Non bastano Griffin e Paul, Houston ferma LA ad un passo dalla storia: le pagelle di Rockets-Clippers

Home NBA News

I Rockets raggiungono i Warriors in finale di Conference, dove Harden potrà sfidare nuovamente Curry, per vendicarsi della sconfitta rimediata nella lotta al titolo di MVP della RS. I Clips abbandonano invece la post-season con molti rimpianti e qualche certezza: Rivers ha fatto fare il salto di qualità alla squadra, ma non è ancora abbastanza, il traguardo della prima finale di Conference, nella storia della franchigia californiana, si è infranto contro Houston, che quando sembrava ormai sul punto di affondare, ha tirato fuori l’orgoglio e ha rimontato una serie ormai compromessa vincendo le ultime tre partite (4-3).

Houston Rockets:

harden

 James Harden 8: è il leader incontrastato di questi Rockets, in attacco tutto passa dalle sue mani (26.7p e 8a a gara), soprattutto quando la fase offensiva sembra arrivata a un punto morto, la parola d’ordine è “palla al Barba e pedalare”. Nonostante sia marcato da Redick (non proprio un mastino), a tratti sembra fare fatica,  perde qualche pallone di troppo (4.5 a gara) e si intestardisce nel ricercare continuamente la soluzione personale (42% al tiro con 36%), ma è lui a suonare la carica in Gara 5 con una tripla doppia e a prendersi tutti i tiri che contano, dando la scossa a Houston per la rimonta finale. Nonostante il ruolo di condottiero sia saldamente nelle sue mani, Il quarto periodo di Gara 6 rimane in panchina, assistendo alla portentosa rimonta dei suoi e non potendola guidare da protagonista, mancando quindi nel momento più decisivo della serie.

Dwight Howard 7,5: Deandre Jordan è un cliente scomodo per chiunque e a tratti Howard lo soffre tremendamente, ma quando i Rockets riescono a invertire l’inerzia della serie, anche l’ex-Magic si trasforma, lasciando intravedere sprazzi di quel giocatore che si era guadagnato il soprannome di Superman. Le prime partite sembra intimidito e svogliato in difesa, poi si riprende a poco e chiude la serie di Playoffs con una doppia-doppia (17.2p e 13.8r) risultando molto utile anche in difesa con le sue poderose stoppate. Peccato per le percentuali pessime ai liberi (41%).

Josh Smith 7: dato come giocatore finito dopo il taglio da parte dei Pistons, Smith si è calato alla grande nel ruolo di giocatore in uscita dalla panchina (12p e 6r a gara), risultando decisivo nella rimonta di Gara 6 con due triple che hanno dato la sveglia a Houston. La sua serie ha due facce, timido e poco preciso nelle prime partite, fondamentale nelle ultime, con la prestazione di Gara 6 da incorniciare e una Gara 7 all’insegna del sacrificio.

Corey Brewer 7: si rivela fondamentale dalla panchina, soprattutto perchè si fa sempre trovare pronto quando conta; fa molto lavoro sporco ed è tra i protagonisti della rimonta di Gara 6, grazie ai suoi canestri e alla sua difesa. Criticato per il suo tiro da tre poco affidabile, smentisce i suoi haters con un buon 35% da oltre l’arco (per i suoi standard), infilando punti pesanti nei momenti caldi della partita.

Trevor Ariza 6,5: contro Dallas aveva stentato parecchio, soprattutto al tiro; in questa serie si riprende parzialmente, pur continuando a litigare con il canestro (39% dal campo), risulta utile in difesa (1.7 rubate e 6.8r a partita) e in attacco si fa vedere a sprazzi (13.2p di media). Fondamentale nelle ultime due gare nella propria metà campo  difensiva, dove riesce a limitare Griffin.

Terrence Jones 6: accantonato dopo le prime partite e ridotto al ruolo di comprimario, Jones trova la forza di reagire, giocando alla grande nelle ultime uscite della serie e risultando molto utile alla causa dei Rockets. Chiude con medie dignitose (11p e 6r), ma deve ancora recuperare quella cattiveria nell’andare a rimbalzo che lo caratterizzava prima che gli infortuni lo tormentassero.

Pablo Prigioni 6: quando entra in campo, la sua esperienza si fa sentire, fa molto lavoro sporco, sacrificandosi per i compagni, ha ancora qualche cartuccia da sparare e le sfrutta alla grande, soprattutto nei momenti che contano .

Jason Terry 5: titolare dopo l’infortunio di Beverley, svolge il proprio compitino senza strafare, si limita a tenere a bada Paul (anche se non sempre il risultato è quello sperato) e a portare palla in attacco, nelle poche occasioni in cui il Barba siede in panchina. Un giocatore della sua esperienza, nonostante sia ormai sul viale del tramonto, dovrebbe contribuire di più.

