Golden State Warriors
Stephen Curry 8: una serie impeccabile sotto tutti i punti di vista: non ha mai tirato con meno del 53,3% dal campo e dopo un deludente 39% dall’arco nel turno con i Jazz è tornato ad incendiare l’Oracle Arena (6/9 in gara 2) e abbattere gli Spurs a suon di triple (46,7%). Nell’inferno di gara 1 è stato l’unico a tenere a galla la squadra (19 punti nel terzo quarto) e innescare la rimonta finale (chiudendo con 40 punti). In difesa i Warriors lo hanno sofferto meno di quanto ci si potesse aspettare e soprattutto ha fatto un sacco di lavoro sporco (come ad esempio in gara 3, nella quale ha rubato 6 palloni)
Kevin Durant 8: una volta perso Kawhi gli Spurs non sono riusciti in nessun modo ad arginare KD. Anche per il numero 35 parliamo di una seria dove ha viaggiato a 28 punti, 7.3 rimbalzi e quasi 4 assist di media, tirando con un incredibile 60,3% dal campo (10/13 nell’ultima partita) e più del 40% da tre. Un po’ sottotono in gara 2, ma è anche vero che i Warriors si sono trovati sul +17 già nel primo quarto: lui e Curry sembrano essere sempre più affiatati e funzionali l’uno per l’altro e Cleveland avrà il suo bel da fare in difesa. Un altro aspetto decisivo è stato il suo contributo a rimbalzo nelle ultime due della serie (da 7 rimbalzi nelle prime uscite a 24 in gara 3 e 4).
Klay Thompson 5: continua il periodo buio per lui, che dopo una risicata sufficienza con i Jazz questa volta non può scappare da una votazione negativa. Dal punto di vista realizzativo il trend è fortemente negativo (18 con i Blazers, 14 con i Jazz e appena 11 in questa serie) e Thompson ha litigato spesso con il ferro: tira meglio, ma comunque male per i suoi standard, da tre (36,8%) che da due (32,7% dal campo, con il brutto esordio da 2/11). In difesa rimane un giocatore d’élite e in gara 3 sembrava essersi finalmente sbloccato (17 punti, 7/15), ma nell’ultima partita ha messo a referto appena 3 canestri su 13 tentativi.
Draymond Green 7,5: una serie difensivamente parlando ECCEZIONALE. Uno stratega di primo livello: sempre in tempo sugli aiuti, un giocatore molto fisico e soprattutto un (finto) lungo che può cambiare in qualsiasi situazione di pick and roll, cosa che ha messo parecchio in crisi la difesa di Popovich. La carica e l’energia che porta in campo Green gli vale un punto in più, considerando poi la versatilità del giocatore che ha chiuso con 12 punti, 7.8 rimbalzi e 7 assist di media.
Andre Iguodala 5,5: gioca appena 10 minuti in gara 1 ed è costretto a saltare gara 2. Iggy non è assolutamente al top, per tutta la stagione ha avuto a che fare con piccoli infortuni e la sua schiena ne ha risentito. Fa ben sperare la prestazione da 7 punti e 6 rimbalzi in gara 4, nella quale ha aggiunto 3 assist e 2 rubate.
Shaun Livingston 6,5: per le sue caratteristiche fisiche è stato determinante per i Warriors, soprattutto contro un’avversaria in difficoltà tra gli esterni. Il collante perfetto della second unit e un giocatore che si mette al servizio della squadra. Un esempio? In gara 1 ha lottato molto sotto rimbalzo contro il fisico dei lunghi avversari (6), mentre nella successiva ha attacco il ferro con più decisione (10 punti) e ha contribuito allo strappo iniziale.
JaVale McGee 6,5: non posso non premiare l’inaspettata prestazione di gara 3, all’esordio da titolare in questi playoff: a sorpresa JaVale realizza 16 punti in appena 13 minuti, alimentando così il parziale ad inizio partita che ha condizionato la gara. Poco spazio per lui nonostante ciò (non arriva a 9 minuti di media), ma tanta sostanza (6.3 punti e 2.3 rimbalzi, ma soprattutto ha tirato 10/13 nella serie).
