The Flintstones

Home Rubriche

Mateen, Morris e Charlie sono tre ragazzi accomunati dalla stessa passione, quella per la palla a spicchi e dal fatto di essere nati in uno degli ultimi luoghi dove si vorrebbe vivere in America, Flint, città di 100.000 anime caratterizzata da tassi di criminalità e disoccupazione tra i più alti degli Stati Uniti, che fa parte della cosidetta “Rust Belt”, la cintura di ruggine, quella parte del nord-est degli States fortemente dipendente dall’industria meccanica e metallurgica. Flint è una città a forte base operaia, qui vivono i blue collars, i padri di famiglia che negli ultimi decenni hanno dovuto fare i conti con la progressiva chiusura della General Motors e con le conseguenti impennate improvvise della disoccupazione. I tre ragazzi provengono tutti dalla comunità afro-americana della città, che vive in maggioranza nel nord di Flint, zona dove “la polizia non prova neanche ad entrare”, come dichiarò una volta Mateen; fin da piccoli cominciano a conoscersi e a frequentarsi e capiscono che il basket può essere il modo per dare una svolta ad una vita che non pare facile, può essere il modo per ottenere una borsa di studio ed andare all’università. Prima però bisogna fare il liceo e i tre, a sorpresa, scelgono tre high-school diverse: Flint Northern per Mateen Cleaves, Flint Northwestern per Morris Peterson e Flint Southwestern per Charlie Bell (che ha un anno in meno degli altri due).

103160-a1e4cf6c-06f6-11e4-8f5c-fd2015ae61d5Tutti e tre si fanno notare per il loro stile di gioco, ma soprattutto per la loro leadership e le sfide tra i loro licei attirano l’attenzione di parecche università. Quando Morris e Mateen sono arrivati all’ultimo anno sembra che il destino debba ancora dividere i due ragazzi cresciuti assieme; il primo infatti ha deciso di andare a giocare per Michigan State University, dove indosserà la maglia biancoverde degli Spartans mentre Mateen sembra destinato a University of Michigan, ma durante una notte di Marzo del ’96 cambia tutto: Cleaves è a bordo della Ford dell’athletic director di Michigan assieme ad altri 4 giocatori di liceo quando, per circostanze mai chiarite, l’auto sbanda, finisce fuori strada e si ribalta; miracolosamente tutti sono illesi ma il giorno dopo la notizia è al centro della cronaca e costringe l’università alle scuse; scuse che non convinceranno Mateen che, spinto dalla famiglia, decide di “ripiegare” su Michigan State. La prima stagione dei due non è facilissima e la squadra non si qualifica neanche al torneo NCAA, nell’estate successiva però Charlie Bell non ha dubbi e decide di raggiungere i due amici ad East Lansing.

STF
Da sinistra a destra: Charlie Bell, Morris Peterson e Mateen Cleaves, i Flintstones

Gli Spartans si ritrovano quindi con tre giocatori di enorme carisma in squadra ed uno dei possibili problemi è quello di riuscire a trovare un vero leader, ma fin dal primo allenamento i tre si rendono conto che il vero leader sta seduto in panchina: Tom Izzo, un uomo i cui metodi di allenamento sembrano azzeccati per il nick-name della squadra, Spartans, uno dei più celebri, chiamato “The War”, consisteva nell’andare tutti a rimbalzo dopo un tiro da tre (che in genere veniva scoccato dalla mano mancina di un pazzesco tiratore come Peterson). Fin qui nulla di troppo strano se non fosse che i giocatori venivano equipaggiati con elmetti e protezioni da football e nei taglia-fuori per riuscire a prendere il pallone i compagni di squadra non si risparmiavano l’uno con l’altro. Tom Izzo attua con la sua squadra metodi d’allenamento simili a quelli usati dai marines, ha uno sguardo ruvido e aspro, ma è in grado di comprendere a pieno i problemi dei suoi giocatori. Nulla spiega meglio il coach di chiare origini italiane delle parole di un altro giocatore che qualche anno più tardi passerà per East Lansing, Draymond Green, che ora sta facendo bene a Golden State “Izzo è la persona che annichilisce il tuo fisico la mattina e la stessa persona che alle 2 di notte risponde al telefono per parlare con i suoi giocatori di come si possa migliorare la squadra. Per molti ragazzi è un confidente, un uomo che ha un’estrema fiducia nella sua squadra, tanto che sono i giocatori, non lui, a decidere il minutaggio in campo. Nella stagione 1997-98, con i tre ragazzi di Flint che per la prima volta si trovano nella stessa squadra, gli Spartans partono alla grande, disputano un’ottima regular season e tornano a vincere la Big Ten dopo otto anni, vittoria che vale il n.4 del tabellone nel torneo NCAA che si apre con le vittorie contro Eastern Michigan e Princeton (fra le cui fila gioca Mason Rocca), la squadra è però eliminata alle Sweet Sixteen da North Carolina; a fine stagione Mateen Cleaves è inoltre nominato all-american e giocatore dell’anno per la Big Ten. Nel frattempo tutti gli Stati Uniti hanno visto durante le gare del torneo il modo in cui giocano e si capiscono i tre ragazzi di Flint ed il soprannome con cui da quel momento in poi saranno identificati è tanto semplice quanto evocativo: Mateen, Morris e Charlie sono i Flintstones.

