del campionato.
I MIGLIORI
“Josh sarà uno dei giocatori cardine della nuova stagione; un condensato di esperienza e leadership” così Andrea Conti presenta Josh Mayo prima dell’inizio della stagione. Tanto desiderato dopo l’esperienza deludente con Ronald Moore, avere Josh in cabina di regia è un altro affare. Il play 33enne si afferma sin da subito il metronomo che scandisce canestri a suon di triple e incursioni al ferro e ritmi di gioco. Tra tutti i componenti del roster, grazie al suo vasto repertorio e la capacità di leggere il gioco, è l’unico componente che ha la libertà di muoversi più liberamente all’interno degli schemi di coach Caja. Il gioco dà i sui frutti: il numero 14 varesino si ritaglia subito un suo spazio tra i primi migliori marcatori del campionato dove alla fine della stagione occupa il sesto posto con 15.7 punti in 19 gare. Anche l’originario di Muster ha i suoi alti e bassi nel corso della sua terza stagione in Serie A, ma anche nei momenti più delicati è in grado di sfoggiare la giocata che indirizza la partita. La vittoria casalinga contro Venezia e i 15 punti derivanti da un perfetto 5/5 dal campo tra quarto parziale e tempo supplementare e con a referto, nei primi 30’ un povero 3/11 dal campo, ne sono la dimostrazione. Lui e Jeremy Simmons formano una coppia pericolosa ed esplosiva. Grazie anche all’intesa con il proprio playmaker, Simmons gioca una stagione al di sopra delle aspettative. Un fisico del tutto diverso a quello del suo predecessore Tyler Cain, che inizialmente aveva destato qualche sospetto, e invece è capace di levarsi di dosso ogni scetticismo collezionando 4 doppie-doppie e soprattutto 8 partite con un minimo di 10 rimbalzi e un massimo di 15 che fanno del centro americano il miglior rimbalzista del campionato con 9.3 palle recuperate nello spazio aereo. Sarebbe stato difficile prevedere una stagione di questo calibro per un giocatore alla prima esperienza ai piani superiori, ma è stato bravo ed abile, il lungo ex Montegranaro a sorprendere staff, tifosi ed avversari diventando il fulcro difensivo del team e facendo intendere comunque di aver degli spazi di miglioramento soprattutto sul versante offensivo. Più volte con l’andare della stagione prendendo confidenza col sistema e coi compagni, Simmons ha provato il tiro dalla media dando l’impressione di poter aggiungere anche questo tassello al repertorio offensivo.
LE SORPRESE
Dunque Mayo e Simmons, arrivati a Varese rispettivamente con un accordo biennale e un annuale, i migliori di una Varese che ha trovato soddisfazioni anche da altre pedine fondamentali per la costruzione di una squadra dall’animo coriaceo. Si parla di giocatori che hanno conquistato un posto in nazionale come Matteo Tambone che nonostante una partenza non brillante è stato capace di dimostrare che il duro lavoro e la continuità pagano. Silenzioso, ma efficace sia in cabina di regia, nella gestione del gioco e nelle letture su entrambe le parti del campo sia con la tendenza a saper segnare anche canestri pesanti; meritano anche Jason Clark e Ingus Jakovics, giocatori che partendo da zero hanno saputo dire la propria offrendo un contributo sostanzioso. Non è semplice trovare spazio a stagione già in corso eppure l’americano ha saputo tagliarsi un ruolo imparante all’interno del gruppo grazie alla sua versatilità su entrambi i lati del campo e soprattutto la naturalezza con cui attaccare il canestro (11.3 punti di media in 19 gare). L’estone è l’altra piccola sorpresa, una mina vagante in grado di tirare da ogni angolo della metà offensiva del campo, il sesto uomo di coach Attilio Caja insieme al capitano Giancarlo Ferrero, autore di un’altra stagione in crescendo di sostanza e di intensità in uscita dalla panchina coi suoi 7.5 punti ricavati dal 48% da due e un solido 39% da oltre l’arco.
LE DELUSIONI
La più evidente corrisponde a L.J. Peak. Lo statunitense alterna degli impressionanti ventelli casalinghi, come quelli delle vittorie contro Brindisi (22) e Roma (24), e alcune prestazioni sottotono che assumono le sembianze di un mancato adattamento alla tipologia di gioco richiesta da coach Caja, forse troppo schematizzata e rigida per lo stile del 24enne. Per questo motivo decide di scegliere di rescindere consensualmente e trovare un altro contesto in cui cercare di esprimere il proprio talento. All’interno di un pacchetto di giocatori che si contraddistinguono per esperienza e continuità, l’idea di Caja è sempre stata di affidare a Peak il ruolo di secondo violino, dietro al leader Josh Mayo, grazie alle sue capacità atletiche, ben evidenti sin dal primo anno a Pistoia, e alle sue abilità al tiro. Più volte nel corso della stagione, l’americano ha fatto balzare dai seggiolini l’Enerxenia Arena con giocate autorevoli o accettando duelli sul piano fisico ma non sempre, sia in casa sia in trasferta, è riuscito a portare sul campo la stessa intensità. Non gli si può recriminare la mancanza di volontà, bensì la costanza. Seppure la permanenza sia sta breve, rimane la curiosità di quello che avrebbe potuto fare l’ex centro della Nazionale Azzurra, Cervi, con la maglia varesina. Il ritorno da un lungo infortunio e l’adattamento ad un sistema di gioco che non esalta le sue caratteristiche non l’hanno aiutato ad esprimere le proprie qualità e contribuire all’interno di un sistema che per lunghi tratti della stagione ha fortemente avuto il bisogno di un centro solido e costante anche in uscita dalla panca per far fiatare Simmons.