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Marco Belinelli sarà l’ennesimo jolly sprecato dal basket italiano?

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Il ritorno in Italia di Marco Belinelli è un’occasione d’oro che il basket italiano non dovrebbe lasciarsi sfuggire ma che, temiamo, non sarà in grado di sfruttare.

Parliamo di un evento di portata sensazionale, che potrebbe riportare l’attenzione mediatica sulla pallacanestro nostrana, nonostante tutti i mezzi d’informazione in queste ore siano giustamente concentrati su un avvenimento tragico e irripetibile. Però la nuova avventura italiana di Belinelli ha tutti i presupposti per diventare una grande storia, da raccontare anche a chi non è appassionato di basket ma soprattutto a quella fetta di tifosi che storce il naso di fronte alla nostra palla a spicchi, snobbandola rispetto al patinato mondo NBA. Un mondo più bello, sicuramente per lo spettacolo sul parquet (sarebbe da sciocchi non ammetterlo) ma altrettanto certamente per come viene narrato, descritto e venduto.

Il ritorno del Beli avrebbe tutto per essere un caso mediatico: il giocatore più vincente della storia italiana torna a indossare la maglia della società che l’ha cresciuto con la più classica delle chiusure a cerchio, un cliché letterario dal fascino intramontabile. E allora che se ne faccia letteratura, si descriva al meglio questa cosa, si faccia girare il brand LBA intorno a Belinelli perché nonostante tutto il basket italiano a livello tecnico ed economico non è così povero. Probabilmente però lo è a livello di idee, visto che non è stato capace, fino a questo momento, di sfruttare l’immagine di personaggi come Teodosic, Scola, Datome, Rodriguez e Hines, un quintetto da sogno che ha (ri)messo piede nel nostro basket. Non possiamo dire nel nostro Paese, dato che al di fuori del mondo cestistico in pochi si sono accorti dell’arrivo di questi campioni.

Adesso Belinelli è un’occasione più unica che rara: è un vincente, un personaggio amato da chiunque indistintamente e per di più anche finito al centro delle cronache per la recentissima visita dal Papa. E poi potrà essere illuminato ancora di più dalle stelle di cui sopra, componendo un firmamento che non si vedeva da quasi vent’anni. Inoltre rende ancora più evidente quella rivalità fra Milano e Virtus di cui si parla dalla firma di Teodosic, un dualismo che genera ricordi lontani e come tutti gli effetti “amarcord” rappresenta una potentissima leva comunicativa. Lo scorso anno la sfida era tornata sulla tv generalista ma con ascolti modesti e una promozione fatta maluccio, comunque un inizio di una narrazione che poi il Covid ha interrotto.

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Dopodiché una sequenza di polemiche sull’opportunità di interrompere la stagione, sulle modalità con cui cominciare quella nuova e ora su come proseguirla. Un fiume di parole che non ha generato idee innovative o migliorative né ha portato linfa alle casse delle società (anzi) o avvicinato nuovi tifosi. Quella unità d’intenti di cui si è fatto un gran parlare nei mesi scorsi ancora non si è vista. Dal punto di vista gestionale la cosa può essere parzialmente giustificata dalla particolarità del momento, nel quale ogni scelta rischia di diventare un boomerang, considerate anche le differenze fra le varie squadre che compongono il massimo livello del nostro basket. Per quanto riguarda l’aspetto mediatico, però, come può essere accettabile navigare a vista in un momento in cui, con i palasport chiusi, la fame di pallacanestro può essere saziata solamente tramite gli strumenti digitali?

Avevamo, intendendo l’intero movimento in questo ideale “noi”, un tesoretto in mano, adesso è stato impreziosito da una gemma di valore incredibile. Questo diamante grezzo, però, andrà smussato e bisogna anche farlo velocemente. Ci permettiamo di dare un piccolo consiglio, ora racchiudendo nel “noi” la redazione di BasketUniverso, con le sue idee, gli anni di studi e le esperienze delle giovani professionalità che la compongono. LBA, che negli ultimi mesi sta tentando di affermarsi come media company, rivoluzioni alla svelta il suo piano editoriale, magari accantonando le Legends, alle quali va il nostro massimo rispetto ma che obiettivamente hanno avuto poca presa su un pubblico giovane. Sviluppi la sua comunicazione intorno allo spettacolo che offrono in campo le leggende attuali, prendendo spunto dal successo globale avuto dal meraviglioso assist di Milos Teodosic e magari chiedendosi come sia possibile che una giocata del suo campionato diventi virale in tutto il mondo, tranne che in Italia. Azioni come quella sono la base di una torta succulenta che però va farcita a dovere. Come? Con il linguaggio innanzitutto, ma anche con la tempestività, le due chiavi di volta per diventare finalmente pervasivi.

 

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Oggi come non mai prima d’ora abbiamo un mix di competitività, giocatori fortissimi, storie meravigliose da raccontare e tutti i mezzi per farlo. Non lasciamoci sfuggire l’oro dalle mani, facciamo finalmente diventare brand un “semplice” campionato, adesso è sufficiente mettere in mostra i volti dei suoi protagonisti, magari con qualche effetto speciale e una luce accattivante. Iniziamo a valorizzare un prodotto che ora ha l’occasione della vita: per entrare anche nel cuore dei giovanissimi, che sono i tifosi di domani ma i clienti di oggi, bisogna passare attraverso lo smartphone.

L’augurio di chi ama il basket per davvero e si preoccupa del suo futuro è che questa sia la volta buona. Nel pomeriggio #Belinelli è stato uno degli hashtag più usati su Twitter in Italia, sorpassando anche Maradona. ofarcelo restare. Al di là dell’amara constatazione (doverosa per quanto rappresenti un off-topic rispetto a tutto il resto) di quanto l’aleatorietà del web non risparmi nemmeno la dipartita delle leggende, ora è necessario che chi di dovere si adoperi per far sì che il basket diventi stabilmente “di tendenza”.

Al di là delle speranze, temiamo che Belinelli si riveli suo malgrado l’ennesima occasione persa. D’altronde parliamo di un mondo dove la Lega e gran parte delle sue affiliate non hanno ancora scoperto l’esistenza di Twitch e Tik Tok, i due social più in voga al momento fra i giovani.

E se il buongiorno si vede dal mattino, i post creati per dare il bentornato al Beli non ci hanno convinto per niente: “welcome back”, “bentornato” e qualche breve dichiarazione di circostanza in video nemmeno sottotitolato, contravvenendo alla prima regola social sulle dichiarazioni. A nostro avviso troppo pochi e troppo spenti per il personaggio a cui sono stati dedicati. Speriamo che s’inverta la rotta al più presto, programmando e soprattutto eseguendo con creatività, velocità e qualità. Un po’ come in una partita, ma con due grandi differenze: la prima è che qui vinciamo o perdiamo tutti, la seconda il fatto che in questo momento una eventuale sconfitta potrebbe essere irrimediabile per tutto il movimento.

 

Foto di copertina: fiba.com

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