Josh Smith entusiasta: “Quando morirò, portatemi in Texas, per me è la cosa più vicina al paradiso”

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“Non avrei mai dovuto lasciare Houston la scorsa estate”, con queste parole ieri Josh Smith ha accolto la trade che dai Los Angeles Clippers lo ha riportato ai Rockets. Le cose per il lungo non stavano andando per niente bene in California, dove era arrivato con il preciso obiettivo di allungare la panchina, dal momento che nel roster erano già presenti due titolari inamovibili come Blake Griffin e DeAndre Jordan. 

Ma Smith lo ha fatto senza garanzie, firmando un annuale al minimo salariale, sperando di rilanciarsi dopo una discesa inesorabile verso il fondo, dopo essere stato tagliato per la prima volta in carriera, dopo essere stato, ormai oltre tre anni fa, uno dei giocatori di spicco degli Atlanta Hawks. Ma le speranze si sono dovute scontrare contro Doc Rivers, che sì l’aveva voluto a LA (oltre che coach, è anche GM), ma che gli ha poi concesso appena 14 minuti di media.

Le cose a Houston erano andate bene, ma non in maniera così idilliaca come risulta dalle parole di Smith. Oltre 25 minuti a partita partendo quasi sempre dalla panchina, per 12.0 punti e 6.0 rimbalzi di media, con la ciliegina delle Finali di Conference raggiunte. Ma in quei pochi mesi ai Rockets il giocatore sembra essere rimasto stregato, tanto da dichiarare, dopo la trade: “Quando morirò, potrei non andare in Paradiso. Se accadrà, portatemi in Texas. Il Texas è il posto più vicino al Paradiso dove sia mai stato”. E allora perché lasciare Houston in free agency? Sicuramente alle rotazioni corte dei Rockets non sarebbe stato di peso un giocatore capace di uscire dalla panchina e dare il proprio contributo. Certo, ora è tutto sistemato: Smith è tornato alla sua seconda casa, anche se i Rockets sono stati addirittura pagati per accoglierlo (oltre al giocatore, sono stati infatti inviati soldi dai Clippers in cambio dei diritti su Leunen, che non ha mai messo piede in NBA).

Francesco Manzi

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