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Cantù, fallimento sportivo o tri(e)ste realtà?

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Con la serata di mercoledì si è conclusa la stagione dell’Acqua S.Bernardo Cantù, la terza di fila in Serie A2, categoria che non le appartiene per storia e tifo (durante le finali playoff si sono viste più di 6mila persone al PalaDesio).

Purtroppo per i tifosi canturini non sarà l’ultima di fila in Serie A2, nel 2024-2025 dovranno giocare ancora nella serie cadetta e sicuramente lo faranno con il quarto allenatore in quattro anni: prima Marco Sodini, poi Meo Sacchetti e infine Devis Cagnardi, che è partito come vice di Sacchetti ma da settembre è l’head coach dei biancoblu.

Andiamo ad analizzare la stagione e cerchiamo di capire per quale motivo, anche quest’anno, Cantù non è riuscita a lasciare il Purgatorio, che sta diventando Inferno, della Serie A2.

La decisione-non decisione di esonerare Sacchetti

sacchetti cantù pesaro buscaglia

Dopo quella tremenda gara-5 a Casale Monferrato nel 2023, tutti quanti si sarebbero aspettati che coach Meo Sacchetti sarebbe stato esonerato perché perdere gara-5 in “casa” contro una squadra nettamente inferiore era un qualcosa di inaccettabile. Eppure, dopo tanti pensieri ed elucubrazioni, da una parte (Cantù) e dall’altra (Sacchetti), si è deciso di andare avanti insieme. Ma con poca convinzione.

Infatti, il 25 settembre, a preparazione già bella che iniziata e con il campionato alle porte, Cantù ha deciso di esonerare Meo Sacchetti per affidare la panchina al suo esperto vice, Devis Cagnardi. E la decisione finale è stata presa dal general manager Sandro Santoro, come ha più volte detto durante la conferenza stampa di presentazione di Cagnardi, definito un upgrade.

In questa sede non vogliamo discutere la scelta. Vogliamo parlare dei tempi. Com’è possibile che da un mese con l’altro – letteralmente – si sia giunti alla conclusione che Meo Sacchetti non fosse più adeguato per allenare la Pallacanestro Cantù e che – in maniera definitiva – il suo sostituto sarebbe stato il suo vice, il quale arrivava da un’annata ottima sulla panchina della Fortitudo Agrigento e aveva allenato anche in Serie A?

Probabilmente l’estate scorsa sarebbe servito un po’ più di coraggio per decidere di andare subito su un nuovo tecnico, anche se sappiamo che cambiare 3 allenatori in 3 anni non è il massimo, soprattutto se parliamo di uno che ha portato l’Italbasket alle Olimpiadi o Sassari a vincere lo Scudetto. Ma mettergli un vice che avrebbe potuto fare il capo-allenatore per poi esonerarlo dopo 1 mese, forse non è stata la scelta giusta. Ci sentiamo di dire che però non è stato l’unico errore che è stato commesso durante l’anno.

La formazione della squadra

Cantù ai canturini. Questo sarebbe potuto essere un bellissimo slogan per le recenti campagne comunali che hanno visto la conferma di Alice Galbiati a sindaco di Cantù. Ma nel basket servono i giocatori forti. Che se sono canturini, vedi Awudu Abass o Gabriele Procida, meglio, perché ci mettono ancora più grinta e passione. Ma se vengono da Brindisi, Trieste o Varese, vanno bene lo stesso.

Purtroppo la decisione di puntare su Curtis Nwohuocha e Luca Cesana non è stata premiante: il primo perché non ha praticamente mai messo piede in campo e il secondo perché si sapeva che avesse dei problemi fisici che ne avrebbero condizionato gran parte dell’annata. Non così tanto come poi è stato, ma di certo si sapeva che “Ceso” non sarebbe stato al top sin dall’inizio.

Le riconferme dei fallimenti passati sono state coraggiose. Nicola Berdini è un buonissimo playmaker per la Serie A2, ma non può essere il tuo backup – per struttura fisica – se vuoi salire in Serie A. Lorenzo Bucarelli è un ragazzo che ha fatto vedere cose buone e altre molto meno, di certo non è Ariel Filloy o Matteo Imbrò per intenderci. Filippo Baldi Rossi e Stefan Nikolic sono state delle conferme giuste e importanti. Fin dall’inizio però la squadra era troppo corta, considerando la situazione fisica di Cesana e le esperienze non proprio positivissime di Nwohuocha in A2. E lo sapevano tutti, tant’è che si fece di tutto per firmare Andrea Cinciarini a metà agosto e poi si è partiti con il pressing per Riccardo Moraschini.

La mancanza di gioco e la difesa altalenante

Cantù non ha mai giocato un basket di alto livello, nonostante i giocatori per farlo ci fossero, e in difesa ha offerto ottime prestazioni ma altre orripilanti, vedasi Vigevano o Cividale, senza contare quelle in cui in qualche modo è riuscita comunque a vincere.

