Memories of Busts: Greg Oden-la carriera maledetta del “Nuovo Shaq”

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213 cm, 129 kg, Parade Magazine High School Player of the Year 2005 (insieme a Monta Ellis), Gatorade National Boys Basketball Player of the Year 2005 (il primo junior oltre a Lebron James a vincere il premio), NCAA AP All American First Team 2007 e l’etichetta di “Nuovo Shaquille O’Neal” appiccicata addosso: è questo il biglietto da visita con cui Gregory Oden Jr. si presenta al Draft NBA 2007,  per il grande salto tra i professionisti. Dopo un solo anno di NCAA, tra le file degli Ohio State Buckeyes, Oden è infatti pronto a fare il suo ingresso nella lega che conta, e dalla porta principale per giunta: si tratta di un centro dominante in entrambe le metà del campo (15.7p, 9.6r e 3.3 stoppate a gara con il 61% dal campo), con buoni movimenti offensivi e in post e una tecnica discreta, che un giusto coach avrebbe sicuramente potuto affinare nel tempo, trasformandolo nella reincarnazione di The Diesel, pur con meno carisma e meno esplosività. La data fatidica è il 28 giugno 2007, giorno in cui, al Madison Square Garden di New York, tutto è pronto per il Draft: la prima scelta è dei Portland Trail Blazers, che nei due anni precedenti sono riusciti ad accaparrarsi due futuri All Star, ovvero l’ala grande LaMarcus Aldridge (arrivato via Chicago Bulls nel 2005) e la guardia Brandon Roy, fresco del premio Rookie of the Year 2007; le basi della squadra sembrano finalmente solide e la franchigia dell’Oregon appare pronta a risalire la china e lottare per la post-season. I prospetti in lizza per la prima chiamata assoluta sono due, uno è il nostro Greg, l’altro è un ragazzino mingherlino e dalle braccia lunghissime, originario di Washington DC, ma sfornato dalla University of Texas, che ha guidato nel torneo NCAA mettendo a referto medie spaventose (25.8p e 11.1r): il suo nome è Kevin Durant. I Blazers vanno dritti su Oden, che al fianco di Aldridge andrebbe a formare una coppia di lunghi assai temibile, permettendo quindi ai Seattle Supersonics (ora Oklahoma City Thunder), possessori della scelta #2 di selezionare Durant e lasciando per strada giocatori come Al Horford (andato agli Hawks con la #3), Mike Conley, Joakim Noah e Marc Gasol. Oden salterà l’intera stagione 2007/2008 per un intervento al ginocchio, rientrando però in tempo per la RS 2008/2009; si sente al centro di un progetto ambizioso e vuole dimostrare che l’esser stato scelto prima di Durant (intanto Rookie of the Year 2008) non sia stato affatto un abbaglio. Inizia la stagione contro i Los Angeles Lakers, ma dovrà lasciare subito il campo per un infortunio al piede, rientrato dopo due settimane. Parte giocando 21 minuti a partita, sia per non sforzare troppo il ginocchio e il piede appena guariti, sia per ambientarsi e prendere dimestichezza con i meccanismi di squadra. Nelle sue prime 61 gare, mette insieme buone medie (8.9p, 7r e 1.1 stoppate a gara, tirando con il 56% dal campo), con un career-high di 24p e 15r, ma il 12 febbraio 2009, in uno scontro con Corey Magette, durante il match tra Portland Trail Blazers e Golden State Warriors, subisce un nuovo infortunio al ginocchio che lo costringerà al riposo per tre settimane, terminando in anticipo la sua stagione. L’anno successivo, i Blazers puntano forte sul loro pivot, che sembra aver finalmente risolto i propri problemi fisici: Greg migliora tutte le stats, tenendo 11.1p, 8.5r e 2.3 stoppate a gara, con il 60% dal campo. Oden sembra finalmente esseri sbloccato, ma la sfortuna è sempre in agguato per chi, come lui, ce l’ha cucita addosso. Atterrando male dopo un salto, si rompe la rotula del ginocchio sinistro: stagione finita dopo appena 21 partite. Lui non demorde e dopo un lungo periodo di riabilitazione, nel novembre 2010, sembra finalmente pronto a rientrare, sorge tuttavia un nuovo problema: una risonanza magnetica evidenzia un danno alla cartilagine del ginocchio sinistro, l’intervento chirurgico al quale l’ex Ohio State si sottoporrà lo costringerà a saltare il resto della stagione. Nei suoi primi quattro anni da professionista Oden gioca la miseria di 82 partite, il corrispondente di un’intera stagione regolare: i Blazers gli rescindono il contratto nel marzo 2012, ormai rassegnati al fatto che il giocatore non si sarebbe più ripreso fisicamente: una previsione poco lontana da quello che in effetti succederà.

