La sporca dozzina di Team USA 1998

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Non sempre serve il talento cristallino per entrare nella storia. Basta averne un pizzico- certamente più della media- e trovarsi al posto giusto al momento giusto. Se ti farai trovare pronto, in quella che mi azzarderei a definire una prospettiva cairologica, avrai le tue soddisfazioni e finirai nel cuore di tanti. Nonostante non te lo saresti mai aspettato.

 

Il "Dream Team" del 1998.
Il “Dream Team” del 1998.

Come è nella tradizione di questa rubrica, facciamo un salto indietro nel tempo. Estate del 1998, inizia il Lockout NBA. Quello che avrebbe fatto ritardare l’inizio della stagione fino al 5 Febbraio 1999 per poi vedere Tim Duncan e i suoi Spurs conquistare il primo di cinque anelli. C’è solo un piccolo problema: quell’anno si tengono i mondiali di basket e proprietari e giocatori hanno ben altro per la testa. USA Basketball si ritrova per le mani, parafrasando Gadda, un “pasticciaccio brutto” e deve trovare il modo di formare una squadra dignitosa da mandare alla kermesse iridata che si terrà in Grecia. Se dal 1992 tutti avevano potuto ammirare l’Original Dream Team, Il Dream Team II e III, quest’anno il clamore- e il chiacchiericcio intorno alla squadra- sarà decisamente più spento. I grandi campioni della NBA non ci saranno. La prima selezione prevedeva:  Tim Duncan, Tim Hardaway, Vin Baker, Gary Payton, Terrell Brandon, Kevin Garnett, Tom Gugliotta, Grant Hill, Allan Houston, Christian Laettner, Glen Rice e Chris Webber. Non proprio giocatori di secondo piano, direi.

moretti 1Coach Rudy Tomjanovich si ritrova con una squadra composta da giocatori collegiali oppure militanti in Europa e CBA e con qualche sporadica apparizione nella massima lega.  Trajan Langdon, Michael Hawkins, Kiwane Garris, Jason Sasser, Jimmy King, Bill Edwards, Jimmy Oliver, Wendell Alexis, Gerard King, David Wood, Ashraf Amaya e Brad Miller sono i membri scelti per la spedizione ellenica. Il gioco, un trivial pursuit tutto cestistico, sta nel provare a ricordarsi almeno cinque di loro. Fatta eccezione per Brad Miller– che sicuramente dirà qualcosa agli appassionati NBA e che avrà una dignitosa carriera nella lega-, Kiwane Garris– visto in Italia in particolare in maglia Montegranaro e Reggio- e TraJan Langdon. Quest’ultimo probabilmente il più famoso della squadra 1998 grazie alla sua sfavillante carriera europea, con la quale si guadagnò la selezione nell’All-Team di Eurolega dell’ultima decade.

Il Mondiale comincia discretamente per gli states che riescono a concludere il girone di qualificazione con una sola sconfitta, di appena due punti, contro l’ottima Lituania. Ai quarti incontrano proprio l’Italia. La partita è combattuta, l’Italia di Carlton Myers e Alessandro Abbia non cede facilmente. In fin dei conti non è la nazionale a stelle strisce degli scorsi anni. E infatti a 4′ dalla fine ci si ritrova sopra 75-69 ma alla fine gli USA hanno qualcosa in più e la portano a casa 80-77. L’Italia perde soprattutto a causa dell’inesperienza. La semifinale non è altrettanto dolce per i ragazzi di Coach Tomjanovich che devono inchinarsi alla Russia per 66-64, poi battuta in finale dalla Jugoslavia di Dejan Bodiroga. A 1:22 dalla fine gli USA si trovavano sopra di tre punti ma l’ennesima tripla di Serguei Babkov rimise tutto in parità sul 64-64. Dall’altra parte gli states sbagliano una tripla, anche se grazie alla pressione difensiva riescono a recuperare palla costringendo la Russia alla violazione dei 24”. Michael Hawkins commette un brutto fallo offensivo e la Russia stavolta riesce a segnare e andare sul +2. Il tiro della disperazione da metà campo non va a segno. Una sconfitta, nonostante tutto, davvero dignitosa.

Arriva comunque una medaglia con la vittoria sui padroni di casa della Grecia nella finalina per il terzo posto.

Ora, qualcuno potrà pensare ad un risultato insoddisfacente che avrà dato fastidio a più di una persona negli Stati Uniti. Ebbene non è così. I tifosi erano ben consci del basso tasso di talento in quella squadra e inizialmente non mancarono le critiche, ma rimasero stupidi dallo spirito di abnegazione, dalla voglia di fare di quella squadra, dall’amalgama che si creò in allenamento fino a portare sul campo uno squisito gioco di squadra. Qualcuno apprezza queste qualità puramente umane, non frutto della gentilezza divina o biologica a seconda di cosa preferiate. Negli states fu così. La squadra è tutt’ora ricordata con molta simpatia e fu soprannominata “The dirty dozen”– La sporca dozzina- per tutti i motivi sopracitati. Coach Rudy Tomjanovic affermerà comunque la sua soddisfazione. Per lui fu un successo: si era partita tra le critiche e lo scetticismo generale. Tutti erano convinto, come già detto, che il Mondiale 1998 si sarebbe rivelato un flop totale.

Credo sia importante ricordare chi con piccoli strumenti riesca a fare qualcosa d’importante. Ricordarsi solo del successo e della grandiosità porterebbe ad una prospettiva che finirebbe per attorcigliarsi su se stessa, rinchiudendosi in una torre eburnea. Guardare non solo l’apice di una vetta, ma anche chi è rimasto leggermente più sotto, non può che far bene. Toglie pressione.

Mano sul cuore per la grinta della sporca dozzina!

Mattia Moretti

2 thoughts on “La sporca dozzina di Team USA 1998

  1. … Come non ricordarsi di Wendell Alexis membro della sporca “sestina” di Livorno che ha perso uno scudetto all’ultimo secondo con Milano … A Livorno, se non erro, passò anche David Wood e comunque giocò in Italia anche lui … Per ironia della sorte anche un Brad Miller mi sembra giocò a Livorno ma non credo sia lo stesso … Sembro un tifoso di Livorno e invece no, solo grande appassionato negli anni 80

    1. A qualcuno della vecchia guardia i nomi diranno sicuramente di più, ma per la maggior parte no ed era giusto ricordare la squadra. Comunque mi è capitato di leggere qualcosa di quella Livorno: storia fantastica! Brad Miller giocò 16 partite a Livorno nel 1998 prima di una di oltre dieci anni in NBA.

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