Aldo Vanoli e il trionfo dell’umiltà

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“Ci vuole più umiltà nei nostri momenti di successo che non in quelli di sconfitta”
[J. Dewey]

Il silenzio e la quiete, spesso, fanno molto più rumore di tutte le urla che macchiano e infettano il mondo. Silenzi invisibili che appena irrompono e vengono colti dai nostri sensi diventano assordanti.

Con la vittoria nelle Final Eight di Coppa Italia, Cremona ha marchiato a fuoco il proprio nome nella storia sportiva e in particolare della pallacanestro sia per il risultato in sé ma anche per il percorso che negli ultimi dieci anni l’ha condotta fino a un traguardo che è giusto definire storico.
Nella favola sportiva che ha portato una piccola realtà (con un budget nettamente inferiore rispetto ad altre corazzate del campionato) a vincere una competizione così prestigiosa regalando a una città di 70.000 abitanti uno se non il maggior trionfo sportivo della propria storia, a emergere silenziosamente, con la semplicità che lo contraddistingue, è la figura di Aldo Vanoli.

Certo, avere un coach come Meo Sacchetti ed essere riusciti con il GM Vacirca a costruire un roster di questo livello (a cui comunque nessuno a inizio stagione dava credito) aiuta, ma in questa clamorosa vittoria c’è anche la firma di Aldo Vanoli, impressa a caratteri cubitali. Il Presidente di Cremona, con la sua pacatezza e umiltà, è la perfetta sintesi e rappresentazione di ciò che la società Vanoli ha fatto vedere negli ultimi anni al mondo cestistico italiano. La sua ormai proverbiale conduzione famigliare di questa squadra, volgarmente definita “a pane e salame” (tanto amato da coach Sacchetti), emerge e tuona in un mondo sportivo dove troppo spesso regnano protagonismo e antagonismo e dove vince la cultura dell’omertà.

Aldo Vanoli no. Aldo Vanoli, profondamente commosso ed emozionato nelle dichiarazioni post-vittoria in cui è tracimata tutta la sua genuinità, ha posto l’accento su tutti i sacrifici fatti durante questa cavalcata, su quanto conti sì vincere ma farlo nel rispetto delle regole, che siano quelle sul parquet o quelle fuori dal campo. Ogni inizio di stagione la conditio sine qua non è sempre stata garantire, insieme al Vice-Presidente Davide Borsatti, il bene e la serenità di tutti coloro che fanno parte della Vanolifamily. Non sempre i risultati sono stati eccelsi, ma la società è sempre rimasta sana, soprattutto quando tra le difficoltà tecniche emergevano anche quelle societarie, tra sponsor che si faticavano a trovare e rischi concreti di non potersi iscrivere al campionato. Tutto questo senza mai però cercare una scappatoia, essendo sempre in regola con i pagamenti e lasciando costantemente in chi passava da questa famiglia un ricordo positivo e indelebile, non così scontato da imprimere nel cuore di chi magari dall’America arriva con tanti dubbi e insicurezze su un mondo diverso dal proprio.

Dovreste vederlo, il buon Aldo. Quando a Natale sorride nel ricevere gli auguri di ex giocatori come Marko Milic o Troy Bell (giusto per citarne alcuni) o dagli ex allenatori, mentre nella sua ferramenta a Soncino si gode tutto ciò che dal nulla ha messo in piedi. Magari alla Gambisa, l’agriturismo che ha fatto ristrutturare con tanto di maneggio e dove ha fatto costruire un palazzetto sede ogni tanto degli allenamenti della squadra seguiti dalla classica cena, momento di convivialità fondamentale per creare e cementare il gruppo.

In un mondo sportivo fatto di presidenti e società che sbraitano, che non pagano i giocatori, che aggirano le regole per tornaconti personali e che straripano e deragliano quando i problemi non sono più controllabili, sarebbe auspicabile avere più persone come Aldo Vanoli, che in silenzio riescono a fare un rumore assordante.

Persone semplici, genuine, essenziali, sincere.
Umili.

Come il pane e il salame.

Michele Manzini

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