ATTACCO: Partendo dal presupposto che l’indole dei giocatori inerente la metà campo offensiva è assai diversa, non possiamo non considerare quanto fatto dal canadese nei suoi migliori anni con la casacca dei Suns, quando decideva chi doveva vivere e chi morire sulle sue invenzioni. Kidd si è contraddistinto come attaccante fisico, più calcolatore, con meno creatività ma altrettanto efficace, in grado con la passare degli anni di diventare uno specialista (da qui la J ri-acquisita dopo anni di sfottò degni dei più significativi ultras) . Tuttavia, considerando l’attenzione che i rispettivi giocatori riservavano all’attacco, premiamo Nash.
DIFESA: Difficile anche solo tentare di paragonare i due come difensori puri. Il tallone d’Achille del nativo di Johannesburg (nato in Sudafrica) è sempre stato la metà campo difensiva, cui diverse volte ha ovviato, facendosi volutamente battere dal palleggio tentando di rubar palla da dietro o nascondendosi tra le linee di passaggio per cogliere tutti di sorpresa, ma sappiamo benissimo i suoi limiti in questo aspetto. Discorso estremamente differente per Jason Kidd, difensore magistrale, in grado di ricoprire più ruoli, gestendoli alla perfezione. Commoventi le Finals 2011, dove il nativo di San Francisco resse difensivamente senza mai soffrire due giocatorini trovatisi lì per caso, i nomi? Dwyane Wade e LeBron James. Inutile dire chi scegliamo.
GESTIONE GIOCO: Veniamo dunque allo “stare in campo”, alla gestione della partita, dannatamente rivelatrice di un giocatore, come la carta d’identità per una persona. Il canadese sopperisce alle sue carenze fisiche con un ritmo molto incalzante, ma nulla può fare sulla mediocre media a rimbalzo (3 in tutta la sua carriera, con un picco di oltre 4 nel suo anno più luminoso in Arizona, il 2005-2006) e sulla non rilevante media di palloni rubati, degni di nota i suoi 8.5 assist in carriera a stagione, con diversi exploit sopra i 10 di media, ben 7 volte. Lo statunitense può a tutti gli effetti esser considerato un AAP, davanti alla sua superba tendenza a rimbalzo per essere una PG (6.3 di media, terminando 7 annate con più di 7 rimbalzi), alla sua considerevole quantità di assist distribuiti (12091, 8.7 di media) e ai suoi 1.9 palloni rubati a stagione. Confronto che finisce ancor prima di iniziare anche sotto questo aspetto.
LEADERSHIP: Leader,è la prima parola con cui si potrebbero descrivere, carismatici, l’aggettivo. Molto più emotivo il canadese, più freddo ma non meno coinvolto lo statunitense. Capaci di essere un tassello fondamentale sia da go-to-guy, sia da comprimari (di extralusso), in linea di massima si equivalgono.
CLUTCH: I clutch shot del canadese hanno ampiamente raggiunto la doppia cifra di media e andando a memoria ne ricordiamo due di pregevole fattura nella serie PO 2004-2005 contro i Dallas Mavericks. La sua determinazione ed il suo rilascio estremamente rapido gli hanno permesso di ritagliarsi uno spazio importante in questa particolare classifica. Il nativo di San Francisco ha sicuramente messo a segno molti meno clutch shot nella sua carriera, tuttavia, se dovessimo sceglierne uno, andremmo sicuramente con quello realizzato in GM 1 delle ECF 2003, al Palace of Auburn Hills di Detroit.
VERDETTO: La nostra sfida si conclude in parità sul 2-2 e le categorie sono ben poco modificabili, trattandosi in linea generale di “vittorie” abbastanza nette. L’impronta soggettiva può dare più o meno importanza ad un giocatore ma non vi è dubbio che stiamo parlando delle due migliori PG degli ultimi 15 anni. Personalmente, se dovessi scegliere prenderei tutta la vita il campione NBA 2011, più che altro per il fatto di essere dannatamente in grado di reggere il confronto anche nella metà campo difensiva, anche con atleti ben più piazzati di lui.