Fab Five: The greatest class ever

Home Rubriche

Ann Arbor, campus della University of Michigan, è l’estate del 1991 e coach Steve Fisher è alla ripresa degli allenamenti con la squadra di basket dell’università; la stagione passata è stata alquanto deludente, terminata con un’ eliminazione al primo turno del NIT (il torneo di consolazione per gli esclusi dal tabellone finale NCAA), ma quest’anno tutto è diverso, tra i ragazzi che si stanno allenando infatti ci sono ben 5 freshmen, giocatori al primo anno di università, e non sono dei freshmen qualunque ma giocatori contesi dai college più prestigiosi d’ America a cui l’università del Michigan è riuscita a strappare la firma:
Chris Webber, da Detroit, High school All American
Juwan Howard, da Chicago, High school All American
Jalen Rose, da Detroit, High school All American
Jimmy King, da Plano, Texas, High school All american
Ray Jackson, da Austin, Texas
Il recruiting non è stato affatto facile, in particolare per Chris Webber, prospetto numero 1 nella lista dei migliori liceali d’America, che viene tentato dalle sirene di Duke e di Mike Kryzewsky; a convincerlo a restare vicino a casa (Ann Arbor e Detroit distano 70 km) è Jalen Rose, altro ragazzo di Detroit, ma soprattutto grande amico di Chris, dopo che i due si erano conosciuti nelle sfide tra le loro high school.

Da sinistra a destra: Jimmy King, Juwan Howard, Chris Webber, Jalen Rose e Ray Jackson
Da sinistra a destra: Jimmy King, Juwan Howard, Chris Webber, Jalen Rose e Ray Jackson

L’interesse per la squadra comincia a salire, raramente si era visto così tanto talento concentrato in un’ unica università e i media statunitensi hanno già deciso chi sono questi 5 ragazzi: The greatest class ever, i 5 giocatori più forti mai recrutati nella storia del college basket. L’NCAA di allora è però profondamente diversa da quella di oggi, nessuno resta al college per una sola stagione e soprattutto ai freshman è dato poco spazio, in quanto gli allenatori, avendo la certezza che i giocatori sarebbero restati 3 o 4 anni, potevano permettersi di farli “maturare” con più calma. Tutti cominciano a chiedersi cosa farà coach Fisher: farà partire solo Webber in quintetto? Oppure anche Howard e Rose, o addirittura tutti e cinque, anche se quest’ultima ipotesi è subito scartata dall’allenatore che mette in chiaro: “That’s not gonna happen”.fab5

I risultati mettono però a dura prova le parole di coach Fisher, alla quinta partita arriva una sconfitta contro gli acerrimi rivali di Duke e quando cominciano le partite di conference, durante il mese di Gennaio, le sconfitte cominciano ad essere un po’troppe; è il 9 Febbraio 1992 e durante la trasferta contro Notre Dame Fisher prende la sua decisione: tutti e cinque in quintetto, i Wolverines vincono la partita ma soprattutto tutti i punti della squadra sono messi a segno dalle cinque matricole, un successo incredibile. Da questo momento cambia tutto ed è dopo questa partita che nascono i Fab Five, come vengono immediatamente battezzati dalla stampa americana. Sono una tempesta che si abbatte sul college basket, si cercano a vicenda, si esaltano e si gasano dopo ogni singolo canestro, ma soprattutto sono irriverenti, provocano gli avversari, il trash-talking è per loro, cresciuti nei playground di Detroit e di Chicago, qualcosa di naturale; i compagni affermano che Rose si studiava i curriculum dei giocatori degli altri college per poi potergli rinfacciare qualche debolezza durante la partita. Lo stile di strada è entrato definitivamente nel mondo del college, i Fab Five portano cuffie enormi alle orecchie, ascoltano l’Hip-Hop e indossano maglie e pantaloncini di una taglia più grande; il loro stile di gioco farà anche inorridire molti “puristi“ ma fa impazzire migliaia di ragazzini americani che cominciano ad ammirare in tv le loro gesta, cercando poi di imitarle nei playground, indossando, in barba a John Stockton, pantaloni larghi e lunghi fino al ginocchio e sognando di avere un paio di Nike ai piedi.

Pantaloncini lunghi e Nike ai piedi...
Pantaloncini lunghi e Nike ai piedi…

La stagione si conclude con un record di 20-8, i Wolverines pagano il momento di difficoltà di Gennaio e ricevono il seed numero 6 del tabellone NCAA; ma nonostante questo i Fab Five regolano senza troppe difficoltà Temple, East Tennessee State ed Oklahoma State per poi dover sudare la qualificazione alla Final Four, battendo Ohio State solo all’overtime. L’atto finale del torneo NCAA si svolge a Minneapolis, i Wolverines battono anche Cincinnati e si trovano di fronte gli eterni rivali: i Duke Blue Devils. La sfida è piena di significati, due modi diversi di vedere il basket (e non solo quello); da una parte Christian Laettner e Grant Hill, ordinati, precisi, i classici bravi ragazzi americani, dall’altra l’irriverenza, quasi l’arroganza dei Fab Five. La partita però dura solo un tempo, nei secondi venti minuti la maggior esperienza di Duke si fa sentire ed i Blue Devils vincono agevolmente 71-51. I giovanissimi freshmen di Michigan escono in lacrime, forse ancora troppo inesperti per riuscire a sopportare responsabilità di questo tipo.

