Da Stephenson a Cousins: tutti gli snobbati per l’All Star Game di quest’anno

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Ogni anno, quando l’NBA ufficializza le scelte dei coach per l’All Star Game, come ogni anno ci sono i giocatori che, pur meritando la chiamata, non sono stati convocati a causa del numero limitato di posti disponibili. Anche quest’anno ci sono state numerose polemiche, vediamo quali sono i giocatori esclusi e quali, a seconda delle rinunce, potrebbero rientrare comunque. Qui invece i convocati.

 

EASTERN CONFERENCE

 

Al+Jefferson+Atlanta+Hawks+v+Charlotte+Bobcats+o-YvrkJsWHhlAl Jefferson: 19.9 punti, 10.7 rimbalzi, 2.1 assist, 0.9 rubate, 1.2 stoppate, 48.9% dal campo, 67.8% ai liberi 

La stagione del lungo dei Bobcats, che in estate ha firmato un contratto da 13.5 milioni di dollari a stagione per i prossimi 3 anni (l’ultimo è una player option), è assolutamente eccezionale. Sta conducendo i Bobcats, fino allo scorso anno una delle peggiori squadre della lega, ai playoff, pur aiutati dalla situazione assai deprimente della Eastern Conference, in cui ben 10 squadre su 15 hanno un record negativo. Al suo posto tra i lunghi dell’Est sono stati selezionati Chris Bosh e Paul Millsap, due giocatori che pur non mantenendo le statistiche di Big Al, sono imprescindibili per le loro squadre, rispettivamente i campioni in carica dei Miami Heat e gli Atlanta Hawks, la vera sorpresa dell’Eastern Conference.

 

Andre Drummond: 12.6 punti, 12.7 rimbalzi, 0.4 assist, 1.4 rubate, 1.8 stoppate, 60% dal campo, 40% ai liberi.

Altro lungo, situazione differente. Mentre Jefferson è un giocatore affermato da anni che fa dell’attacco e dei movimenti in post il suo punto di forza, Drummond è solo un sophomore che fa la differenza principalmente a rimbalzo ed in difesa grazie al suo atletismo. Il prodotto di UConn è una delle poche note liete della stagione dei Detroit Pistons che, dopo i grandi investimenti estivi, puntavano a ben altro piazzamento nel derelitto est (sono decimi con un record di 18 vittorie e 27 sconfitte). Con il suo atletismo totalmente debordante è capace di spaccare in due la partita (soprattutto difensivamente grazie all’ottimo senso della stoppata), ma i palesi limiti in alcuni fondamentali di gioco, soprattutto la pochezza dei suoi movimenti in post basso, la pessima percentuale ai liberi e l’incapacità di giocare a più di 3 metri dal ferro, hanno fatto propendere i coach a scegliere altri giocatori al suo posto. Ci saranno sicuramente altre occasioni per lui, soprattutto considerate età (è appena un 93!) e potenziale.

 

Arron Afflalo: 20 punti, 4.3 rimbalzi, 3.7 assist, 0.6 rubate, 47.1% dal campo, 42.1% da tre, 83.3% ai liberi.

La guardia dei Magic è uno dei candidati più autorevoli al premio di Most Improved Player insieme a Lance Stephenson, di cui parleremo più avanti. Le sue medie sono sicuramente eccezionali, soprattutto considerando che fino a 2 anni fa era noto principalmente conosciuto per le sue doti difensive e il suo tiro da fuori, ma non sono bastate per essere convocato all’All Star Game: a lui sono stati preferiti DeMar Derozan (autore di una buonissima stagione a Toronto) e Joe Johnson (la sua chiamata è la più discutibile e discussa).

 

Lance Stephenson: 14.2 punti, 7.2 rimbalzi, 5.4 assist, 0.7 rubate, 49.9% dal campo, 34.4% dal tre, 67.5% ai liberi.

In molti gli hanno già assegnato virtualmente il titolo di Most Improved Player. Non male per un ragazzo che, dopo le annate da assoluta star nel liceo di Lincoln a Coney Island si era perso tra problemi caratteriali e di decisioni del college. Quest’anno sta vivendo la stagione della consacrazione assoluta, ha già realizzato 4 triple doppie e sta migliorando ogni singola voce statistica rispetto all’anno passato. E’ uno dei pezzi fondamentali nella rincorsa al titolo dei Pacers e, probabilmente, meritava di essere chiamato al posto di Joe Johnson.

keyplayer_kyle_lowryKyle Lowry: 16.7 punti, 4.3 rimbalzi, 7.6 assist, 1.6 rubate, 0.2 stoppate, 43% dal campo, 40% da tre, 79% ai liberi.