David West 6: in gara 1 mi ha sconvolto quanto sia riuscito ad essere deleterio per i Warriors in appena 8 minuti. Poi ha raddrizzato il tiro, a maggior ragione se si pensa che in gara 2 e in gara 3 ha distribuito in entrambi i casi 5 assist ai suoi compagni.
Ian Clark 6: molto positivo il suo impatto in queste 4 partite: gioca molto garbage time, ma ne risulta comunque un giocatore ordinato, mai oltre righe. Tiene soprattutto delle ottime medie al tiro (56,5% dal campo e 6/14 dall’arco), come dimostra in gara 2 e 4 dove va anche in doppia cifra per punti segnati.
Barnes, McCaw e Looney s.v.
Pachulia no comment sulla porcata colossale ai danni di Leonard
Coach Mike Brown 6: non credo si sia ancora ben capito se effettivamente non avere Kerr in panchina per i Warriors possa dimostrarsi un problema (io credo di si), per il semplice fatto che Golden State non ha ancora incontrato una squadra in grado di metterla in difficoltà (Blazers e Jazz per qualità, Spurs principalmente per ”sfiga”). Brown fa il suo, senza infamia e senza lode, ma, secondo me, è stato bravo a distribuire i minuti tra McGee e West dopo l’infortunio di Pachulia, assicurandosi così il massimo rendimento del suo reparto lunghi.
San Antonio Spurs
LaMarcus Aldridge 5: un’insufficienza contestabile, perché in fin dei conti mettetevi nei suoi panni e ditemi come avreste affrontato una serie contro quei mostri lì senza Leonard (e il solito Parker). Resta il fatto che LMA ha giocato due pessime partite, come gara 2 e gara 4, dove ha chiuso entrambe le serate con meno di 10 punti e un discutibile 4/11 al tiro. E pensare che aveva incominciato in maniera eccellente in gara 1, trascinando insieme al numero 2 gli Spurs fino al +25, salvo poi sprecare il vantaggio e proprio Aldridge in gara 1 nel finale di partita, cercato ripetutamente dai suoi compagni, ha preso diverse scelte sbagliate. E’ mancato anche il suo contributo a rimbalzo, sceso ad appena 5.8 a serata (più di 8 contro i Rockets, anche se in difesa tutto si può dire, ma non che non ci abbia provato.
Jonathon Simmons 7: senza dubbio il giocatore più continuo su cui ha potuto fare affidamento Popovich. Dopo l’ottima serie con i Rockets, Simmons è entrato in quintetto in gara 2 e ha risposto con 22 punti (8/17) in 26 minuti. Il suo contributo realizzativo è stato fondamentale visti i risultati altalenanti nella metà campo offensiva per San Antonio, essendo uno dei pochi a poter creare dal palleggio e attaccare con decisione il ferro: in questa seria è cresciuta la produzione offensiva (da 13.2 a 15.3), ma è migliorato anche a rimbalzo (2.8) e negli assist (da 1.8 a 3.3), aggiustando anche la mira dall’arco (dal 28,6% contro i Rockets al 38,5% nelle Finali di Conference).
Patty Mills 5: non è per niente facile passare da Beverley a Curry e il più delle volte Thompson, quindi con un giocatore che ti rende anche parecchi centimetri. In gara 1 gli Spurs avrebbero avuto bisogno di qualche suo canestro in più (1/8 al tiro, 0/6 da tre punti) e nonostante abbia portato in campo come suo solito tanta grinta e voglia di fare, in attacco ha tirato malissimo tutta la serie (appena 9 canestri su 37 tentativi), ritrovando una certa confidenza dall’arco solamente in gara 4 (3/9 sicuramente meglio del 2/14 tenuto fino quel momento). E’ mancata la sostanza, perché provarci ci ha provato e si è impegnato, ma non è stato abbastanza cinico.
