La polemica intorno ai dreadlocks di Jeremy Lin

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Al giorno d’oggi ogni più piccola sfumatura, grazie ai media, viene ingigantita e diffusa ovunque. Un cambio di pettinatura può dunque diventare un affare quasi politico: è il caso di Jeremy Lin, che si è presentato in questa pre-season con l’ennesima pettinatura originale della sua carriera dopo le creste viste tra Charlotte e Brooklyn, i dreadlocks.

Lin ha spiegato in un articolo scritto per The Players’ Tribune che il cambiare continuamente hairstyle era nato inizialmente come un gioco, ma che con l’ultima decisione ha assunto motivazioni più politico-sociali. In particolare, i dreadlocks sono simbolo della cultura afro-americana ed è insolito vederli in testa ad un asiatico, seppur di fatto americano, come Lin. Secondo il giocatore possono essere quindi un simbolo dell’incontro tra culture, l’occasione di imparare qualcosa da quella afro-americana, e non oggetto di accusa di appropriazione culturale. Così, dopo averne parlato a lungo coi compagni dei Nets e Savannah Hart, un membro dello staff afro-americano, Lin si è presentato dal parrucchiere con Rondae Hollis-Jefferson ed ha effettuato il cambiamento.

L’idea di Lin ha creato scalpore e subito qualche polemica: Kenyon Martin, che ai Nets ci ha giocato per diversi anni, ha pubblicato un video sul proprio profilo Instagram in cui attacca il playmaker per la scelta: “Devo forse ricordarvi che il cognome di questo dannato ragazzo è Lin? Dai, smettiamola gente. Non c’è proprio modo in cui avrebbe fatto parte di una delle nostre squadre con quella s*******a in testa. Vuoi essere nero. Lo capiamo. Ma il tuo cognome è sempre Lin”.

Insomma Martin ha accusato l’ex Knicks e Hornets proprio di quella appropriazione culturale che lui vorrebbe proprio combattere. L’intelligenza del prodotto di Harvard è stata evidente anche nella risposta a Martin, arrivata proprio nei commenti al video: “Ehi, va tutto bene. Non devi per forza farti piacere i miei capelli e puoi tranquillamente avere la tua opinione. Anzi sono felice che tu l’abbia condivisa, ad essere onesto. Alla fine sono contento di avere i dreads come tu hai dei tatuaggi cinesi, perché penso che sia un segno di rispetto. Penso alle minoranze, più apprezziamo le altre culture, più possiamo influenzare la cultura di massa. Grazie per tutto ciò che hai fatto per i Nets e il basket… Avevo il tuo poster attaccato al muro quando ero un ragazzino”.

A queste parole, per chiudere il cerchio, è seguita un’altra risposta di Martin, che ha fatto un passo indietro pur mantenendosi critico sulla scelta dei dreads: “E’ un uomo adulto, può farsi tutte le capigliature che vuole. Questo non vuol dire che debbano piacermi o debba essere d’accordo. Non c’entra nulla la razza, nulla. Crescete, stavo scherzando. Ma non mi piacciono e non sono d’accordo”.

Francesco Manzi

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