Tommaso Marino

Tommy Marino: tristemente l’unico caso di personal branding nel basket italiano

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Premessa: non conosco personalmente Tommaso Marino, non ci ho mai preso un caffé, credo di non averlo mai neanche visto dal vivo e sicuramente non ci paga per scrivere questo articolo. Ma ogni tanto bisogna elogiare chi fa bene, non solo in campo. Ecco, questo è il problema: i giocatori di basket italiani pensano solo al campo e non hanno la minima idea di cosa sia il personal branding.

Carlo Recalcati, il luminare per eccellenza del basket italiano, in una delle tante dirette primaverili in BU Sundays ci disse: “Oggi non esistono personaggi, l’unico personaggio è Gianmarco Pozzecco, che per fortuna è tornato nel basket italiano, altrimenti nessun media a livello nazionale parlerebbe mai della nostra pallacanestro”. Proprio da qui dobbiamo partire: perché nessun giocatore italiano pensa al personal branding?

Per chi non sapesse di cosa si tratta il personal branding, questa è la definizione che ne dà Wikipedia:

Il personal branding è l’attività con cui prima si consapevolizza e poi si struttura la propria marca personale. Può essere definito come ciò che viene detto, sentito e pensato a livello collettivo dalle persone su di voi e sui servizi che offrite, nella vostra vita professionale e non.

Vita professionale e non. Noi non sappiamo nulla della vita privata dei giocatori. E non parlo di scappatelle amorose, ma parlo di interessi, passioni. Gianluca Basile ama pescare, Gianmarco Pozzecco ama stare nel suo bel Chiringuito a Formentera, Gigi Datome ama suonare a chitarra, Nicolò Melli è un grande appassionato di letture impegnate. Ma gli altri? Che passioni hanno? Qual è la loro particolarità? Tutti quanti hanno almeno un hobby: ecco, quello vuol dire – in parte – fare personal branding. Perché se sei un grande amante dei videogame, NBA2K potrebbe sceglierti come testimonial. Ma se il mondo non lo sa, se non hai una fanbase consolidata, NBA2K non ti sceglierà mai come KOL (key opinion leader).

Tommaso Marino è uno dei pochi casi virtuosi nel basket italiano. Naturalmente non è l’unico ma è quello che spicca più degli altri. Perché? Perché Tommaso Marino è fondamentalmente un “Signor Nessuno”, nell’accezione più positiva della definizione. Un self-made man. Tommaso Marino non ha avuto la fortuna di tantissimi altri giocatori. Non ha mai giocato in piazze importanti come Milano, Bologna o Roma e le avventure senesi non sono considerabili perché nel 2003-2004 era un ragazzino e nel 2018-2019 la società non esisteva. Eppure ha ideato Slums Dunk Onlus insieme al suo amico Bruno Cerella – altro esempio vincente di personal branding – e ha anche lanciato un marchio di articoli streetwear, oltre allo #SCAFATIVLOG, che piano piano sta prendendo piede all’interno del mondo del basket.

Aprire un canale YouTube non è nulla di rivoluzionario, Jimmy Butler ne ha uno da un anno con più di mezzo milioni d’iscritti, ma per il basket italiano è qualcosa di “innovativo”. Certo, i video che carica Marino non raggiungeranno mai i numeri di Luis Sal o Favij però permettono agli appassionati di entrare in un mondo sconosciuto, com’è la vita degli sportivi, il backstage del parquet, che è l’aspetto che incuriosisce maggiormente lo spettatore medio perché il basket giocato lo vede in tutte le salse possibili, da tutte le angolature possibili. Ma il dietro le quinte non ci è concesso. Perciò concedetecelo.

Ma perché i giocatori di basket non si interessano di fare personal branding? Perché è faticoso. Non ci vogliono 2 giorni per costruire un personaggio e per far sì che questo ottenga un seguito da decine/centinaia di migliaia di persone. Sarebbe cosa buona e giusta pagare dei professionisti per essere aiutati e consigliati su come comportarsi nelle varie situazioni. Non si tratta di buttare i soldi ma di investire su stessi. Che è la stessa cosa che i cestisti fanno allenandosi con coach specializzati nel ball handling o nel tiro.

Questa partita non si gioca e si vince o si perde la domenica seguente, ma la si gioca dopo i 35 anni, ovvero quando arriva il momento del ritiro. A quel punto cosa fai se nessuno sa chi sei perché non hai voluto che gli altri sapessero chi sei?

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