Negli anni passati spesso le Olimpiadi hanno rappresentato un trampolino di lancio per tanti giocatori. L’attenzione della NBA per i giocatori non statunitensi ormai è massima ma non è sempre stato così. E a volte le ottime prestazioni ai Giochi sono state decisive per convincere le franchigie a puntare su atleti stranieri.
Ecco sei casi in cui le prestazioni alle Olimpiadi sono valse subito dopo una chiamata dalla NBA.
Nando De Colo
Scelto al Draft 2009, sono state le Olimpiadi 2012 ad aprirgli le porte della NBA. Nel 2012 giocò un torneo molto solido a Londra, con ottime percentuali dall’arco che convinsero gli Spurs a dargli una chance. Non ha poi trovato molto spazio in NBA ma ha giocato le Finals al primo colpo.
Nicolas Laprovittola
Un altro giocatore a proseguire la tradizione delle point guard “international” di San Antonio Spurs. A Rio 2016 disputò un ottimo torneo come cambio di Facundo Campazzo, così gli Spurs lo individuarono come elemento utile in uscita dalla panchina, specialmente dopo i 21 punti rifilati alla Spagna.
Hamed Haddadi
Dopo aver dominato in Asia, nel 2008 a Pechino ha chiuso con una doppia doppia di media, risultando il migliore del torneo per rimbalzi e stoppate. Numeri che spinsero i Memphis Grizzlies a renderlo il primo giocatore iraniano in NBA.
Rudy Fernandez
Selezionato al primo giro nel 2007, arriverà in NBA solamente l’anno dopo. La spinta decisiva per il suo approdo negli Stati Uniti arrivò dalle Olimpiadi di Pechino 2008 e soprattutto dai 22 punti segnati nella finale contro Team USA. Da lì a pochi giorni il contratto con i Portland Trail Blazers.
Arvydas Sabonis
Il suo nome fu chiamato nel Draft 1985 ma furono i Giochi di Seoul 1988 a dargli la visibilità necessaria. La doppia doppia di media convinse definitivamente i Blazers a chiamarlo.
Ci sono poi dei casi meno immediati, in cui le Olimpiadi sono servite a guadagnarsi una chiamata pochi mesi dopo oppure a scalare posizione nel Draft. Quello che conosciamo meglio riguarda Simone Fontecchio: l’estate del 2021 (prima a Belgrado e poi a Tokyo) gli mise addosso gli occhi della NBA, in cui è arrivato un anno più tardi, dopo una stagione al Baskonia. Sarunas Jasikevicius fece vedere i sorci verdi a Team USA nel 2000 e nel 2004 per poi varcare l’Atlantico nel 2005. Andrew Bogut e Yao Ming sono stati prime scelte anche per quanto fatto in precedenza ai Giochi, rispettivamente ad Atene 2004 e Sydney 2000.
Altro caso particolare, seppur non legato alle Olimpiadi, fu quello di Marco Belinelli: nel 2007 gli scout si ricordarono bene della sua grande prestazione contro gli USA ai Mondiali 2006. E poi Gianluca Basile che finì nel mirino di mezza NBA dopo la storica vittoria dell’Italia su Team USA in amichevole e anche grazie ai successivi Giochi di Atene. Il Baso però scelse di restare protagonista in Europa con il Barcellona che all’epoca gli garantiva un ingaggio più alto di quello offerto dalle varie franchigie americane.
Chissà se le Olimpiadi di Parigi regaleranno la NBA a qualcun altro. Il caso si è sfiorato già prima di iniziare con il sud-sudanese Carlik Jones. Lui ai margini della NBA (7 partite e tanta G-League) ci è già stato ma in pochi se n’erano accorti prima della tripla doppia nell’amichevole con Team USA di qualche giorno fa. Aveva una NBA escape nel suo accordo con il Partizan Belgrado, scaduta proprio oggi senza che nessuno la esercitasse. Magari qualcuno si farà avanti fra qualche settimana, ma a quel punto dovrà trattare con i serbi.
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