Memories of Busts: Dennis “the Scorer” Hopson

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Il Draft NBA 1987 viene spesso ricordato per l’approdo, con la pick numero 1, dell’Ammiraglio in NBA, David Robinson scelto dai San Antonio Spurs, metterà piede sul parquet solamente due anni dopo, ma il suo impatto sarà fondamentale per risollevare le sorti della franchigia texana. Oltre all’Ammiraglio, il Draft 1987 sarà la rampa di lancio per la carriera NBA di altri due Hall of Famer, Reggie Miller e Scotty Pippen, mentre Horace Grant, Mark Jackson, Reggie Lewis e Kevin Johnson, si guadagneranno i galloni di All-Star. Tuttavia, quella notte newyorkese del 1987, alla chiamata della pick #3, nessuno di questi fuoriclasse salirà sul palco a stringere la mano del commissioner Stern, perché a rubare la scena sarà un ragazzo proveniente da Ohio State, considerato il talento offensivo più brillante dell’intera classe Draft 1987, la shooting guard Dennis Hopson. Il ragazzone di 196 cm, nell’ultimo anno di college, aveva tenuto medie spaventose (29p e 8.2rim tirando con il 51% dal campo), piazzandosi secondo nella classifica leading scorers e ottenendo il premio di Big East Player of the Year. Detiene ancora oggi il record per punti segnati con la casacca dei Buckeyes, essendo un attaccante completo, capace di segnare in ogni modo, specialmente grazie al suo splendido jump shoot.

I New Jersey Nets, alla ricerca di un leader offensivo, mettono gli occhi su di lui, sicuri di aver trovato un primo violino offensivo da inserire gradualmente all’interno dei meccanismi di squadra. L’impatto con le arcigne difese NBA è un ostacolo duro per tutti, soprattutto per chi, come Hopson, è uno scorer puro, abituato a un gioco veloce e palla in mano, cucito su misura per lui da Gary Williams, suo ex-coach a Ohio State. Hopson colleziona solamente 9.6 punti a gara, giocando circa 22 minuti a partita, anche grazie agli infortuni che avevano falcidiato il back-court dei Nets. Non avendo convinto appieno società e tifosi che si aspettavano un maggiore impatto, soprattutto dal punti di vista dei punti segnati, la stagione successiva, Hopson alla ricerca di riscatto, segna 12.7 punti a gara, aggiungendo 1.1 rubate di media a partita, ma è nella stagione 1989/1990 che giocherà il suo miglior basket. Hopson, guida infatti la franchigia per punti segnati (15.8p), ma questo non basterà a convincere i Nets che, invece di offrigli un rinnovo, lo lasciano libero di accasarsi altrove, convinti che il ragazzo non sarebbe più riuscito a ripetersi ai livelli del college.

In piedi a destra, con il #2, Dennis Hopson Campione NBA 1990/1991, con i Chicago Bulls.

Hopson lascia quindi il New Jersey per accasarsi ai Chicago Bulls di Michael Jordan, ritrovando i vecchi compagni della classe Draft Horace Grant e Scotty Pippen. Giocherà pochissimo, appena 11 minuti a gara (4.3p di media), vedendo il suo minutaggio diminuire considerevolmente nella seconda parte di RS e durante i Playoffs, ma riuscirà comunque a mettersi al dito l’anello di campione NBA 1990/1991, il primo dei sei totali vinti dai Chicago Bulls tra il 1991 e il 1998. La stagione 1991/1992 vede Hopson relegato ai margini della rotazione, gioca appena 5 minuti a partita (1p di media) e prima della Trade Deadline, viene scambiato con i Sacramento Kings. In California gioca 69 partite mettendo a segno 10.7 punti e 1 rubata a gara, ma non basterà a convincere la dirigenza. Hopson chiuderà la sua carriera NBA nel 1992 (10.9p, 2.8rim, 1.6ast e 1 steal di media), dopo appena cinque anni, partendo per l’Europa alla ricerca di fortuna e di quella chance di dimostrare il proprio talento, chance che la NBA gli aveva negato. Tra 1992 e il 1994 giocherà con fortune alterne per il Natwest Zaragozza in Spagna, per poi spostarsi più a nord, in Francia allo Cholet Cedex Basket e l’anno successivo al Le Mans. Nel 1996 arriva la chiamata dal Purefoods Carne Norte, squadra Filippina che lo taglierà dopo appena un anno caratterizzato da continui infortuni. Hopson però non si arrende e si trasferisce in Turchia, al Galatasaray. Dopo appena un anno, si ritrova nuovamente con le valigie in mano, direzione Israele, dove giocherà tre anni, con tre compagini diverse, Hapoel Eilat, Maccabi Rishon LeZion, Maccabi Giv’at Shmuel, affermandosi come uno dei migliori giocatori della lega. Nel 1999 accetta la proposta della squadra venezuelana Gaiteros del Zulia, per poi tornare, dopo solamente una stagione, in Israele dove chiuderà la carriera al termine della stagione 2000. Hopson decide di chiudere con il basket, probabilmente scottato dalla bruciante delusione rappresentata dalla sua avventura NBA, un mondo crudele, dove è difficile riconfermare il talento e la classe messi in mostra al college, soprattutto se le chance che vengono effettivamente concesse sono pochissime. Dennis, dopo aver girato mezzo mondo, toccando quattro continenti, torna in Ohio, a Columbus, dove fonda un’azienda di trucking & recruiting, tuttavia il richiamo della palla a spicchi è troppo forte, perchè, nonostante il basket lo avesse ferito mortalmente nell’animo, certi amori e certe passioni sono impossibili da cancellare con un colpo di spugna. Nel 2000 accetta il ruolo di head-coach con i Toledo Royal Knights, squadra della ABA, un lega americana semi-professionistica, nata quello stesso anno. Nel 2006, la squadra si scioglie e Dennis è costretto a trasferirsi in Florida, dove trova impiego come assistant-coach di Rollie Massimino alla Northwood University di West Palm Beach. Due anni dopo. nel 2009, si trasferisce alla Bowling Green State University, sotto coach Louis Orr, dove rimarrà fino al 2014. Dopo il licenziamento di Orr, intraprende una carriera da head-coach nell’High School Basketball che continua ancora oggi. Hopson ha tentato di reinventarsi dopo una carriera NBA tutt’altro che negativa, ma dove gli è mancata una vera e propria chance di dimostrare che il talento messo in mostra in Ohio, era tutt’altro che un fuoco di paglia. L’amore per il basket lo ha portato a girare il mondo come giocatore e gli USA come coach, reinventandosi dopo ogni esperienza negativa, dimostrando come l’amore puro per uno sport, non possa essere cancellato dalle delusioni professionali, anzi queste ultime rappresentano solamente uno stimolo per andare avanti, perché la passione non può venire meno e alla fine trionfa su tutto.

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