Nella giornata di oggi Peppe Poeta ha ufficialmente dato l’addio al basket giocato, ma non al basket in generale: probabilmente molto presto rivestirà il ruolo di team manager nella nuova Italbasket di Gianmarco Pozzecco. “Peppuniello” è una vera e propria icona del nostro sport ed è stato in grado di unire tutte le tifoserie, anche quelle che l’hanno sportivamente odiato, grazie a un sorriso o una battuta sagace. Perché di questo stiamo parlando: di un uomo estremamente sagace.
Il più grande “perdente” della storia del basket italiano
Eppure Poeta “non ha mai vinto un c***o”, citando una sua famosa dichiarazione post vittoria della Coppa Italia del 2018 con l’allora Auxilium Torino, oggi ufficialmente fallita. Quel successo rappresenta in toto la vita professionistica del ragazzo di Battipaglia. Nessuno, nessuno avrebbe mai scommesso un centesimo su quella Torino. Ma poi – in un modo ancora oggi incomprensibile – quella squadra, guidata da un coach che non aveva mai allenato a livello nazionale prima di quella competizione e il cui MVP fu Vander Blue, giunto in Piemonte qualche settimana prima quasi per sbaglio e che oggi vivacchia tra Kosovo e Messico, vinse il secondo titolo più importante del basket italiano. La più grande underdog della storia della nostra pallacanestro a vincere una competizione.
Self-made man
Peppone ha sempre dovuto farsi da solo. È partito dal playground di Battipaglia a fine anni Novanta, non sapeva se diventare un grande cestista o un grande portiere (così dice lui) e alla fine – per fortuna di tutti – ha capito che tirare da 3 punti gli avrebbe assicurato una lunga carriera. Il punto di svolta tra l’essere un playmaker da minors e uno da quintetto in Nazionale è arrivato quando ne mise 51 in Serie B (record imbattuto, e forse imbattibile) con Veroli contro Forlì. Da quel momento fu un’ascesa rapidissima, che l’ha portato a vestire la maglia dell’Italbasket per più di 100 volte, e poi in EuroLega, alla Virtus Bologna, al Baskonia e quasi all’Olimpiade. Quasi, perché stiamo parlando pur sempre del più grande “perdente” della storia del basket italiano. Si scherza, ovviamente.
Peppe Poeta ha il cuore grande
Con il passare degli anni ha smesso di guardare il canestro con ossessione e ha iniziato a smazzare assist ai compagni come faceva con i drink all’Hollywood, ai tempi di Teramo. Lui stesso ce lo raccontò in una delle dirette di circa un anno fa: partiva con David Moss e Bruno Cerella dall’Abruzzo, dopo la partita delle 18.15, per fare serata a Milano. Storia vera, di un campione che potrebbe scrivere un libro con tutto quello che ha vissuto, specialmente ai tempi di Torino, città che è diventata casa sua. Magari il libro poi lo scriverà per davvero. Ma Peppe Poeta ha il cuore così grande che con la maglia della Vanoli Cremona, la sua ultima squadra di club, nella stagione 2020-2021, si è laureato (unica laurea della sua vita!) miglior assistman del campionato con 6.8 assist di media, più di campioni come Teodosic o Rodriguez, giocando 23 minuti a partita.
Grazie, Peppe
Dirgli grazie è troppo poco. Noi di BasketUniverso gli vogliamo bene, un po’ come lui ne vuole ad Andrea Capobianco. Gli vogliamo bene perché ha una visione che non ha nulla a che vedere con quella della maggior parte delle persone che prendono decisioni nel basket. Ed è semplicemente la verità: dietro quell’ironia e quel personaggio che si è costruito, ci sono idee sul futuro del basket italiano che lascerebbero a bocca aperta. Gli vogliamo bene perché è un ragazzo che è partito dal niente ed è quasi arrivato all’Olimpiade.
Persone del genere sono difficili da trovare. È davvero un peccato perdere Poeta come giocatore, ma non è un addio. Siamo contenti che continuerà a deliziarci con le sue battute, i suoi scherzi, i suoi sorrisi, ancora per molti anni. Non serve per forza avere un palmares ricco per entrare nel cuore delle persone e avere un impatto sul basket italiano. Grazie, Peppe ❤️
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