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Michael Jordan dice la sua sul load management

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Uno degli argomenti più discussi nella NBA degli ultimi anni è il load management. Si tratta della pratica in cui a volte le squadre scelgono di tenere a riposo le superstar per non sovraccaricarle eccessivamente durante la regular season.

Michael Jordan sta partecipando a MJ: Insights to Excellence, un programma di NBC che prevede una serie di interviste per indagare più a fondo il suo personaggio. MJ, come era facilmente prevedibile, si è detto contrario al load management.

Questi ragazzi giocano a basket per due ore e mezzo, massimo tre, al giorno. Vengono pagati per questo, è il loro lavoro. Cosa fanno nelle altre 21 ore? Io mi preparavo per il match successivo, non voglio essere preso da esempio ma bisognerebbe riflettere su cosa sia davvero il load management. Non dovrebbe proprio essere necessario saltare delle partite. Io non ne ho mai voluta saltare una, per me ogni match era l’occasione per dimostrare qualcosa. Io volevo fare impressione anche al tifoso che si era sbattuto per comprare un biglietto in piccionaia e voleva insultarmi, volevo zittirlo giocando. Il giocatore ha sempre il dovere di mostrare il meglio di sé perché la gente paga per vederti. Se non puoi scendere in campo perché sei infortunato ok, ma se stai bene e non hai voglia è tutto un altro discorso. Io volevo sempre giocare, vincere e fare la differenza. Avvertivo il bisogno di non lasciare soli i miei compagni. La famosa gara 5 con i Jazz (il Flu-Game, ndc) era una gara fondamentale, avrei trovato in ogni caso un modo per scendere in campo, anche se ci fossi stato solamente come distrazione per la difesa. Poi in campo ho dato tutto, anche se non potevo essere sicuro di cosa sarebbe successo. Ma la situazione, le emozioni che provavo e il senso del dovere nei confronti della squadra mi hanno spinto a convincermi che ce l’avrei fatta.

Redazione BasketUniverso

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