Simulacro e rappresentazione: l’ipocrisia della vicenda Sterling

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scheletri_e_tvQuesto sarà l’ennesimo articolo in cui si parlerà del caso Sterling: la vostra reazione potrebbe essere “Ocheppalle, un altro!”. Liberi di pensare così- ne avete ben d’onde- ma spero che dopo l’iniziale diffidenza possiate unirvi a chi ha saltato queste righe per andare con maggior velocità al dunque. Due premesse:  a mio modo, con quest’articolo, potrei alimentare il fenomeno che andrò a criticare nelle prossime righe, ma rimango della convinzione che per scardinare un sistema necessiti entrare a farne parte- lambendolo- per poi provare a farlo saltare dall’interno; in secondo luogo vorrei dire che questo pezzo si discosta dai soliti già apparsi in questa rubrica lasciando da parte il vintage sentimentale per un caso molto più sulla cresta dell’onda, resta però il medesimo obiettivo: provare a mandare un messaggio. Qualcuno potrebbe trovare l’intento paternalistico e superbo, citando Manzoni: “credete che non s’è fatto apposta”.

Un colpevole trasformato in un villain cinematografico
Un colpevole trasformato in un villain cinematografico

Cominciamo con ordine. Ieri sera, al cinema, ho assistito alla proiezione del documentario “Salinger” di Shane Salerno. Mi trovavo in compagnia di un mio collega dell’università, entrambi ci eravamo detti “Perché no?”, in fin dei conti poteva essere un’ottima occasione per trovare spunti interessanti su uno scrittore così enigmatico che, per la cronaca, nel 1965 decise di smettere di pubblicare. Nulla da opinare sulla pellicola a livello tecnico: immagini di impatto, un montaggio serrato segnato da musiche altisonanti e una minuziosa ricerca di voci tra scrittori odierni epigoni del papà di Holden Caulfield e intimi conoscenti. Due ore che, fondamentalmente, filano abbastanza lisce. Eppure qualcosa stonava. Il mio vivo interesse era intervallato da perplessità sfociata, ad un certo punto, in nervosismo. Osservavo il mio collega, accomodato nella poltroncina di fianco alla mia, e notavo da parte sua un serpeggiante fastidio. Una volta finita la proiezione ci avviamo all’uscita in silenzio, per circa due minuti. Provo a dire qualcosa ma vengo anticipato. Il mio collega si rivolge a me e fa “Odio gli americani!”. Andiamoci piano su questo punto, lui non è assolutamente uno di quelli che odiano gli statunitensi per motivi come l’11 settembre e cose simili. Inizia a spiegarmi il perché della sua affermazione e di colpo acquisto consapevolezza del mio nervosismo durante la proiezione. Definisce la pellicola senz’anima, il tentativo di spettacolarizzare una figura che avrebbe avuto i conati al solo pensiero di un’operazione del genere.

I media, non importa quali, sono croce e delizia della modernità: ma qual è stata la loro condotta nel raccontare il caso Sterling?
I media, non importa quali, sono croce e delizia della modernità: ma qual è stata la loro condotta nel raccontare il caso Sterling?

Senz’anima perché non vi è stato alcun tentativo di “dialogare” con la figura di Salinger, tentando di renderlo un personaggio persino da ammirare, lui che fondamentalmente non fu la classica “brava persona”: per incassare al botteghino, per elevare al cielo e all’immaginario mondiale un altro simulacro americano, per puro spettacolo e ritorno di immagine come detto prima. Il climax di tutto ciò, aggiungo io, viene raggiunto durante la farlocca comparsata dell’attore Edward Norton, utilizzato per leggere due inutili righe. Blocco subito le prime obiezioni, non tutte le opere cinematografiche funzionano così: con questo tipo di opere tenti di rendere omaggio alla figura, nella maniera più genuina possibile come han fatto Wim Wenders con “Pina” o Derek Jarman con “Wittgenstein”. Questa ricerca spasmodica dello spettacolo e dell’idolo è un difetto – e allo stesso tempo un pregio – tipicamente “stars ‘n stripes”, è stata una delle conclusioni. Ed è in quel momento che in testa, con prepotenza, mi si è stampato il nome di Donald Sterling e tutto il polverone che è venuto a crearsi a causa della sue dichiarazioni. Scusate la lunga introduzione, ma serviva ad introdurre adeguatamente ciò che vorrei dire; perdonate anche le punte di idealismo che raggiungerò, ma ogni tanto qualcuno deve vestire i panni del folle che, con in mano una lanterna, si aggira per il mercato urlando “Dio è morto!”. Non voglio criticare la punizione “esemplare” (sic!) che è stata inflitta a Sterling e nemmeno mi interessa difenderlo, vorrei semplicemente provare a fare chiarezza. Tutta la vicenda nasce nel momento in cui V. Stiviano, fidanzata del quasi ottuagenario Sterling, rende pubblica la registrazione dell’ormai famosa telefonata in cui il presidente dei Clippers si esibisce in sgradevoli dichiarazioni razziste. Ovviamente il tutto diventa un caso: “Ommioddio, ommioddio, il presidente di una squadra NBA è razzista! Ma è possibile nel 2014?”. Ma che gran sorpresa: vogliamo iniziare a raccontarci meno favole e capire che, nonostante ci sia un presidente afroamericano come Obama, in tutti gli Stati Uniti permangono immensi focolai di razzismo? Se la risposa è positiva avete vinto un mappamondo. Finora ho visto fin troppi applausi per come si chiusa la vicenda negli uffici NBA e, ahimè, troppe poche voci fuori dal coro. Un’unica voce, tonitruante, si è levata per per criticare la condotta dei piani alti della lega e dell’opinione pubblica in generale, quella di un giocatore immenso oltreché uomo decisamente illuminato: Kareem Abdul-Jabbar.