Tom Izzo, sempre incontenibile in panchina.
Tom Izzo, sempre incontenibile in panchina.

Izzo è profondamente convinto che quello dei Flintstones sia un progetto a lungo termine e che a passi graduali si possa arrivare al successo e le sue intenzioni saranno confermate nella stagione successiva, quella da junior per Cleaves e Peterson e da sophomore per Bell: Michigan State si conferma una squadra che è definitivamente tornata nell’elitè del college basket e disputa un’altra ottima stagione vincendo ancora la Big Ten e questa volta, nel torneo NCAA, a fianco del nome degli Spartans c’è il n.1. I tre ragazzi non deludono le aspettative, disputano grandissime partite e portano la squadra alle Final Four dopo vent’anni esatti, quando la maglia biancoverde era indossata da un certo Earvin “Magic” Johnson, ragazzo nato e cresciuto ad East Lansing, che avrebbe dato in quel lontano 1979 quello che fino a quel momento era l’ultimo, ed unico, titolo della storia al college della sua città; ma nel 1999 l’avversario si chiama Duke e la squadra di Mike Kryzewski riesce a sconfiggere la squadra di Izzo sul suo terreno, quello delle partite dure e fisiche, vincendo 68-62.
L’anno successivo, 1999/00, è anche quello da senior per Mateen e Morris; è la loro ultima occasione, e i due cominciano a lavorare duramente fin dall’estate perché quest’anno le Final Four devono essere vinte, come sempre Tom Izzo guida gli allenamenti con il pugno di ferro ma i ragazzi diranno che durante tutta quella stagione il suo atteggiamento sarà diverso dal solito, molto spesso lascia a Cleaves la guida degli esercizi e alla stampa ripete che quella che ha tra le mani è una squadra che ha qualcosa di speciale. Anche perché alla squadra è stato aggiunto un altro giocatore, un giovane freshman, anche lui nato e cresciuto nel Michigan, dotato di un atletismo straordinario e che esalta il Breslin Center con i suoi voli oltre l’altezza del ferro, Jason Richardson.

ncb_g_cleaves-peterson_mb_576L’anno non inizia benissimo: Cleaves s’infortuna al piede destro e salta i primi due mesi di stagione, ma torna giusto in tempo per le gare di conference dove gli Spartans mettono in mostra un gioco straripante soprattutto dal punto di vista fisico, qualcosa che raramente si era visto prima nel college basket; Mateen è il vero leader della squadra e viaggia in doppia-doppia di media, Morris si conferma realizzatore di prim’ordine e tiratore letale, qualità che gli varranno il premio di giocatore dell’anno per la Big Ten, mentre Charlie si afferma come un difensore con pochi eguali. Gli Spartans vanno a vincere la regular season della Big Ten, i giochi sono ormai fatti ma bisogna prima giocare la Senior Night, l’ultima partita in casa della stagione, in cui i senior disputano l’ultimo match di fronte al loro pubblico prima di lasciare l’università, la partita in cui Mateen Cleaves e Morris Peterson calcano per l’ultima volta il parquet del Breslin Center e in cui l’avversario sono gli eterni rivali di Michigan. Descrivere quella partita è difficile, basti il risultato: 114-63 per Michigan State, Cleaves gioca una partita mostruosa mettendo a segno 20 assist (record in una singola gara per la Big Ten), quando esce dal campo s’inchina e bacia l’elmo, simbolo dell’università, dipinto a metacampo sul parquet facendo impazzire la folla, gli Spartans tirano con percentuali irreali da oltre l’arco e trovano il loro miglior realizzatore in A.J. Granger, lungo bianco che non salta neanche la Gazzetta, ma che in quella magica serata mette a segno sei triple, anche Granger è un senior e difficilmente si scorderà questa partita, semplicemente gli Spartans hanno giocato la gara perfetta.
La squadra va a vincere anche il torneo della Big Ten e si presenta al torneo NCAA, alla March Madness come n.1 del tabellone; i ragazzi di coach Izzo giocano una pallacanestro dura e fisica che rispecchia perfettamente la filosofia del loro allenatore, ormai hanno acquisito tanta esperienza, anche grazie alle sconfitte degli anni precedenti, e sono determinati, consci del fatto che per molti di loro, forse tutti, quella è l’occasione della vita e non sono intenzionati a lasciarsela sfuggire. I risultati si vedono subito in campo: nel primo turno Valparaiso è tenuta a soli 38 punti e anche nelle gare successive contro Utah e Syracuse i ragazzi in verde mettono in campo un’intensità difensiva di altissimo livello, la vittoria contro Iowa State nella finale del regional vale l’accesso alle Final Four, che in quel 2000 si disputano nello stato dove il basket è qualcosa di più che un semplice gioco, l’Indiana, per essere precisi all’RCA Dome di Indianapolis.

