I’m blessed. I’m not even supposed to be here.
Queste le parole di LeBron James dopo la vittoria del secondo titolo con i Miami Heat. Sono benedetto, non dovevo nemmeno essere qui. Un miracolo? No, James prima o poi ci sarebbe arrivato su quel palcoscenico.
Siamo quasi nel periodo natalizio e stavolta il miracolo non è stato sulla 34 esima strada come nel celebre film, ma nel mondo della palla a spicchi, e non in quel di Miami: infatti è di poche ore fa una notizia incredibile. Isaiah Austin, giocatore al quale pochi giorni prima del Draft 2014 era stata diagnosticata la sindrome di Marfan (patologia autosomica dominante che colpisce il tessuto connettivo, e dunque sistema scheletrico, occhi, cuore e vasi sanguigni), può finalmente tornare a giocare. La notizia è stata rilasciata dal giocatore stesso su Instagram:
Diversi giocatori afroamericani ripongono molto nella fede, e così è stato anche per Isaiah: la fede in Dio l’ha spinto a credere nelle sue possibilità, a non smettere di sperare e continuare a sognare.
Crying real tears because I never thought this would be possible. But God made it possible! HE is real! I’m ready to share my full testimony — Isaiah Austin (@IsaiahAustin) 1 dicembre 2016
Ora Isaiah può tornare sui campi da pallacanestro senza preoccupazioni, “è stabile”, dicono i medici, il ragazzo ha un’intera vita davanti, il talento non manca (12 punti e 7 rimbalzi di media in due stagioni al college con Baylor) e le possibilità di sbarcare in NBA o magari in Europa sono piuttosto alte. Nel 2014 Adam Silver, commisioner NBA, aveva chiamato il ragazzo sul palco del Draft, simulando una sua chiamata da parte di una franchigia: chissà che ora il sogno possa davvero realizzarsi.
Welcome back, Isaiah! pic.twitter.com/yIKEDpnTDT
— Bleacher Report (@BleacherReport) 30 novembre 2016
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