Coach Kastritis si presenta in tribuna stampa mentre il pubblico, demoralizzato, incassa la settima sconfitta consecutiva di Varese. In conferenza ha già analizzato le cause del 63-78 contro Reggio Emilia: una partita in cui gli avversari hanno spento il ritmo biancorosso, dominato a rimbalzo (27-48) e soffocato il tiro da tre (appena 6/26). Una lezione dura, che evidenzia i limiti attuali della squadra.
Piano partita rovinato, portando alla luce i limiti della Openjobmetis. Il margine di errore è sempre più sottile, al contrario della convinzione sempre più marcata – prima di questa sera – che di fronte al proprio pubblico, finalmente, Varese sarebbe riuscita a conquistare i primi due punti dell’era Kastristis.
Appuntamento rimandato, ma solo di poco. La vittoria non è in discussione, è solo questione di tempo, anche se la pressione rimane e la voglia di sbloccarsi si fa sempre più impellente. Per fugare ogni dubbio, Ioannis Kastritis sceglie di metterci la faccia: a sorpresa, raggiunge la tribuna stampa e parla senza filtri. “Non dobbiamo essere frustrati. Questi momenti ci spingeranno a dare il massimo. So come si sentono i ragazzi, li vedo lavorare duramente durante la settimana. Non mi piace fare promesse, ma so che le prossime partite saranno delle finali e che la vittoria arriverà presto”.
La Varese di Ioannis mostra carattere e identità, esaltando punti di forza e fragilità simultaneamente. Quasi sbanca Trapani e sfiora l’impresa a Tortona. Contro Reggio Emilia, però, le ombre hanno avuto la meglio sulle luci, oscurando quanto di buono era emerso nelle ultime tre settimane e facendo sfumare una vittoria sempre più necessaria per allontanare i brutti pensieri.
È proprio qui che la fiducia di coach Kastritis, seppur lodevole, sembra essere il contorno di un obiettivo utopico. In che modo può cambiare una squadra, che per lo più non ha costruito con le sue idee, a otto gare dalla fine? Anche la sconfitta contro la Unahotels mette ben in evidenza che aver ribaltato come un calzino l’attitudine della OJM potrebbe non bastare per sopperire alla mancanza di un’ala (è davvero funzionale escludere “Nino” Johnson?) e di un centro di peso, che renderebbero sicuramente più facile il compito offensivo e difensivo.
Finché la matematica lascia uno spiraglio, tutto resta possibile. Ma il tempo stringe, e l’ottimismo rischia di diventare solo un’illusione.
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