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Zion Williamson ha solo iniziato a grattare la superficie

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“Probabilmente è più esplosivo di quanto fossi io” – Shaquille O’Neal

Se si parla di esplosività, non ci può essere investitura o passaggio di testimone migliori di quelli ricevuti da Shaquille O’Neal. Il dominatore assoluto dei pitturati NBA nella decade a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio ha avuto parole al miele per Zion Williamson, titolare di un tonnellaggio comparabile ma spalmato in quasi 20 cm in meno rispetto al prodotto di LSU.

Il ritorno sul parquet dopo un anno intero fermo per l’infortunio al piede destro ci ha restituito uno Zion in piena forma e, con sulle spalle una chiacchierata estensione contrattuale da 193 milioni in 5 anni, in grado di lanciare i New Orleans Pelicans tra le migliori squadre della Western Conference.

I numeri di Zion e dei Pelicans

La squadra allenata da Willie Green è attualmente terza a Ovest con un record di 18 vittorie e 12 sconfitte (on pace per le 50 vittorie stagionali), ma ha anche accarezzato la prima posizione in classifica grazie a un record di 12-2 (con all’interno una serie di 7 vittorie consecutive) prima di 4 sconfitte nelle ultime uscite.

I Pelicans sono l’unica squadra NBA ad essere top-6 sia per offensive rating (114.9 punti su 100 possessi, 5°) che per defensive rating (110.0 punti subiti su 100 possessi, 6°) e se il miglioramento nel net rating dal 23° al 4° è sicuramente da attribuire anche al coach e a uno dei roster più profondi della Lega, è Zion Williamson che si è caricato la squadra sulle sue (enormi) spalle, trascinandola anche con CJ McCollum e Brandon Ingram ai box per infortunio, segnando 25.2 punti a partita con oltre il 60% dal campo, 7.2 rimbalzi, 4.7 assist, 1.2 recuperi e 0.6 stoppate di media. Le sue schiacciate mentre spazza via qualunque avversario gli si pari davanti o quando è lanciato in contropiede elettrizzano un Smoothie King Center mai così carico come in questa stagione. Anche e soprattutto quando c’è da mandare un messaggio ai Phoenix Suns andando contro (giustamente, ndr) le regole non scritte NBA.

Le critiche al prodotto di Duke University sulla sua attitudine nel recuperare dall’infortunio (85 partite giocate sulle 226 dei primi 3 anni di carriera), sul controllo della propria dieta e sulle difficoltà nell’esprimere a pieno il suo clamoroso potenziale sono state spazzate via da un’estate in cui la sveglia per allenarsi suonava ben prima dell’alba e da un primo terzo di stagione sontuoso che, dopo la serie da 7 vittorie consecutive in cui ha viaggiato a 30 punti, 9.1 rimbalzi e 5.3 assist di media tirando con il 66% dal campo, ha cristallizzato il suo nome nelle conversazioni per il premio di MVP.

Nelle prime 100 partite della sua carriera ha segnato 83 volte più di 20 punti (meglio di lui solo un certo Michael Jordan), 42 volte ha segnato più di 20 punti nella restricted area in una partita (negli ultimi 25 anni, nessuno ha mai superato le 10 nelle prime 100 partite di carriera), 1898 punti in the paint (secondo solo a Shaq) ed è l’unico di sempre ad aver segnato più di 25 punti di media con oltre il 60% dal campo (numeri via si.com).

Una macchina da guerra

Una macchina da guerra, ne converrete. Trovare un antidoto al suo gioco che combina con efficacia velocità, potenza e capacità di lettura è un rebus irrisolvibile per le difese, viste nello specifico la varietà di soluzioni che ha nel proprio arsenale e che potrebbe aggiungere con l’avanzare della sua carriera. Solo i Bucks nell’ultima partita hanno provato un approccio estremo raddoppiandolo ancor prima che potesse ricevere il pallone o chiudendo l’area con un altro uomo oltre al suo marcatore diretto, lasciando piuttosto che fosse uno degli altri 4 a batterli.

Quando attacca in penetrazione (15 possessi a partita) e trova la direttrice per il ferro Zion Williamson è semplicemente inarrestabile e bullizza qualunque difensore provi a mettersi di fronte a lui, segnando nel 55.6% dei possessi (solo Doncic, Beal, Mitchell, Antetokounmpo e Jaylen Brown fanno meglio di lui su chi attacca almeno 10 volte a partita in penetrazione). È primo per numero di tiri all’interno della restricted area, segnati con il 70%, e primo per punti segnati in the paint (18.9 a partita).