Il buon Kareem si è dimostrato lungimirante, non il solito giocatore chiamato a scrivere su un'importante testata per meri motivi di fama
Il buon Kareem si è dimostrato lungimirante, non il solito giocatore chiamato a scrivere su un’importante testata per meri motivi di fama

L’ex-Los Angeles Lakers ha prima di tutto criticato – giustamente, oserei dire – l’utilizzo di una conversazione privata come prova d’accusa e soprattutto ha provato a placare gli animi che vedono nella conclusione di questa vicenda una vittoria. Questa è stata una Waterloo, una Caporetto, una Austerlitz. Scegliete voi quello che preferite. Perché, mi direte voi? Perché del razzismo di Sterling si sapeva da molto tempo. Riporto tre semplici fatti accaduti in precedenza:

  • 2006: U.S. Dept. of Justice sued Sterling for housing discrimination. Allegedly, he said, “Black tenants smell and attract vermin.”
  • 2009: He reportedly paid $2.73 million in a Justice Dept. suit alleging he discriminated against blacks, Hispanics, and families with children in his rentals. (He also had to pay an additional nearly $5 million in attorneys fees and costs due to his counsel’s “sometimes outrageous conduct.”)
  • 2009: Clippers executive (and one of the greatest NBA players in history) sued for employment discrimination based on age and race.

Perché non sono stati presi provvedimenti prima di tutto, è semplice: non vi era l’interesse. Si è aspettato il momento giusto di maggior impatto – più spettacolare, ricordate? – e quale occasione migliore di quella che racchiude una registrazione rubata in cui si tocca un idolo cestistico non ai margini, vedi Baylor, ma tuttora agli onori della cronaca come Earvin “Magic” Johnson? David Copperfield ha fatto il suo trucco: tutti stupiti, tutti indignati, tutti ne parlano. La platea è calda e, boom, come nelle migliori tragedie greche arriva la punizione esemplare. I giornali hanno di che infiorettare i racconti, complice l’ampia possibilità lasciata a Sterling – visto il materiale d’accusa – di arrampicarsi sugli specchi. Qual gaudente spettacolo! Qual ritorno di immagine per la NBA e per il neo-commissioner Silver schiacciato dall’ancora viva figura di David Stern. E poi il valzer di acquirenti che si contendono i Clippers: Oprah, lo stesso Magic, persino Dr Dree. Tanti speciali in TV, se ne parla persino in finti notiziari come il nostrano Studio Aperto; qualcuno probabilmente ne farà un film o un documentario per restare il linea con l’apertura dell’articolo. Prendetemi per complottista, poco me ne cale, e gioite per la vittoria di Pirro. Io qui vedo solo cannibalizzazione mediatica e la perdita di vista del vero obiettivo: la lotta al razzismo. Di tutta la vicenda Sterling che cosa ci rimane? Un spettacolo con i suoi burattini, due orwelliani minuti d’odio, qualcuno che si riempie la bocca di belle parole.