Ma ormai i Fab Five sono delle star indiscusse e nella stagione successiva qualsiasi risultato che non sia il titolo nazionale verrebbe visto come un fallimento; loro intanto continuano ad apparire in pubblicità e spot commerciali, ma un incidente rischia di rovinare tutto: Jalen Rose viene trovato in compagnia di alcuni amici in una “crack house “(una casa abbandonata dove si spaccia e si consuma droga), la vicenda non è chiara e Jalen non viene neppure incriminato, ma questo fatto desta comunque scalpore; al riprendere della stagione Rose zittisce però tutte le critiche sfornando prestazioni maiuscole. Michigan disputa una grandissima stagione e si presenta al torneo NCAA con il seed numero uno. I Wolverines asfaltano Coastal Carolina ma nel secondo turno si trovano, dopo il primo tempo, sotto di 19 contro UCLA, a risolvere la situazione ci pensa un Webber mostruoso (27 punti e 12/16 dal campo) che da la vittoria a suoi all’overtime. Dopo due vittorie agevoli contro George Washington e Temple i cinque sono di nuovo alle Final Four, che si disputano al Superdome di New Orleans. In semifinale per avere la meglio su Kentucky serve un supplementare e Michigan è ancora, come l’anno prima, in finale; l’avversario è North Carolina, guidata in panchina dal mitico Dean Smith.

Il momento decisivo.
Il momento decisivo.

La partita, a differenza di quella contro Duke di 12 mesi prima, è tiratissima, molto dura; a 40 secondi dalla fine i Tar Heels sono avanti di 5 e sembrano aver vinto ma un tiro piazzato di Ray Jackson riapre tutto: -3, North Carolina sbaglia incredibilmente la rimessa e Webber appoggia il meno uno. Sull’azione successiva Michigan fa fallo e Sullivan fa 1 su 2 dalla lunetta: -2 e rimbalzo nelle mani di Webber che commette un’infrazione di passi evidentissima ma che gli arbitri non si sentono di fischiare; Chris parte in palleggio e arrivato nell’altra metàcampo va a chiudersi nell’angolo. A questo punto fa l’ultima cosa che deve fare: chiamare timeout, i timeout sono infatti finiti ed arriva immediatamente un fallo tecnico per Webber e North Carolina ottiene così due liberi ed il possesso. I giocatori in panchina si guardano negli occhi, come per chiedersi se ciò che hanno visto sia successo davvero, coach Fisher è impietrito, i tifosi in tribuna si portano le mani sul volto; i Tar Heels fanno due su due e vincono 67-63. Webber cammina a testa bassa verso gli spogliatoi, i compagni lo ritroveranno a terra, in lacrime, come l’anno prima, ma questa volta fa male, molto più male.

Negli anni le colpe continueranno a rimbalzarsi da una parte all’altra, molti diranno che erano stati dei membri dello staff ad urlare a Chris di chiamare timeout, la verità molto probabilmente non si saprà mai. Dopo un finale del genere è difficile far finta di nulla e infatti Webber si dichiarerà per il draft, dove sarà scelto con la numero 1 dagli Orlando Magic; l’anno seguente Jalen Rose e Juwan Howard faranno lo stesso, solo Jimmy King e Ray Jackson termineranno la loro carriera universitaria.

Ann Arbor, un murales celebrativo dei Fab Five.
Ann Arbor, un murales celebrativo dei Fab Five.

Il modo in cui si conclude la storia dei Fab Five è, se possibile, ancora più rocambolesco; nel 1997 alcune indagini portano alla luce uno strano giro d’affari, in cui viene dimostrato che un sostenitore dei Wolverines, tale Ed Martin, avrebbe pagato Webber ed altri giocatori dell’università, oltre ad aver fatto loro regali come gioielli, vestiti e prodotti elettronici. Ciò può sembrare banale a noi italiani, ma è severamente punito dalle regole dell’NCAA; l’università, trovatasi al centro di questo scandalo, decide, per evitare pene maggiori, di “auto-punirsi” dichiarando vacanti tutta una serie di stagioni, tra cui quelle del 1991-92 e del 1992-93; per l’NCAA quindi è come se i Fab Five non fosssero mai esistiti, tutte le loro partite sono state cancellate dagli albi. Ma questi cinque ragazzi sono esistiti eccome, l’influenza che hanno avuto sul basket è stata pazzesca; il loro modo di vestirsi, di comportarsi, di porsi nei confronti dei media ha rivoluzionato il mondo della pallacanestro; se oggi dopo ogni schiacciata i giocatori NBA cercano i flash delle macchine fotografiche è anche grazie a loro, se il mondo dell’hip hop è cosi legato a quello del basket è anche grazie a loro, se noi stessi quando andiamo a fare due tiri al campetto indossiamo dei pantaloncini lunghi oltre il ginocchio perché, come diceva Jalen Rose, “quando gioco devo essere comodo”, il merito è loro. La storia, anche se quella con la s minuscola della pallacanestro, di solito la scrivono i vincitori, ma non in questo caso,  perché questi cinque ragazzi, anche se hanno perso due finali, anche se non c’è traccia delle loro imprese sugli almanacchi, la storia l’hanno scritto lo stesso.

Redazione BasketUniverso

2 thoughts on “Fab Five: The greatest class ever

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.