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Nell’estate 2012 il centrone originario di Buffalo prende la decisione sofferta di non giocare in NBA per un anno intero, al fine di provare a recuperare del tutto la condizione fisica e uscire finalmente dal tunnel degli infortuni; passerà l’intera stagione a riposare e allenarsi, presentandosi poi come free agent nella off-season 2013. L’unica offerta allettante arriva da South Beach, dai Miami Heat dell’era James-Wade-Bosh, coach  Spoelstra è infatti alla ricerca di un lungo capace di fronteggiare fisicamente Roy Hibbert, che nelle Eastern Conference Finals dell’anno prima aveva dominato il pitturato e insieme ai suoi Indiana Pacers, guidati da Paul George, aveva rischiato di far fuori Miami. Per Oden, che all’età di 25 anni aveva già pensato a un ritiro anticipato, è un’occasione unica, soprattutto dopo tutte le sofferenze, sia fisiche che psicologiche patite durante la degenza.

“Ho detto milioni di volte di essere grato ai Miami Heat per avermi dato questa opportunità. Sono solo felice di poter giocare ancora. Dopo tutto quello che ho passato non mi rimane che essere paziente. La strada è stata lunga e faticosa. Dopo 4 anni cosa sono un paio di partite?”

Saranno queste le sue prime parole dopo l’esordio con la casacca degli Heat a gennaio 2014 contro i Washington Wizards, partita in cui segnerà 6 punti e catturerà 2 rimbalzi in appena 8 minuti di gioco, sarà però un fuoco di paglia, a fine stagione le sue media reciteranno 2.9p e 2.3r per allacciata di scarpe, ai Playoffs non scenderà mai in campo e Miami terminerà il proprio cammino nelle Finals sconfitta 4-1 dai San Antonio Spurs. Gli Heat in estate non eserciteranno l’opzione di rinnovo per il contratto del lungo, che si ritroverà nuovamente senza squadra, dovendo affrontare l’ennesima delusione, soprattutto dopo le dichiarazioni rilasciate nel maggio 2014.

“So di essere una delle più grandi delusioni della NBA. E so che sarà sempre peggio tutte le volte che Kevin Durant sarà dominante. Sicuramente fa male, ma il mio corpo non riesce a fare ciò che la mia mente vorrebbe. Sono felice di essere tornato e sono felice di aver firmato per Miami”.

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Oden rimane di nuovo solo contro il mondo, riesce a ottenere un workout con i Los Angeles Clippers, ma pochi giorni prima dell’inizio, la sua frustrazione esplode: viene incarcerato a Lawrence in Indiana, accusato di percosse nei confronti della sua ex ragazza alla quale ha tirato un pugno in faccia, uscirà su cauzione (10.000 dollari) immediatamente, ma nessuna squadra di NBA gli darà più una possibilità. A 27 anni sembra infatti che la sua carriera sia giunta al termine, falcidiato dai troppi problemi di un “fisico vecchio”, all’interno del quale sembra intrappolato un giovane talentuoso. Ora Oden  è di nuovo free agent, in cerca di una possibilità per rilanciarsi; sembra che i Memphis Grizzlies, dove gioca l’amico ed ex compagno a Ohio State Mike Conley, abbiano intenzione di invitarlo a partecipare a una serie di workout nel mese di giugno, con la possibilità di firmarlo, per vedere se, sotto tutte quelle cicatrici che riempiono le sue ginocchia e quel sorriso triste, si nasconda, ancora dormiente, quello “Shaq”, che non è mai riuscito a svegliarsi. Oden va quindi ad aggiungersi alla schiera di Big Men scelti da Portland al Draft e perseguitati da una serie infinita di problemi fisici, per citarne due: la leggenda Bill Walton e Sam Bowie, scelto al Draft 1984 prima di Michael Jordan. Per i Blazers non sembra infatti esserci pace, dovranno infatti rinunciare, nel giro di pochi anni anche all’All Star Brandon Roy, costretto a ritirasi nel 2013 all’età di 29 anni, per continui problemi fisici, confermando il pessimo feeling della franchigia dell’Oregon con i Draft NBA, tendenza invertita solo di recente con l’arrivo di Damian Lillard, scelto con la #5 nel 2012.

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