Da una squadra con il talento di Cantù ci si sarebbe aspettati di vedere un buon basket, organizzato, una discreta circolazione di palla, invece anche ai playoff si è vista una formazione di 1 contro 1 e tiro da tre punti, con Anthony Hickey a determinare la vittoria o la sconfitta della squadra. L’unica gara vinta contro Trieste è stata condizionata dai 29 punti dell’americano e dall’applicazione difensiva dello stesso. Senza di lui, com’è successo in gara-4, i brianzoli hanno sempre fatto tantissima fatica a fare canestro e a vincere le partite.

A questo si aggiungono gli approcci ai match quasi sempre sbagliati, con parziali importanti da parte degli avversari, specialmente a Desio, come se il pubblico canturino non fosse uno sprone ma un limite emotivo. Eppure moltissimi giocatori hanno vestito la maglia azzurra o comunque hanno giocato a livelli discretamente alti in Europa…

La mancanza di coraggio di cambiare rotta

L’Acqua S.Bernardo aveva bisogno di una “strigliata” e forse il cambio di coach in concomitanza con l’inaccettabile sconfitta di Cividale avrebbe potuto permettere ai brianzoli di fare quello step in più per raggiungere la Serie A. Perché Trieste era più forte e più lunga e l’ha dimostrato. Ma il fattore PalaDesio è stato completamente scialacquato e la Pallacanestro Cantù non può permetterselo. Abbiamo visto anni in cui l’Olimpia Milano o la Mens Sana Siena o il Maccabi Tel-Aviv o il Real Madrid arrivavano al Pianella o a Desio e perdevano anche grazie al tifo caldissimo degli Eagles.

Ecco, gli Eagles e tutti i tifosi canturini sono stati straordinari, e forse con un cambio in panchina a stagione in corso i biancoblu sarebbero riusciti a salire. La “scusante” è che non c’erano alternative valide, ma probabilmente al management è mancato il coraggio di cambiare prima e andare immediatamente su Andrea Diana, proprio per dare quella scossa necessaria ai giocatori e cercare di far cambiare loro la mentalità, non sempre ottimale durante la stagione.

Riccardo Moraschini

Serie A2 playoff

Umanamente siamo veramente dispiaciuti per com’è finita la sua annata ma non possiamo nasconderci dietro a un dito: ha ampiamente deluso le aspettative. L’italiano ex Venezia, Milano e Brindisi è arrivato in Brianza come salvatore della patria ma non ha salvato nulla, anzi, in certe gare è stato deleterio e in altre un fantasma.

Ai playoff, quando i giocatori fuori categoria devono fare la differenza, vedasi Amar Alibegovic nella decisiva sfida contro la Fortitudo Bologna o Michele Ruzzier in quella contro Cantù, si è perso nel marasma e l’unica prestazione degna di nota è stata gara-4 a Cividale, poi niente di niente.

Moraschini ha ancora due anni di contratto con Cantù, come li ha anche Filippo Baldi Rossi. Entrambi devono guidare immediatamente i brianzoli verso il ritorno in Serie A perché già 3 anni di fila in Serie A2 erano troppi, figuriamoci 4. Impossibile pensare al 5° per quanto investito dalla proprietà e per i piani futuri del club canturino.

E adesso?

Adesso c’è da raccogliere i cocci e capire anzitutto chi sarà il 4° allenatore in 4 anni. Al 99% Devis Cagnardi non sarà più il coach di Cantù nel 2024-2025. Al momento è una corsa a due: Nicola Brienza, che è diventato favorito in queste ore, e Attilio Caja, che sta avendo dei problemi di rescissione di contratto alla Fortitudo.

Una volta definito questo, bisognerà pensare alla costruzione del roster. Di sicuro Cantù ha imparato che ha bisogno di 8 giocatori veri più Luca Cesana e almeno un centro italiano di livello. Baldi Rossi e Moraschini resteranno, probabilmente anche Stefan Nikolic. Lorenzo Bucarelli ha contratto ma forse si potrebbe cercare un’alternativa perché lui è uno dei pochi – insieme a Nikolic – a essere a Cantù dal primo anno di Serie A2 e quindi ha vissuto tutte e 3 le delusioni da protagonista.

Difficilmente resterà Nicola Berdini, la sua poca fisicità si è rivelata un problema ai playoff, mentre potrebbe rimanere Cesana, che ha fatto vedere delle buone cose contro Trieste. Per Christian Burns e gli americani dipenderà molto dal coach, anche se l’ex Brescia e Milano ha ampiamente deluso in questa stagione (a parte un paio di partite contro Trieste).

Ora non resta a Cantù che prendersi qualche giorno di riflessione, scegliere il giusto coach e poi ricominciare la scalata per andare a costruire la miglior squadra della Serie A2, ora che non c’è più Trapani. Le potenzialità economiche e tecniche ci sono, ma ci si deve muovere in fretta: gli italiani forti che ti permettono di salire, come Pierpaolo Marini, Matteo Imbrò e Fabio Mian, vanno via come il pane…

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