Pagellone LBA, Pesaro: una squadra entrata nella storia, ma dalla parte sbagliata

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Un bambino in mezzo ai grandi. Nonostante la stagione non sia regolarmente terminata, è fuor dubbio che la Carpegna Prosciutto Pesaro è entrata nella storia della Serie A dalla parte sbagliata ovvero come una delle squadre peggiori di sempre.

Ripercorriamo la stagione. Il copione a inizio anno era lo stesso dei precedenti: dato il budget ridotto nonostante l’ingresso della famiglia Beretta, l’obiettivo è la salvezza da sudarsi fino all’ultimo. La società, prima di tutto, mette sotto contratto coach Federico Perego, allenatore giovane alla prima esperienza come capo allenatore in Italia, dopo aver vinto tre campionati a Bamberg come vice. La squadra prende forma con le firme di: Vasa Pusica, Jaylen Barford, Henri Drell (triennale) e Zach Thomas (biennale) per quanto riguarda il parco stranieri. Giocatori giovani, in rampa di lancio e alcuni già con gli occhi di qualche scout addosso; il tutto con la voglia di provare a imbastire un progetto, visti anche i contratti a lungo termine di Drell e Thomas – cosa che non si vedeva ormai da tantissimo tempo. Sul fronte italiano, oltre la conferma di Simone Zanotti, arrivano Federico Mussini, giovane play già con esperienza in A, Leonardo Totè, Paul Eboua e Federico Miaschi tre ragazzi chiamati al grande salto dopo anni di leghe inferiori. Manca però la stella, un uomo dal background importante, un giocatore che aiuti i giovani a crescere, pronto a sostenere le principali bocche di fuoco Pusica e Barford in attacco. Tutto ciò si traduce in DeJuan Blair, il ragazzone senza legamenti crociati che vanta oltre 300 partite in NBA fra San Antonio, Dallas e Washington; un lungo di 203 cm per 120 kili ma dotato di mani morbidissime e buona agilità. L’acquisto scalda la piazza. È l’inizio della fine.

Passati pochi giorni dalla firma del pivot, la Fiba nega il nulla osta. Motivo? Sulla testa di Blair pende una squalifica di tre anni poiché, nel 2017-18, fece uso di ossimorfone e ossicodone in Argentina. Il presidente Costa si tutela: “Non potevamo sapere, visto che nella lista squalificati Wada non risultava nulla, quella Fiba è stata aggiornata subito dopo la nota inviata a noi e Blair ha giocato in Uruguay dopo la squalifica, relativa a prodotti assunti in Argentina nel 2017”. Fatto sta però che la stagione è alle porte e il castello di carta di Pesaro è crollato.

La società cerca freneticamente un lungo, finendo però per ripiegare su un contratto a gettone per il veterano Tau Lideka (scelta tappa buco più per calmare i tifosi che altro). A tutto ciò si aggiunge anche il bizzarro quanto sfortunato infortunio di Paul Eboua e il calendario davvero tosto al via. Siamo a fine ottobre, arriva Clint Chapman, un USA con buone mani ma completamente inadatto a ricoprire il ruolo di cinque. La squadra non gira, l’attacco è sterile e si basa tutto sulle giocate in uno contro uno di Barford e/o Pusica, mentre la difesa è un vero e proprio colabrodo (92,4 punti subiti a gara nelle prime 10 giornate).

Con il record di 0-10 viene esonerato Perego e arriva, o meglio torna, Giancarlo Sacco. La società, a metà dicembre, porta in Italia Troy Williams giocatore dal talento cristallino, colui che avrebbe dovuto essere il vero leader tecnico e carismatico. Ma a parte qualche buona prestazione individuale, finisce solo per pestarsi i piedi con Barford in attacco senza far scattare la scintilla a nessun compagno. Gli infortuni di Chapman e di Totè peggiorarono ancor più le cose nel cortissimo roster biancorosso e così, preso atto dell’amara verità, si inizia a smantellare la squadra quanto prima per cercare di salvaguardare qualche euro per la prossima stagione in A2 (Jaylen Barford a Roma e rescissione con Clint Chapman dopo più di 2 mesi ai box). Non prima però, di essersi tolta una magrissima consolazione: aver battuto i rivali storici della Fortitudo al PalaDozza.

Al momento dello stop, Pesaro è saldamente ultima in classifica con 1 vittoria e 19 sconfitte, per distacco la peggior difesa della lega (92,5 subiti a partita). Ora la società è di fronte a un bivio: continuare nella massima serie oppure auto retrocedere in A2 e cercare, per una volta, di creare un vero e solido progetto per tornare su? In via Bertozzini si è al lavoro, anche perché bisogna quantificare un budget che già prima era ristretto e figuriamoci come sarà dopo la crisi post covid. Sulla questione A o A2 i tifosi sono spaccati in due, ma ciò che li unisce è la rabbia nei confronti della società che quest’anno, seppur con tutte le ottime intenzioni, ha toccato il fondo.

VOTO COMPLESSIVO: 4

I PEGGIORI

Henri Drell e Zach Thomas: l’estone in 15 gare ha fatto registrare 4,8 punti di media con il 23,5% da tre e 2,1 rimbalzi. Per un ragazzo che era stato presentato come buon tiratore e, soprattutto, come un giovane già in orbita Draft NBA sono cifre ridicole. Non solo la NBA è lontana anni luce per il Drell visto a Pesaro, ma anche un campionato fisico come la Serie A non è alla sua altezza. Mentre lo statunitense lo si può considerare il simbolo della Vuelle di quest’anno, d’altronde è stato pure capitano. Giocatore senza carattere, senza quella garra necessaria ad un quattro che si vuole mettere in mostra in uscita dal college. Ha finito per essere ripetutamente fischiato dal pubblico e messo fuori squadra.

I MIGLIORI

Leonardo Totè e Paul Eboua. il primo, dopo essere tornato dall’infortunio, è stato uno dei più positivi, ha retto bene l’impatto con la Serie A, senza mai tirarsi indietro contro avversari più esperti e forti fisicamente. Mentre l’ala italo-camerunense ha messo in luce il suo grande potenziale, crescendo gara dopo gara. Piano piano ha scalato le gerarchie: da riserva a titolare inamovibile. Deve ancora migliorare in qualche aspetto, ma nel suo caso il Draft NBA non è un miraggio, anzi al momento è tra i papabili per la fine del secondo round.

Kevin Bertoni

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