In isolamento gioca circa 3.8 possessi a partita ed è in grado sia di sgusciare via al proprio difensore attaccando la linea di fondo battendo gli aiuti dal lato debole con la sua esplosività, sia di fronteggiare il canestro attaccando il centro area battendo con la sua velocità di piedi i difensori che hanno meno movimento laterale. Segna 111 punti su 100 possessi in isolamento (5°, ma fino a due settimane fa era oltre i 120), solo DeRozan guadagna più viaggi in lunetta e la sua eFG% è 56.9%, seconda in tutta la Lega solo a Irving e Lillard che però beneficiano del maggior peso del tiro da tre punti.

L’aggiunta più significativa al suo repertorio è il gioco in post, nel quale Zion Williamson può ancora migliorare certi movimenti e letture soprattutto per trovare i compagni liberi, ma è tra i pochi che gioca oltre 4 possessi in post a partita e segna 105 punti su 100 possessi, non così lontano da Jokic, Sabonis, Embiid ed Anthony Davis.

Infine se coinvolto come palleggiatore nel pick and roll con più frequenza potrebbe essere un’arma letale, per la sua capacità di rendere la vita più facile ai propri compagni se le difese gravitano intorno a lui, essendo non solo in grado di avere una buona visione di gioco ma anche di far arrivare i passaggi a destinazione e aumentare il numero di tiri da tre nei quali i Pelicans latitano (ne genera 3.97 su 100 possessi). In più, in caso le difese cambino dopo il blocco, contro un giocatore più piccolo Zion potrebbe sfruttare il gioco in post mentre contro un lungo batterlo in velocità.

Come evidenziato dal tweet di SIS Hoops, Williamson su 100 possessi è poco sopra la media NBA per opportunità di generare un vantaggio on-ball (57.7 possessi) ma è spaventosa la percentuale in cui questa opportunità va a buon fine, ovvero sia che venga generato un tiro di qualità per se stesso o per i compagni, indipendentemente dal risultato di quest’ultimo: 33.2%, primissimo nella Lega con oltre 15 punti percentuali in più della media. Ogni volta che Zion ha la palla, una volta su tre viene generato un tiro di qualità, segno che lasciargli giocare tanti possessi con la palla in mano sarebbe solo vantaggioso per i Pelicans.

Avendo a disposizione tutte queste armi, con la prima scelta assoluta al Draft 2019 in campo New Orleans ha uno spaventoso +9.7 di net rating (94° percentile) mentre se esce e va in panchina, l’attacco perde 7.1 punti e la difesa ne subisce 4.6 in più, sempre su 100 possessi (per Cleaning the Glass).

Dove può ancora migliorare

La sua lacuna principale rimane il tiro da tre punti. In 30 partite si è preso solo 18 tiri da dietro l’arco (mettendone 6, il primo alla decima partita). I difensori tendono già a stare abbondantemente con i piedi dentro l’area quando Zion è in possesso di palla sul perimetro e necessariamente ai Playoff questo deficit verrà esposto dalle difese in maniera sesquipedale, ingolfando così le spaziature dell’attacco di New Orleans. Migliorare questo aspetto così come la percentuale ai liberi sarà cruciale per il suo sviluppo come giocatore offensivo completo.

Coach Willie Green dovrebbe come detto anche aumentare il coinvolgimento della sua stella come ball handler del pick and roll, date le possibilità analizzate in precedenza che avrebbe con la palla in mano (nonostante qualche palla persa di troppo, frutto di troppa fiducia nei propri mezzi e di forzature da limitare). Alla sua seconda stagione in NBA, Zion Williamson si è dimostrato molto abile con un offensive rating di 100 su 8.7 possessi a partita. In questa stagione, complice la gestione di palla affidata a più giocatori e all’arrivo di McCollum, il dato è crollato a 2.7 possessi a partita per 96 punti su 100 possessi. More Point Zion e auguri a tutte le difese.

Infine a inizio stagione non sempre la difesa è stata all’altezza di un All Star, soprattutto in certe partite in cui in isolamento contro giocatori più piccoli veniva battuto con troppa facilità. Eppure quando è concentrato, rapido negli aiuti, attivo sulle palle vaganti e nelle deflections e ha voglia di sprintare in difesa nelle situazioni di transizione è in grado di essere anche un buon difensore, grazie alle sue doti altetiche e fisiche che gli consentono di essere una minaccia anche nella metà campo difensiva.

The sky is limit, come si suol dire. E, al netto degli infortuni subiti e del mantenimento della forma fisica, Zion Williamson il cielo ha solo iniziato a cercare di raggiungerlo.

 

– laddove non specificato, i dati sono via nba.stats.com.

Michele Manzini

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