Lebron, non dare corda a chi vuole solo sfruttare un tuo gesto spassionato
Lebron, non dare corda a chi vuole solo sfruttare un tuo gesto spassionato

Magari un LBJ, che giusto per rendere il tutto ancor più eclatante, minaccia di ritirarsi nel caso in cui Sterling non dovesse cedere i Clippers. Il ragazzone di Akron è un cestista fantastico, ma qui ha solo fatto il gioco degli altri. Questa vicenda che cosa ci ha dato di più nel tentativo di combattere questa piaga dell’umanità? Nulla. Si è persa l’occasione per fare di più per favorire l’autocelebrazione collettiva. Tutti contenti, tutto è bene ciò che finisce bene. No, signori, qua ci siamo persi. Non sono i fantomatici chip per il controllo della mente, millantati da qualche teoria del complotto da cui dobbiamo guardarci per salvaguardare le nostre teste, è la desensibilizzazione e il tentativo di farci mettere comodi a guardare spettacoli del genere in cui tutto pare catartico per l’umanità ma è semplicemente un’esacerbazione, un bruciare emozioni come aromi di incenso. In tutto ciò ci vedo solo ipocrisia, un simulacro messo lì per distrarci. E tutto mi pare assolutamente falso.

Mattia Moretti

2 thoughts on “Simulacro e rappresentazione: l’ipocrisia della vicenda Sterling

  1. Bel pezzo, ma con una svista centrale: il fulcro del discorso è “perché punire Sterling ora e non prima? Perché non c’era interesse”. No! perché i precedenti episodi di razzismo citati nell’articolo non riguardano il mondo della NBA. Non vedo perché, dunque, Stern avrebbe dovuto ai tempi prendere provvedimenti. La NBA si occupa della NBA, non di ciò che un presidente fa nella vita privata. Per lo stesso motivo considero sensata la critica all’uso di una intercettazione, come Jabbar ha fatto notare.
    Condivido il fatto che la questione sia stata gonfiata, “all’americana” proprio, con i buoni e il cattivo. Però non condivido l’idea che l’episodio sia stato strumentalizzato (da Silver per farsi un nome o da tutti per lavarsi la coscienza). La questione, in definitiva, è stata “romanzata” ma non strumentalizzata.
    E, volendo vederla in un taglio più ottimista, sono rimasto molto soddisfatto dalla compattezza con cui tutta la NBA ha reagito e dalla durezza della punizione a Sterling (che poi venga confermata o meno). Non per fare facili paragoni, ma ci ricordiamo come è trattato tuttora un ex Ministro della nostra Repubblica? Il caso Sterling ha dimostrato che schiacciare il razzismo, per lo meno a livello di condanna ufficiale, non è difficile se lo si vuole davvero. E ritengo che non ci fosse modo migliore con cui una Lega avrebbe potuto rispondere a tale gesto.
    Apprezzo molto lo spirito critico del pezzo e la voce fuori dal coro, ma mi sembra che di base si sostenga che la “piaga dell’umanità” che è il razzismo andasse debellata in maniera efficace, concreta e strutturale da una associazione sportiva. Il che mi pare assurdo.

    1. La svista centrale, almeno a mio parere, non sussiste, dato che l’episodio di riguardante Baylor è avvenuto nell’ambito NBA. Riguardo alla compattezza nel prendere posizione contro Sterling, evidenzio che la mia non è una critica alla sanzione imposta al patron(quasi ex, probabilmente) dei Clippers. Tutt’altro. Come fa notare lei sarebbe assurdo pretendere che sia l’NBA a sconfiggere il razzismo in toto, ma lì si critica l’aver sprecato una grande occasione in teatrini. Per quanto riguarda Silver è innegabile il ritorno di immagine, ma certamente non è mia intenzione dipingerlo come diabolico orchestratore del tutto. Lascio un video in cui Buffa dice qualcosa di molto importante, che a mio parere evidenzia perché si sarebbe dovuto intervenire prima di un’ingerenza del razzismo di Sterling nel mondo NBA(sempre che si voglia tralasciare ciò che è successo a Baylor). https://www.youtube.com/watch?v=36NHZRNH4K8 E ricordiamoci che avere un razzista nella lega rovina l’immagine della stessa, anche per questo sarebbe stato giusto intervenire. Ciò che mi preme è creare un dialogo ed evitare che questa questione venga presa passivamente, quello non sarebbe accettabile In ogni caso, ringrazio per i complimenti e soprattutto per la critica costruttiva, di quelle che aiutano a migliorare. In fin dei conti sono ancora giovane e sono cose di cui si ha bisogno.(mi ha fatto piacere l’esempio portato avanti riguardante l’ex-Ministro, dato che il pezzo vorrebbe provare a dare qualcosa capace di andare oltre il basket in senso stretto). Buona serata!

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