Mateen Cleaves in finale contro Florida.
Mateen Cleaves in finale contro Florida.

L’avversario in semifinale è però molto ostico: Wisconsin, altra squadra della Big Ten, a sorpresa arrivata alle Final Four, i Badgers giocano un basket che molti, a torto o a ragione, definirebbero orrendo, che soffoca letteralmente gli avversari e che ti costringe a giocar male; il primo tempo rispetta le attese e all’intervallo siamo sul 19-17 per gli Spartans. Usciti dagli spogliatoi Mo Peterson si prende i compagni sulle spalle, piazza tre triple in fila e sigla quasi da solo il parziale di 13-2 che svolta definitivamente la partita e che da a Michigan State la vittoria 53-41.
L’ultimo ostacolo tra i Flintstones ed il titolo NCAA si chiama Florida, è guidata in panchina da Billy Donovan e gioca una particolare difesa con pressing a tuttocampo: la all-press everything. Gli Spartans però non sembrano essere intimoriti, trovano subito efficaci soluzioni contro la difesa di coach Donovan e all’intervallo conducono in scioltezza 43-32. Tutto sta andando bene, ma quando mancano 16:18 al termine Mateen attacca il ferro, sviene sbilanciato e cade male, la sua caviglia si gira e Cleaves si accascia a terra urlando; la panchina degli Spartans, i tifosi arrivati all’RCA Dome da East Lansing, i tanti davanti al televisore pensano tutti la stessa cosa: non adesso, non a lui. Mateen è costretto ad andare negli spogliatoi e Florida comincia pericolosamente ad avvicinarsi, ma dopo pochi minuti dall’infortunio le telecamere inquadrano l’uscita del tunnel e Cleaves che rientra nell’arena tra le urla dei tifosi di Michigan State. Ha la caviglia fasciata, fatica a correre ed ha sul volto una smorfia di dolore ma è lui il vero leader in campo, un suo jumper fa saltare in piedi tutta l’arena; trascinati dalla sua spinta emotiva gli altri Spartans si risvegliano e una tripla di Mo Peterson ed un gioco da tre punti di Charlie Bell chiudono definitivamente i giochi, finirà 89-76 per Michigan State con il titolo che 21 anni dopo Magic torna ad East Lansing. Non ce ne vogliano gli altri due Flintstones ma la finale è la partita di Mateen Cleaves, quella in cui ha lottato anche contro un serio infortunio alla caviglia, perché come dichiarerà nel dopo-gara, dopo un lunghissimo abbraccio tra lui e coach Izzo, con entrambi in lacrime “Ci sono giocatori che si fanno male a un dito e stanno fermi un mese, io per giocare questa partita mi sarei anche fatto amputare una gamba in modo da tornare subito in campo”.

Il momento che meglio rappresenta i 4 anni di Cleaves in maglia Spartans.
Il momento che meglio rappresenta i 4 anni di Cleaves in maglia Spartans.

Quel 3 Aprile del 2000 fu il punto più alto nella carriera sportiva dei Flintstones, di tutti i giocatori in maglia bianco-verde e anche in quella di Tom Izzo, fu, come recita la canzone della CBS che accompagna la March Madness lo “shining moment”, il momento di massima luce; quando però si arriva in alto aumenta anche il rischio di cadere e di farsi male e così fu per Mateen che trascorse una carriera nell’anonimato in NBA, finì a giocare in D-League e in leghe minore europee, era l’ombra del giocatore ammirato in quei 4 anni ad East Lansing, cercò una via d’uscita rifugiandosi nell’alcool e solo con l’aiuto dei vecchi compagni di squadra riuscì a fatica a risalire e a ritornare nel mondo che più amava, quello del college basket, dove oggi fa il telecronista, proprio per la CBS. Mo Peterson invece riuscì a costruirsi una carriera da tiratore nella NBA e dopo essersi ritirato è tornato a Flint dove con una scuola-basket aiuta i ragazzi in difficoltà, Charlie Bell si è costruito una carriera come grande difensore, prima in NBA, a Milwaukee e poi in giro per l’Europa, passando anche da Caserta. Tom Izzo l’anno successivo è tornato alle Final Four, ma nonostante un fenomenale Zach Randolph gli Spartans non hanno ripetuto l’impresa, stessa cosa nel 2005 e nel 2009 e lo scorso anno, anche con la squadra favorita, è stato fermato nella finale del regional da Connecticut e Shabazz Napier.
Quando chiedono a coach Izzo cos’avesse di speciale quella squadra, cos’avessero di speciale i Flintstones lui si limita a sorridere, semplicemente aveva un gruppo di ragazzi che non erano dotati di un talento straordinario ma che erano completamente pervasi dalla sua filosofia di gioco, dalla sua durezza mentale, da un incredibile spirito di squadra e che giocavano il suo basket alla perfezione, che erano pronti a dare tutto l’uno per l’altro e che rispettando a pieno il nome e la tradizione dell’università combattevano come guerrieri, combattevano come spartani.

Redazione BasketUniverso

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.