What would have been if…? – Shaun Livingston

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Philadelphia 76ers v Brooklyn Nets

 

Se dovessi paragonare la NBA ad un libro, ne sceglierei uno di racconti.

Uno di quelli grandi, con la copertina colorata… uno di quelli che al suo interno raccolglie le storie più disparate.

Sì, somiglierebbe  ad un testo di quel tipo.

Come da copione, le prime pagine sarebbero sicuramente occupate dalle storie che più o meno tutti conosciamo, i protagonisti sarebbero nomi che oramai sono parte integrante del vocabolario cestistico.

Ma l’NBA non è solo LeBron James, non è fatta solamente di contratti faraonici o high-five. E i racconti del suo libro, non sempre finiscono con il lieto fine. Capita anche che il principe azzurro cada da cavallo e si rompa il legamento crociato anteriore, non arrivando mai alla tango agognata principessa.

Uscendo dal velato mondo delle metafore, possiamo semplicemente dire che quando il talento non si accompagna alla fortuna, le luci della ribalta sono tutt’altro che assicurate.

La lista dei giocatori che hanno vissuto sulla propria pelle le conseguenze di questo mancato connubio, è tristemente lunga. Alcuni di questi nomi non li conosceremo mai, perché traditi dal fisico prima ancora di essere arrivati davanti alle telecamere. Ad altri, invece, gli dei del basket hanno concesso di approdare ai piani alti prima di sfoderare un tiro mancino.

Shaun Livingston è uno di quesshaunboxti.

Il suo nome comincia a farsi sentire prima ancora che abbia l’età minima per guardare i film horror al cinema senza doversi imbucare dal retro: nel ’99 e nel 2000, a neanche 15 anni, conduce la sua squadra di Middle School (la Concordia Lutheran Grade School) al back-to-back nel torneo dello stato, risultando in entrambi i casi il miglior giocatore della competizione.

Finita l’esperienza alle medie, Livingston approda alla Richwoods High School, dove gli verrà assegnato il premio di matricola dell’anno nel 2001. Dopo un’altra stagione a buoni livelli si trasferisce alla Peoria High School, che nel 2003 e nel 2004 festeggerà anch’essa due titoli statali.

E così, uno Shaun alto e magrolino, riesce ad impressionare l’intero panorama cestistico. Il suo nome comincia a circolare tra gli addetti ai lavori, dove lo si comincia a paragonare ad alcuni giocatori del passato, scomodando in più di qualche occasione anche Magic Johnson.

All’epoca (e con le dovute proporzioni) , il paragone è tutt’altro che blasfemo: Shaun è un atipico playmaker di 2.01 con buone doti offensive, la cui statura e gli straripanti mezzi atletici gli permettono di farsi valere sotto canestro e nella metà campo difensiva. I suoi 16 punti, 8 rimbalzi, 5 assist e 2 recuperi a partita gli valgono una convocazione per il McDonald’s All-American All Star Game e soprattutto un’offerta per una borsa di studio nella prestigiosa università di Duke. Shaun accetta, firma il contratto e si assicura l’opportunità di sedere su alcuni dei banchi più prestigiosi d’ America.

shaun_livingstonMa le cose vanno diversamente. Il prodotto di Peoria sceglie di saltare il college, e a soli 18 anni si dichiara eleggibile per il draft del 2004, dove rispetterà i pronostici: i Clipper spendono per lui il loro primo gettone alla chiamata numero 4.

Ironia della sorte, Livingston si ritrova in una delle squadre più coperte nel suo ruolo, finendo per giocare tutta la stagione da rookie come guardia, ma  riuscendo ugualmente a ritagliarsi il suo spazio e collezionare 7 punti, 5 assist, 3 rimbalzi e 1 rubata a partita.

La stagione successiva non si prospetta facile per Shaun: all’ombra dei nuovi arrivati Cassell e Mobley, il prodotto di Peoria High vede calare le sue statistiche, ma il suo utilizzo raddoppia: dalle 30 partite del 2005 si passa a 61, e nonostante la sua stagione termini in anticipo causa infortunio, nessuno nutre dubbi sul potenziale dell’appena ventenne Clipper.

La stagione 2007 rappresente il crocevia della carriera di Shaun. La fiducia risposta in lui da coach Dunleavy è ben ripagata, Livingston colleziona cifre da autentico all around: con 11 punti, 6 assist, 4 rimbalzi, 1 rubata e mezza stoppate a partita, Shaun è pronto ad ereditare il posto del 37enne Sam Cassell.

Gli dei del basket, però, non sono della stessa opinione: il 26 Febbraio, tre giorni dopo aver aggiornato  il suo career-high di assist (14), Livingston si procura uno degli infortunii più brutti mai visti su un campo da basket, cadendo malamente dopo aver sbagliato un layup in contropiede.

 

 

Se ad un primo impatto l’impressione non è delle migliori, la diagnosi è addirittura spietata: rottura dei due legamenti crociati, del legamento collaterale mediale, del menisco laterale e lussazione della rotula. I medici lo informano del rischio di perdere la gamba.

Segue una riabilitazione lunghissima, Shaun riceve l’ok dai medici per tornare in campo solamente nell’estate successiva, un anno e mezzo dopo il tremendo infortunio. L’NBA però si regge sui biglietti verdi, non sui sentimenti, non è la lega che si ferma ad aspettare chi è costretto a rallentare. I Clippers, infatti, scelgono di non investire su di lui, e il 3 Ottobre 2008 diventa free agent. Da quel momento, Livingston diventerà uno dei tanti pendolari che transitano nelle numerose fermate NBA in cerca di un contratto, uno di quei giocatori con più casacche nell’armadio che stagioni alle spalle.

Viene ingaggiato dagli Heat e girato a Memphis dopo 4 partite, ma sarà tagliato prima ancora di aver avuto l’occasione di scendere in campo. Decide allora di ripartire dalla D-League: i numeri messi assieme con i Tulsa 66ers convincono OKC ad offrirgli un posto in squadra, ma dopo aver indossato la canotta dei neonati Thunder per sole 18 partite Shaun si ritrova nuovamente a spasso. Nel Febbraio 2010 sono gli Wizards a scommettere su di lui: il suo contratto decadale viene esteso fino alla fine della stagione, e al termine della stessa firma un biennale con i Bobcats, che un anno dopo lo mandano a Sacramento, una delle tante squadre di cui vestirà la maglia per un solo anno. Al termine della relugar season successiva passa ai Rockets, che lo tagliano immediatamente.  Fanno più o meno la stessa cosa gli Wizards, che lo mettono alla porta solo un mese dopo averlo riabbracciato. Il 25 Dicembre dello stesso anno  i Cavs gli offrono un posto in squadra.

In questo momento Livingston milita tra le fila dei Warriors, dopo una breve esperienza a Brooklyn, dove ha fatto vedere qualche lampo di un talento che sicuramente avrebbe meritato maggior gloria:

Così come per tanti altri giocatori, non sapremo mai cosa sarebbe potuto diventare. Non lo sa neanche Shaun, probabilmente. Anche lui, come noi, può solo fermarsi a pensare ai tanti puntini che hanno formato la sua carriera, e immaginare quale disegno avrebbero formato se non fossero stati scompigliati quel maledetto 23 Febbraio.

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