Rose e Ibaka, due modi diversi di fare una trade

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Negli ultimi due giorni abbiamo assistito a due trade molto importanti nel panorama NBA: da una parte quella tra Chicago e New York, dall’altra quella tra Orlando e Oklahoma City. Scambi molto diversi che hanno fatto contenti o meno molti tifosi ma, sentimenti a parte, solo la seconda soddisfa entrambe le parti, mentre la prima le scontenta, o almeno le scontenterà in futuro.

Andando con ordine, Chicago ha ceduto Derrick Rose ai Knicks in cambio di Robin Lopez, Jerami Grant, Justin Holiday e una scelta del secondo turno del 2017. Letta così potrebbe anche sembrare un furto da parte di New York, se si va un po’ più a fondo è chiaro che non è così. Rose arriva da una stagione tutto sommato continua, senza infortuni particolari (il che è già un successo), ma è chiaro che non è e non potrà mai più essere quello che vinse l’MVP nel 2011. Quel D-Rose aveva lasciato già Chicago nel momento dell’infortunio al crociato, aleggiava soltanto come uno spettro per lo United Center, illudendo i tifosi che un giorno sarebbe potuto tornare dall’aldilà. Liberarsene è stata la scelta più saggia: farà male al cuore all’inizio, ma col tempo si capirà che è stata la decisione migliore da parte dei Bulls. Dall’altra parte, a New York arriva un giocatore che sicuramente ha ancora un certo appeal, che potrebbe attirare altri free agent nella Grande Mela e che in ogni caso, se andasse male, potrebbe essere rilasciato tra un anno, quando andrà in scadenza. E’ anche vero che i Knicks avevano bisogno di una point guard come nessun altro nella NBA, ma Rose non sembra una scelta azzeccata, per i motivi elencati poco sopra e per il contratto da 21 milioni che peserà almeno su questa free agency. E no, non arriverà Kevin Durant, perdonate la franchezza, tifosi Knicks.

In cambio i Bulls ricevono il terzetto elencato sopra: Lopez è sicuramente un valido centro ed ha firmato un contratto solo la scorsa estate per 12 milioni di dollari a salire (saranno 14 abbondanti nel 2019, ultimo anno). Pochi soldi, se si pensa che il cap è destinato ad alzarsi e che un accordo del genere sarebbe l’equivalente di 7-9 milioni fino a poco tempo fa. Jerian Grant è solo al suo secondo anno nella Lega, ha dimostrato già di avere qualche qualità ed ha chiuso l’ultima stagione regolare in crescendo. Non è certamente arrivato ai Bulls per fare il playmaker titolare, così come Lopez non sarà il centro dello starting five. Chicago, cedendo Rose, ha infatti liberato 21 milioni di salary cap. Con una stagione fallimentare alle spalle e l’ombra della partenza di Jimmy Butler, i Bulls si sono riservati la possibilità di ripartire subito senza ricostruire, senza passare anni in lottery, firmando un importante free agent il mese prossimo e magari confermando Pau Gasol.

Insomma: nessuno è veramente contento in questa trade. I Knicks si accorgeranno presto di aver fatto una mossa che cambierà poco in termini di possibilità di diventare una contender, i Bulls l’esatto contrario, ma la depressione per la partenza di un simbolo e dell’idolo di un’intera città rimarrà per qualche tempo nell’aria dell’Illinois.

Passiamo alla seconda trade. Serge Ibaka agli Orlando Magic, in cambio di Victor Oladipo, Ersan Ilyasova e i diritti sulla 11esima scelta al Draft Domantas Sabonis. E’ l’esatto opposto dello scambio tra Chicago e New York. OKC è reduce da una sorprendente corsa nei Playoffs, con le Finals mancate per un soffio: nell’ultima post-season Ibaka si è sicuramente distinto, nonostante in stagione regolare sia parso più in difficoltà degli anni scorsi. E’ un lungo prettamente difensivo che ha costruito un buon tiro da fuori nelle ultime stagioni, ed ha solo 27 anni, dopotutto. Qualcosa i Thunder dovevano cambiare, anche per dimostrare a Kevin Durant che vale la pena rimanere ad OKC. E’ stato dunque preso un giocatore relativamente giovane con un’attitudine difensiva molto sopra la media (Oladipo) ed un’ala che apre il campo e può allungare una panchina che negli ultimi Playoffs è stata evidentemente corta come non mai (Ilyasova, anche se sulla solidità del giocatore ci sarebbe ampiamente da discutere). I Thunder si sono rinnovati, hanno dato una direzione precisa al proprio roster (quella molto difensiva che è stata la vera forza nella serie contro Golden State) e hanno mandato un messaggio a KD: noi ci siamo, ci stiamo muovendo, il futuro è brillante.

Dal canto proprio Orlando ottiene un giocatore che sta per entrare nel proprio prime, che sicuramente gioverà del gioco di Frank Vogel (ha perfino fatto sembrare Mahinmi un buon centro) e che permetterà ai Magic di nascondere almeno in parte le mancanze di Nikola Vucevic nella propria metà campo (sempre che il montenegrino non parta nelle prossime settimane e Ibaka non passi a giocare da 5, con Aaron Gordon 4 titolare). Orlando era al terzo anno consecutivo in lottery, aveva cambiato tre allenatori negli ultimi tre anni e ha tuttora bisogno di ripartire. Chiaramente Ibaka non sarà sufficiente, i Magic punteranno un paio di free agent “pesanti” in estate e cercheranno di costruire una squadra che unirà i giovani (Payton, Gordon) a veterani affermati. Orlando in questa trade guadagna nettamente nel breve periodo, ponendo le basi per un cambiamento radicale quest’estate e puntando ufficialmente almeno ai Playoffs il prossimo anno (cosa che, con Oladipo, sarebbe stata se non altro meno probabile). Nel lungo periodo, beh… ci sarebbe da parlarne, perché Ibaka andrà in scadenza nel 2017 e gli attuali 12 milioni di dollari (altro motivo per cui è una buona presa, lascia spazio per operare sul mercato) saranno noccioline in confronto a quel che potrà chiedere.

La trade tra Orlando e Oklahoma City fa contenti tutti: sia i Magic, che avevano bisogno di una solida base ed un giocatore di esperienza da cui ripartire, sia i Thunder, che con questa mini-rivoluzione cercheranno di convincere Durant a restare. Da quel momento in poi, the sky is the limit.

Francesco Manzi

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