Perennemente sul mercato da oltre un mese, ha risposto alla grandissima portando insieme a DeRozan (che però è finito tra le riserve dell’All Star Game) i Toronto Raptors in zona Playoffs, anzi, addirittura terzi a Est, dietro soltanto a Pacers e Heat. In questa stagione Lowry ha rifatto vedere quello che di buono aveva mostrato nella sua ultima stagione agli Houston Rockets e che l’anno scorso era mancato. Al suo posto, come per altri in classifica, è stato chiamato Joe Johnson, titolare con i Nets di un record peggiore e di cifre più basse. Non c’è dubbio che Lowry si meritasse più di JJ la convocazione quest’anno.

 

WESTERN CONFERENCE

 

DeMarcus_Cousins_Kings_December_2012DeMarcus Cousins: 22.6 punti, 11.6 rimbalzi, 3 assist, 1.8 rubate, 1.2 stoppate, 48.8% dal campo, 72.1% ai liberi.

La stagione di DMC finora è stata eccellente, a differenza di quella dei Sacramento Kings. È la sua miglior stagione in NBA, ha affinato molte delle doti che aveva già mostrato negli anni passati, a partire dal tiro dalla media e dalla presenza a rimbalzo, ma la fragilità mentale è il suo vero punto debole. DeMarcus infatti è spesso autore di comportamenti fuori dagli schemi, come l’aver impedito a Thomas di stringere la mano a Chris Paul dopo una partita combattutissima persa dai suoi Kings contro i Clippers, e di numerosi litigi con gli arbitri che gli hanno regalato il poco invidiato record di giocatore che commette più falli a partita, ben 3.9, che ne stanno limitando l’impiego sul parquet, fermo ad “appena” 32 minuti per partita. Non appena eliminerà gli ultimi difetti, l’NBA potrebbe avere il nuovo lungo dominante per i prossimi 10 anni.

 

Anthony Davis: 20.4 punti, 10.4 rimbalzi, 1.4 assist, 1.5 rubate, 3.3 stoppate, 51.9% dal campo, 76.2% ai liberi.

È solo la sua seconda stagione in NBA, ma il Monociglio sta già mettendo le cose in chiaro: sarà lui il giocatore simbolo della lega nei prossimi anni. Dopo la prima stagione abbastanza in sordina, la prima scelta più attesa degli ultimi anni (in attesa di quelle 2014) sta già dimostrando il suo immenso potenziale. Difensivamente è già nell’elitè della lega, ma è soprattutto offensivamente che sta sorprendendo, realizzando oltre 20 punti di media. Oltre a qualche buon movimento in post, è già abbastanza affidabile nel gioco dalla media distanza, cosa molto rara nei giovani lunghi dell’NBA moderna. Sarà molto probabilmente lui il sostituto di Kobe Bryant designato dal nuovo commissioner Adam Silver.

 

dragic_20Goran Dragic: 19.9 punti, 3.4 rimbalzi, 6.1 assist, 1.3 rubate, 50% dal campo, 39% da tre, 78% ai liberi.

È l’assoluto protagonista, insieme ad Eric Bledsoe, della straordinaria cavalcata dei Phoenix Suns verso i playoff. La franchigia dell’Arizona è, infatti, la vera sorpresa dell’annata NBA: la loro stagione era partita con il progetto di tankare per ottenere una scelta altissima al draft 2014, uno dei più attesi di sempre, ma coach Hornacek sta riuscendo nell’impresa di condurre la squadra ai playoff. Goran insieme a Bledsoe, prima dell’infortunio di quest’ultimo, costituiva una delle coppie di guardie più atipiche della lega, sostanzialmente avevano medie pressoché uguali in ogni voce statistica, benché con caratteristiche differenti: lo sloveno infatti è un giocatore più abile nella gestione del gioco e nel tiro dalla medio-lunga distanza, mentre Bledsoe è un difensore e un realizzatore nei pressi del ferro migliore. Anche lui è uno dei principali candidati a sostituire Chris Paul in caso di rinuncia del play di Clippers.

David Lee: 19.1 punti, 9.8 rimbalzi, 2.3 assist, 0.5 rubate, 0.4 stoppate, 52% dal campo, 80% ai liberi.

Il suo compagno Stephen Curry è stato convocato per la prima volta, lui è stato invece escluso per il secondo anno di fila con qualche rimorso. In questi Golden State Warriors, veloci e probabilmente la squadra più divertente della NBA, David Lee viene messo un po’ in ombra dagli Splash Brothers, il lungo ex Knicks è comunque solidissimo e mantiene cifre di tutto rispetto, soprattutto se considerato che lavora in coppia con Andrew Bogut, uno dei migliori rimbalzisti in circolazione. Lee può essere determinante sotto le plance, ma negli anni ha sviluppato anche un gioco perimetrale che gli consente di aumentare la propria pericolosità sul parquet, da non sottovalutare quindi quel 52% al tiro. Purtroppo la grande quantità di lunghi di spessore a Ovest (Kevin Love, Blake Griffin, Dwight Howard solo per fare alcuni nomi) ha chiuso ancora una volta le porte dell’All Star Game a David Lee.

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Redazione BasketUniverso

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