San Antonio Spurs – Memphis grizzlies, le pagelle: Leonard formato MVP, non basta la stoicità di Mike Conley

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San Antonio Spurs

Kawhi Leonard 8,5: è l’MVP a mani basse della serie, secondo il suo allenatore è attualmente il miglior giocatore della Lega, e guai a dargli torto. E’ decisivo in ogni vittoria ed è l’ultimo ad arrendersi anche nelle due sconfitte al Fed-Ex Forum, riscrive ogni record personale a livello di punti realizzati in post season e la squadra è ormai completamente nelle sue mani.

Tony Parker 7,5: il francese ringiovanisce per un momento ed è il mattatore della decisiva gara 6; la sfida con Conley lo esalta, perchè è tutta sul piano tecnico più che fisico: Parker dimostra ancora di potersi esprimere ad alti livelli, anche contro una difesa dura come quella di Memphis e da prova di una pericolosità ritrovata dal mid-range oltre che con le solite penetrazioni.

LaMarcus Aldridge 6,5: raggiunge i 20 punti segnati solo in gara-1, poi per il resto della serie sembra soffrire molto la fisicità dei lunghi di Memphis e spesso è impreciso al tiro, tanto che Popovich preferisce cavalcare a ripetizione il gioco perimetrale piuttosto che appoggiarsi a LMA vicino a canestro.

Danny Green 6: il suo 7/24 da 3 nella serie non è assolutamente sufficiente per coach Popovich, che avrà bisogno di un altro Green nel prossimo turno: contro Houston sarà chiamato ad un ruolo da protagonista in tutte e due le metacampo, dato che sarà chiamato a contrastare James Harden ed a mettere in difficoltà la difesa di D’Antoni facendosi trovare pronto sugli scarichi.

Patty Mills 7,5: il leader della second unit neroargento è una bomba a orologeria pronta ad esplodere: ogni allenatore vorrebbe un attaccante come Mills che porta punti ed energia appena mette piede sul parquet, precisione dalla lunga distanza e corsa sono le caratteristiche principali dell’australiano, che ha risposto presente ogni volta che coach Pop ha avuto bisogno di lui.

Manu Ginobili 5: 10 punti in gara 5 e 4 in gara 6 è il misero fatturato dell’argentino, che ha comunque molti minuti da coach Popovich (quasi 15′ di media) ma tira 5/23 dal campo. Contro Houston ci sarà bisogno di 2/3 partite di Ginobili da Ginobili, oppure sarà molto dura per i neroargento.

Pau Gasol 6: il catalano appare in una notevole parabola discendente, Popovich lo vuole sul perimetro ma è palese che Gasol non si trovi a suo agio, in difesa viene sballottato a destra e sinistra dai lunghi di Memphis, insomma tanti minuti ma poca efficacia. In questa serie è oggettivo il definitivo sorpasso nella gerarchia familiare da parte del fratello minore Marc.

David Lee 7: il voto così alto è sicuramente meritato per il lungo ex Knicks e Warriors: panchinato Dedmon in suo favore, Lee ha dimostrato di essere ancora più che presentabile sui due lati del campo ed offrire una versatilità in attacco che per Popovich è oro.

Coach Gregg Popovich 7: Dopo aver puntato tutto l’anno su Dedmon, decide di affidare il ruolo di centro titolare a David Lee, nonostante la pericolosità offensiva dei lunghi avversari, e come al solito coach Pop ci ha visto giusto; oltre alla mossa-Lee, l’ex marine affida tutte le chiavi dell’attacco in mano al suo numero 2, che lo ripaga, ampiamente.

 

Memphis Grizzlies

Mike Conley 7,5: è soprattutto merito suo se i Grizzlies arrivano fino a gara-6, “the conductor” risponde sempre presente quando viene chiamato in causa, la palla è nelle sue mani quando conta e dimostra ancora una volta di essere una delle più forti e complete point guard della Lega. I 35 punti, 9 rimbalzi e 8 assists di Gara-4, per uno con il suo corpo, sono la ciliegina sulla torta.

Marc Gasol 7-: stravince il duello a distanza col fratello Pau, il game-winner di gara-4 è per pochi al mondo, figuriamoci per uno che deve portare in giro il suo corpaccione. Alla lunga, paga molto la stanchezza ed il fatto di non avere compagni in panchina che lo possano far rifiatare, ma è uno degli ultimi ad arrendersi.

Zach Randolph 6,5: in gara 3 ed in gara 4, riproposto in quintetto al fianco di Gasol, si rivede il Randolph che uccise (sportivamente parlando) gli Spurs nel 2011, ma il chilometraggio è importante ed il ritmo imposto dagli Spurs è a volte troppo per Zach.

Vince Carter 7: giocare più di 32′ di media a 40 anni ed essere più che decorosamente in campo in una massima serie europea meriterebbe già la sufficienza, ma quando si parla di un highlander del genere in una serie di playoffs NBA ci si deve solo togliere il cappello. Vince Carter è un esempio vivente di professionalità e dedizione al gioco come pochi se ne sono visti nel corso della storia del Gioco. Chiude con 8/19 da 3 punti ed è l’unico che la mette con continuità dall’arco per i suoi.

Jamychael Green 5: il giovane lungo dimostra di essere per ora inadeguato ad una pallacanestro di playoffs NBA, tanto che Fizdale dopo 2 partite preferisce far giocare 40 minuti a Randolph piuttosto che vederlo in campo. Una buona gara-4 non cancella le altre 5 partite.

James Ennis III 6: l’assenza di Allen e Parsons lo costringe ad una maratona difensiva contro Leonard che fa di lui quello che vuole, l’ex Miami cerca in tutti i modi di contenerlo ma contro questo Kawhi è impossibile fare di più.

Andrew Harrison 6: il talento è limitato ma gli attributi sono notevoli, al fianco o al posto di Conley da minuti di qualità senza sfigurare ma senza nemmeno avere l’impatto che dall’altra parte ha il suo pari ruolo Patty Mills.

Coach David Fizdale 6,5: al primo anno da capoallenatore, e, di conseguenza, all’esordio nei playoffs, coach Fizdale continua a percorrere il cammino iniziato da Hollins e proseguito da Joerger: la pallacanestro dei Grizzlies rimane molto fisica ed ostica per tutti, paga le assenze di Allen e Parsons soprattutto nella metacampo difensiva, dove diventa impossibile arginare Leonard.

Francesco Manelli

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