All Star Game 2014, New Orleans, le pagelle: il Beli regala gioia, il format rovina lo SDC

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Dopo un weekend molto indaffarato, nella notte la NBA tornerà a “fare sul serio”. Questa settimana niente Top&Flop, ma una pagella dei protagonisti, nel bene e nel male, di questo All Star Weekend 2014, svoltosi a New Orleans.

Marco Belinelli, 10: forse siamo di parte, essendo italiani, ma non si può dare un voto alto al “nostro” Beli, capace di vincere il Three-Point Shootout alla prima apparizione, non casualmente per altro. La versione di quest’anno infatti permetteva di posizionare un carrello di sole money-ball (palloni che valgono due punti invece di uno) in una delle cinque postazioni di tiro. La guardia degli Spurs ha scelto l’ultima, l’angolo alla sinistra del canestro, scelta risultata azzeccatissima: 24 punti nel “supplementare” contro Beal e trofeo in tasca, che per quanto poco possa contare, è sicuramente un riconoscimento che dà atto all’italiano di essersi ritagliato un buono spazio nella Lega.

John Wall, 8: il playmaker dei Washington Wizards, con una schiacciata da urlo saltando la mascotte della propria franchigia, fa affermare a Dominique Wilkins, non proprio l’ultimo arrivato, che “Slam Dunk is back”. Viene eletto Dunker of the Night nello Slam Dunk Contest di cui è assoluto protagonista, oltre a questo partecipa anche alla partita della Domenica per la prima volta in carriera e realizza 12 punti in 15 minuti.

Damian Lillard, 7: il giocatore dei Portland Trail Blazers è il primo della storia a partecipare a cinque eventi nell’arco dell’All Star Weekend (Rising Stars, Slam Dunk Contest, Three-Point Shootout, Skills Challenge, All Star Game). Sfortunatamente per lui, Lillard vince “solo” lo Skills Challenge, deludendo forse un po’ nella gara del tiro da tre punti e giocando solo 8 minuti nella partita della Domenica. Alla gara di schiacciate, realizza la propria migliore dunk al primo round, di cui parleremo più avanti.

Kyrie Irving, 8.5: la prima scelta del 2011 si prende la propria rivincita con chi lo aveva criticato per una stagione regolare sottotono. Il playmaker dei Cavs dimostra di essere ancora una stella e di meritare appieno la presenza nel quintetto dell’Est all’All Star Game, venendo eletto MVP dopo una prestazione monstre da 31 punti e 14 assist in 33 minuti con 14/17 al tiro. Partecipa anche al Three-Point Shootout, ma si deve arrendere a Bradley Beal, non riuscendo a vincerlo per il secondo anno di fila.

Harrison Barnes, 5: è la vera delusione tra i partecipanti dello Slam Dunk Contest. C’è chi dice che il giovane giocatore dei Warriors sia più uno schiacciatore da partita e non da show, fatto sta che l’ex North Carolina mostra schiacciate normalissime e banali per una gara che invece premia la spettacolarità. Forse, con un altro Barnes, l’Ovest avrebbe avuto più voce in capitolo allo Slam Dunk Contest.

Mercato NBA, sv: di solito l’All Star Weekend, a pochi giorni dalla trade deadline, è l’occasione per le dirigenze di parlare di eventuali scambi. Quest’anno invece il mercato NBA non è pervenuto, zero rumors e zero trade intavolate.

Blake Griffin, 7: il lungo dei Los Angeles Clippers parte in quintetto per l’Ovest all’All Star Game, unica apparizione lungo il weekend, e realizza 38 punti, miglior marcatore della partita (insieme Durant). Sulla spettacolarità non c’è bisogno di spendere altre parole, sono invece necessarie riguardo i 19 tiri messi a segno (su 23 tentativi), che sono il nuovo record per l’All Star Game.

Difese dell’ASG, 3: si sa, l’All Star Game non spicca per tenacia difensiva, ma quello andato in scena a New Orleans è stato uno scempio. La pochezza delle difese ha prodotto un nuovo record di punti dell’ASG con 318 (163-155), con giocatori che preferivano lasciar passare l’avversario piuttosto che accennare ad una resistenza.

Carmelo Anthony, 7.5: c’è chi dice che forse avrebbe avuto voce in capitolo per l’assegnazione dell’MVP dell’All Star Game. Il giocatore dei Knicks si scrolla di dosso i rumors riguardanti il suo futuro e ne scarica 30 in 30 minuti, realizzando il nuovo record per triple segnate in un All Star Game con 8 su 13 tentativi.

Lebron James, 6.5: probabilmente siamo così abituati a vederlo dominare, che una prestazione da 22 punti in un All Star Game ci lascia ormai indifferenti. Il #6 degli Heat non spinge troppo, tira con il 50% dal campo in una partita in cui la sua squadra tira con il 61, aggiungendo però 7 assist e 7 rimbalzi, ordinaria amministrazione.

Kevin Durant, 8: partecipa solo alla partita della Domenica e allo Shooting Stars del Sabato. Nella gara di tiri impossibili raggiunge la finale, ma si deve arrendere di fronte alla squadra di Chris Bosh, nell’All Star Game domina con 38 punti, 10 rimbalzi e 6 assist, una prestazione impressionante, ma ormai siamo abituati a vederlo così anche in stagione regolare.

Joe Johnson, 4: evidentemente non si era molto preparato al Three-Point Shootout. C’è chi sostiene che sia ancora a New Orleans a concludere il proprio turno, davvero troppo lento. Esce al primo turno con il punteggio più basso di tutta la competizione. La Domenica invece, occupante un posto secondo molti immeritato, produce solo 5 punti in 10 minuti con 2/7 dal campo.

Nuovo format SDC, 3: forse è stata la delusione più grande dell’All Star Weekend. I nomi per lo Slam Dunk Contest non mancavano: John Wall, Paul Goerge, Damian Lillard, Terrence Ross, Ben McLemore; eppure la NBA ha rovinato tutto proponendo questo nuovo format in cui viene disputato un primo round inutile e nemmeno spettacolare, valevole solo per scegliere chi si sarebbe esibito per primo nel secondo round. Il format degli anni scorsi andava benissimo, erano i nomi a scarseggiare. Due parole anche sulla divisione in Conference di tutte le competizioni: questo plasmare a torneo a eliminazione i vari eventi non giova alla spettacolarità, sarebbe stato meglio il buon vecchio “tutti contro tutti”.

 Shaquille O’Neal, 7.5: fa una comparsa in tutto il weekend, in occasione della schiacciata finale di Ben McLemore, e la sua idea vale quasi come l’intero numero. Prima annuncia Shaq-Lemore from the land of Shaqramento, poi si siede sul trono saltato dal giocatore dei Kings e infine incorona il suo prediletto dopo la schiacciata. Anche dopo il proprio ritiro, Shaq ha quel qualcosa che rende lo show di un altro livello e lo ha dimostrato per l’ennesima volta.

Kevin Hart & Arne Duncan, 7: protagonisti del Celebrity Game, il primo vince il premio di MVP, votato dai fans, immeritatamente. Il secondo chiude in doppia-doppia dominando. Alla fine Hart si dimostra molto sportivo e cede il proprio MVP al politico, un bel gesto.

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Francesco Manzi

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