“Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in sé genialità, magia e forza. Comincia ora.” Questa frase attribuita a Johan Wolfgang von Goethe rispecchia perfettamente il tema che stiamo per trattare: egli fu una figura di primo piano nell’Illuminismo che venne; un personaggio geniale, potente e capace di guardare oltre, insomma la figura per eccellenza del Neuhumanismus, l’Umanesimo tedesco. Goethe tra i vari attributi era anche un grande viaggiatore: Lipsia, Strasburgo ma anche il nostro paese. E tra le sue tappe vi fu una sosta in cui rimase commosso dalla bellezza dei suoi monumenti: quel monumento era l’Arena, la città Verona.
Verona: punto di ricchezza culturale, storica, letteraria e molto altro, perfino nella voce “sport”. Ed è qui che andiamo a parare: come Goethe era l’eccellenza della letteratura tedesca, la pallacanestro trova la sua magnitudinem nella Scaligera Basket Verona, militante in A2 Gold. Parliamo di un progetto glorioso con un passato nobile in Serie A1 in cui allestì una bacheca composta da una una Coppa Italia, una Supercoppa e una Coppa Korac prima del fallimento nel 2002. Nel 2007 la rinascita e, dopo qualche annata difficile, sotto Martelossi e Ramagli, la compagine gialloblu ha messo in piedi un progetto sempre più elaborato e migliorato; e così arriviamo alla stagione 2014/2015: con la promozione di Trento e il ripescaggio di Capo D’Orlando in Serie A, le premesse sono tutte a favore degli scaligeri per essere la prossima squadra a salire.
Attorno allo staff veronese si crea un roster di primo livello: sotto la guida di coach Ramagli, viene messa in piedi una squadra aggressiva in difesa e letale in attacco in cui ognuno dei cinque uomini in campo giocava per la vittoria. Si tratta di un alchimia di squadra che assemblata al talento individuale dei giocatori ha prodotto un campionato quasi perfetto con 22 vittorie e solamente 4 sconfitte. Se andiamo a guardare il roster di questa formazione spiccano nomi di primo livello: Andrea De Nicolao, miglior assistman del campionato e giocatore di alto QI cestistico; Klaudio Ndoja, gladiatore sul campo in attacco come in difesa; Giorgio Boscagin, capitano e figura di rilievo nello spogliatoio; Michael Umeh, tiratore micidiale, realizzatore da urlo e clutch player; e infine Darryl Monroe, grande scoperta per il nostro basket e MVP del campionato di A2 Gold con il suo dominio sotto le plance e il suo pick n roll con il play ex-Varese da alta scuola. Tuttavia anche la panchina non è stata da meno: da Reati a Mazzantini, passando per Gandini, Bartolozzi, Giuri e Petronio ognuno ha contribuito alla causa gialloblu in una stagione da incorniciare. Questo team ha vinto tutto in regular season, campionato e Coppa Italia, con un’autorità tale da convincere che la società gialloblu sarebbe salita sicuramente in Serie A.
Poi arrivano i playoff, ma bisogna attendere il nome della rivale del primo turno: tra Agrigento e Treviso, vincono i siciliani per 2-1. Verona in stagione regolare aveva battuto in entrambi gli scontri i biancoazzurri quindi ancora una volta, chiunque avrebbe scommesso su un passaggio sicuro per gli scaligeri. La pallacanestro però insegna che ogni partita si gioca in 40′, che nessun risultato è mai scontato e che bisogna lottare fino in fondo per vincere: come Trento due anni fa eliminò Barcellona testa di serie, stavolta è stato il turno degli uomini di coach Ciani che han prevalso su una squadra, a detta di molti, irriconoscibile per 3-1 in uno degli upset più sconvolgenti degli ultimi anni.
In questi playoff sembrava esser mancato tutto quello che gli scaligeri avevano mostrato in stagione regolare: attacco forte ma più confusionario, difesa non più reattiva al 100% come nelle 26 partite disputate, giro palla con poca fluidità sia per quanto riguarda il gioco di squadra che per i singoli.
E’ una sconfitta che fa male perchè rappresenta ben più di un semplice sassolino nella scarpa: è la pietra scagliata dalla fionda di Davide che ha abbattuto Golia. Non è stata la glaciale Verona che tifosi e spettatori si attendevano, in parte inguaiata nella rete del gioco dei ragazzi di coach Ciani, ma in parte non entrata completamente nel clima playoff. Per chiarire meglio: la formazione scaligera non ha alzato ulteriormente il suo livello. Per una squadra praticamente perfetta è quasi impossibile fare meglio, eppure è stato un punto che ha fatto la differenza in un roster che, a guardare le statistiche, non ha subito grandi variazioni rispetto alla regular season; ma avrebbe dovuto migliorarle, alzare il livello tecnico e soprattutto mentale, cosa che non è successa. Ma, come detto in precedenza, anche coach Ciani ha imbrigliato bene l’attacco della Tezenis, nonostante uno stratosferico Umeh mai reso, e ha pescato bene dal mazzo Dudzinski, buono in stagione regolare, eccellente nelle 4 gare disputate. Sulla sconfitta però incidono anche le motivazioni, cioè giocare minuto per minuto senza mai alzare mai la testa e guardare il tabellone, e su questo punto di vista Agrigento ha meritato a mani basse, come testimonia il break di 11-0 che ha ribaltato gara4 a favore dei biancoazzurri. Questo non vuol dire che Verona abbia sottovalutato Agrigento, anzi: come riportano le parole di coach Ramagli nella rassegna stampa di scaligerabasket.it: ” È giusto uscire senza rammarichi per questa partita di stasera perché tutto quello che avevamo l’abbiamo messo in campo, però usciamo sconfitti.” Quindi, per un motivo o per un altro, Agrigento ha messo quel qualcosa in più che Verona non ha dato, niente di più niente di meno.
In conclusione, potremmo dire che Giulietta aspetterà ancora il suo Romeo. Però, la società veronese è come il suo annesso personaggio più famoso: forte, determinata e perdutamente innamorata di un sogno per il quale, nonostante gli ostacoli e le rivalità, sarà disposta a tutto purchè si avveri. Contro tutto e tutti, nella morte come nella vita, Verona si rialzerà e continuerà a inseguire la Serie A. Ma per il momento bisognerà attendere ancora.
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