Papanikolau, Dorsey e Johnson sv: giocano troppo poco per poter valutare le loro prestazioni.

Clint Capela 5: sostituire Howard e prendere in consegna Jordan non è facile, lui ci prova nei pochi minuti che ha a disposizione, mettendoci impegno e grinta.

Kevin McHale 8: sembrava perduto dopo due gare e condannato ad abbandonare la post-season, invece riesce ad aggiustare la squadra in corsa, abbandonando la tattica dell’Hack a Jordan e rimettendo così i suoi in linea di galleggiamento. La scelta di tenere fori Harden il quarto periodo di Gara 6 sembra folle, ma alla fine paga alla grande.

Los Angeles Clippers:

blake_griffin_la_clippers_lakers

Blake Griffin 8: Playoffs da fenomeno, fino all’ultimo quarto di Gara 6 (25.5p, 12.7r e 6.1a con il 51% al tiro), poi si spegne. Porta i Clippers sul 2-0 anche senza Paul, si mangia gli avversari nel pitturato, segnando a raffica, poi qualcosa si rompe; perde 4 sanguinosi palloni in Gara 6 che spianano la strada alla rimonta dei Rockets e nell’ultima partita, decisiva per il passaggio in finale, non riesce a trascinare i suoi. Lotta sempre e non si arrende mai e insieme a Paul è il leader di questi Clippers, purtroppo però cade a pochi metri dal traguardo.

Chris Paul 7,5: dopo la serie eroica contro gli Spurs, salta due partite per infortunio, poi, al suo ritorno, guida i Clippers a un’altra vittoria, prima del blackout delle ultime tre partite. Se si spegne anche lui in attacco sono dolori, soprattutto se Griffin non gira a pieno regime; disputa una post-season stellare (22.1p e 8.8a), ma si deve arrendere al fato, che lo vede ancora una volta scivolare prima delle tanto agognate finali di Conference. La delusione è ancora più grande, tenendo conto di quanto i Clippers fossero ormai vicini al traguardo.

Deandre Jordan 6,5: a rimbalzo è una macchina (13.4), inoltre il suo fisico possente e la sua esplosività intimoriscono gran parte di coloro che si avventurano nelle vicinanze del ferro; tiene a bada Howard nelle prime partite, dominandolo, poi si sgonfia, come tutti i Clippers. Nonostante l’Hack a Jordan sistematico di McHale, se la cava dalla lunetta, ma deve migliorare il suo gioco d’attacco e le sue capacità di rim-protector.

J.J. Redick 6: discontinuo, a tratti incontenibile con i suoi tagli e le sue triple, a tratti invece spara a salve. Nonostante le percentuali non altissime al tiro (43% con il 39% dall’arco), è un’arma importante per Rivers, anche in difesa, dove deve tenere a bada il Barba e se la cava egregiamente, pur non essendo uno specialista.

Matt Barnes 5: si occupa della difesa, lasciando la fase offensiva ai compagni più talentuosi, si distingue per gli insulti rivolti alla madre di Harden e per poco altro. Avulso dal gioco, svolge il proprio compito, ma l’impressione è che questi Clippers abbiano bisogno di qualcosa di più in quel ruolo.

Austin Rivers 5: parte alla grande poi si spegne e perde incisività dalla panchina. Sostituire Paul non è facile, ma il figlio di Doc non lo fa rimpiangere (8.4p) e si guadagna minuti importanti alla sua prima esperienza di post-season, facendo intravedere anche buone cose.

Davis e Hawes 4,5: giocano poco, ma risultano troppo poco decisivi. Il loro contributo alla squadra è quasi nullo, nonostante gli spezzoni di partita concessi non permettano loro di esprimersi appieno.

Jamal Crawford 4: Rivers lo considerava la sua arma principale dalla panchina, ma si è dovuto ben presto ricredere, Crawford ha le polveri bagnate (12.7p con il 36% al tiro con 24% da dietro l’arco) e a volte risulta addirittura dannoso, a causa della sua continua ricerca del tiro, anche forzandolo. Con il passare delle partite perde fiducia e di conseguenza abbassa ancora di più il suo livello di gioco.

Turkoglu, Jones, Hudson e Udoh sv: giocano troppo poco per poter esprimere un giudizio sulle loro prestazioni.

Doc Rivers 6: domina le prime gare della serie, poi quando Houston si fa sotto, perde il controllo della squadra, non riuscendo a capire cosa c’è che non va. I suoi Clippers affondano sotto i suoi occhi, senza che lui riesca a fare nulla per salvarli.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.