Alessandro Gentile, il mio unico capitano

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Ti seguirò fino all’Inferno, forse anche oltre, persino quando sarai tu a dirmi di fermarmi, di voler continuare da solo: dovessi rimanere l’ultimo tifoso, io rimarrò al tuo fianco.

gentile milano

Alessandro Gentile è il mio Capitano, il mio unico Capitano.
Fino a due mesi fa era anche capitano della mia squadra del cuore, poi la storia la conosciamo tutti ed è inutile ribadirla. E quindi è diventato solamente il mio Capitano, e tale rimarrà.

Alessandro Gentile non è più un giocatore dell’Olimpia Milano.
Esulteranno quei tifosi biancorossi, che si son dimenticati troppo presto di 18 anni di silenzio, di capitani scelti a caso, di giocatori passati da Milano giusto per farsi una vacanza. Quei tifosi che si son dimenticati troppo presto di chi, nell’incredulità mista a tristezza e a disperazione, in quel Giugno milanese del 2015 era a piangere con loro, chinandosi a terra, chiedendo scusa in lacrime a tutto il Forum, covando quella rabbia che solo noi potevamo capire, che solo lui provava insieme a noi. Solo ed unicamente lui: perché Alessandro Gentile è l’unico che ha sempre saputo quanto ci tenessimo. L’unico.
Perché è solo lui a sapere quello che abbiamo provato il 27 Giugno 2014, quando quella schiacciata solitaria consegnava lo Scudetto nelle sue mani, nelle nostre mani, o quanto importante sia stato quel libero di Sanders che sul +4 a Reggio Emilia sanciva il secondo titolo in tre anni. Lo sa, lo ha sempre saputo, perché “abbiamo vinto insieme, perso insieme, pianto insieme, gioito insieme, scritto piccole pagine di storia per questa gloriosa società”. INSIEME. Noi, Olimpia Milano, e Alessandro Gentile.

Ma è obiettivo che Alessandro Gentile non sia un santo; d’altronde, chi lo è a questo mondo?
Testa calda, qualche parola di troppo, forzature, tecnici. Quella voglia di fare, di voler salvare tutto e tutti da solo che si tramuta in egoismo laddove il tiro non entra. Quelle uscite in Nazionale…

gentile italia

Ci son stati dei giorni in cui Alessandro Gentile è stato indifendibile, dei giorni in cui nemmeno lui si sarebbe schierato dalla parte di sé stesso. E io ero là. Ero là a combattere per lui, a discutere, ad incazzarmi, a prendere insulti, solo per quella irrazionale devozione verso il mio condottiero. C’era poco da dire, nulla da difendere, ero sempre e solo io dalla parte del torto: ma ero dalla parte di Alessandro.
Dopo la sfida con la Lituania, nel discutere riguardo alla partita di Gentile con la tipa di cui ero stracotto mi presi una sfuriata allucinante: ma non importava, perché eravamo io e Ale.
Dopo quel disastroso Preolimpico (lui, forse, il più disastroso di tutti) e dopo la revoca della fascia da capitano mi ritrovai quasi da solo, con altri pochi, nel mezzo della bufera. Amici, parenti, “tifosi” che avevano visto solamente quelle due partite e commentavano: erano tutti miei nemici, perché io ero dalla parte di Alessandro. In entrambi i casi era palese che la colpa fosse sua, che le sue scelte avessero compromesso prima l’Europeo e poi l’Olimpiade. Era ovvio, non era l’unico colpevole, ma era il più colpevole di tutti. E divenne il capro espiatorio di spedizioni fallimentari. Ma soprattutto venne rinnegato da quei suoi stessi tifosi che pochi mesi prima erano a piangere, chiedendo“Ale non lasciarci…” prima, e“vattene, montato, non ti vuole nessuno” poi.

Non dico che ogni tifoso milanese avrebbe dovuto difendere Gentile in quel modo. Anzi, come detto prima, nemmeno lui, o suo padre o suo fratello, l’avrebbero fatto. Ma a mancare è stata la riconoscenza, cancellata da una memoria troppo corta per un pubblico di una piazza come Milano.
Forse è giusto così, quindi. La riconoscenza non è mai venuta a trovarlo a Milano, e quindi Alessandro Gentile ha deciso di andarsene. Senza sbattere porte, per carità, ma senza nemmeno quel rispetto che sarebbe dovuto ad una figura come la sua, per quello che ha dato ad una società come Milano.
E soprattutto per quello che ha dato a quella canotta biancorossa: tutto sé stesso, ogni singola cosa che poteva dare, la sua anima, le sue lacrime, la sua totale umanità (nel bene e nel male).

gentile milano

Questa è la storia di una devozione sbagliata, perché di fatto non ha senso. Alessandro Gentile è stato capitano, ma ha messo la sua firma su un trofeo e mezzo dei quattro che sono arrivati sotto la sua guida. E pur rimanendo (a parer cieco mio) una bellezza di giocatore, è innegabile che nel corso delle stagioni sia calato di rendimento.

Ma non importa. O lo si ama o lo si odia, e io giurai che l’avrei amato in eterno (cestisticamente parlando), che l’avrei seguito fino all’Inferno, difeso a spada tratta qualsiasi cosa fosse successa: qualsiasi. Perché tutti abbiamo bisogno di un condottiero, anche solo ideale, e il mio condottiero è Alessandro Gentile. Non biasimo coloro a cui non sta simpatico, o a cui starò antipatico io dopo aver scritto queste parole, va benissimo così. Non chiedetemi nemmeno da dove questa devozione nasca, non lo so nemmeno io, sarà la voglia di sfidare il mondo o di andare contro tendenza a tutti i costi. C’è chi ha Che Guevara, Napoleone, Giulio Cesare, Nelson. Io ho Gentile: Alessandro (Magno) Gentile.

Perciò ora mi rivolgo direttamente a te, Alessandro.
Grazie di cuore, di tutto, per tutto. Grazie di avermi insegnato a difendere l’indifendibile, grazie per avermi aiutato a zittire tutti quanti. E cuore in pace, quando tornerai a Milano i fischi saranno tanti, ma vedrai che ci saranno anche tantissimi applausi, i miei sopra quelli di tutti. Ora vai, in un posto che ti sia riconoscente, in un posto che merita la tua dedizione e i tuoi sacrifici. Vai in un posto dove non sarai sulla bocca di tutti ogni volta che respiri. Vai, e ci vedremo presto.
E ricorda: ovunque tu andrai io sarò con te, perché Alessandro Gentile è il mio unico Capitano.

Grazie di tutto, e buona fortuna.

Gabriele Buscaglia

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