Danny Green 5,5: forse insieme a Simmons è stato il giocatore che ha “prodotto” di più per la squadra: ha difeso su CHIUNQUE gli capitasse a tiro, con un buon lavoro a difesa schierata e anche in transizione, ma chiaramente tutto questo non può bastare. Il suo contributo realizzativo è venuto meno e se non si considera gara 1 (8 punti con 3/5 dal campo e 2 triple a referto), per il resto della seria ha tirato tanto, ma male (quasi 3 canestri di media su 8 tentativi a serata di media).
Manu Ginobili 7: non è per niente facile giudicare Manu dopo che gara 4 potrebbe essere stata la sua ultima partita nba. Ha dimostrato di poter stare ancora in campo alla bellezza di 39 anni: 13.8 punti di media con l’exploit in gara 3 da 21 punti (7/9) in 18 minuti, a cui ha aggiunto quasi 3 assist a partita (7 nell’ultima sfida) e quasi 2 recuperi a gara (1.8). Peccato per questi Spurs, perché Ginobili ha tirato con delle percentuali quasi perfette (20/31 dal campo), se si esclude gara 2 (0/3 in 5 minuti di gioco). Peccato non abbia potuto svolgere il suo ruolo in uscita dalla panchina a supporto dei titolari, ma nonostante si sia dovuto assumere più responsabilità e gestire più possessi di quanto gli viene chiesto, Manu ha onorato la maglia e la sua eccellente carriera con una serie quasi strappalacrime.
Pau Gasol 4,5: vera spina nel fianco per i San Antonio Spurs, nonostante abbia fatto registrare 9.5 punti e 7.3 rimbalzi in 19 minuti di media. Con lui in campo da cinque la squadra di coach Pop cala vistosamente in difesa, mentre da 4 per lo spagnolo aumentano i problemi, perché è stato costretto ad uscire sul perimetro e se si considera la sua reattività di piedi potete solo immaginare com’è andata a finire. Non è riuscito nemmeno a svolgere come con i Rockets il ruolo di “finto” rim-protector (da 2 stoppate di media ad appena 1 stoppata in tutta la serie), rendendo così la vita ancora più complicata al povero Popovich.
Dejounte Murray 6: dopo l’esordio positivo della scorsa serie, anche in questo turno il suo impatto è decisamente sufficiente. Un giocatore molto versatile (6 rimbalzi e 6 assist in gara 2, 7 assist e 5 steal in gara 4), non pessimo in difesa, dove deve fare qualche miglioramento perché il potenziale con quel fisico lì è tanto. Forse un po’ troppo incostante al tiro (passa dal 3/12 di gara 2 al 4/6 nella successiva sfida), ma il margine di crescita è piuttosto elevato.
Kyle Anderson 6,5: in gara 1 gioca meno di 10 minuti e chiude anche lui tappando un po’ di buchi dove serve (4 punti, 4 rimbalzi, 2 assist e 1 rubata). Da qui in poi non scende mai sotto i 20 minuti a partita e si dimostra un giocatore più che valido, con la miglior prestazione che arriva in gara 4, dove termina con 20 punti e 7 rimbalzi, con il 53,3% dal campo a cui aggiunge 4 rubate. Potrebbe rivelarsi molto utile per Popovich questo giocatore, considerando la versatilità e le caratteristiche tecniche di Anderson.
Davis Bertans 5,5: viene buttato nella mischia in gara 2 con gli Spurs che non sanno più dove sbattere la testa: chiude con 13 punti e 4 rimbalzi in 17 minuti, senza sbagliare nemmeno un tiro (3/3 dall’arco). In gara 3 prova a replicare e nonostante non riesca a ripetersi gioca 20 minuti e lascia intravedere qualcosa di interessante.
Coach Gregg Popovich 6: non credo sia corretto dare un’insufficienza a quest’uomo, che nonostante la chiara volontà degli Dei, ha voluto sfidare la sorte e combattere fino all’ultimo possesso. E’ riuscito a dar comunque battaglia ad una squadra sulla carta (e non) UFO con in campo Murray, Simmons e Anderson, quasi tre sconosciuti potremmo dire. Senza dimenticarci di Bertans. Con quel poco che gli era rimasto onestamente non so cosa gli si potesse chiedere.
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