“And a little child shall lead them”: Isiah Thomas, il profeta nero

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“..e un bambino li condurrà”.

Scorcio del West Side, quartiere nero di Chicago.
Scorcio del West Side, quartiere nero di Chicago, intorno agli anni Sessanta.

La Chicago degli anni Settanta non era un posto facile dove vivere, figurati se eri nero. Figurati soprattutto se eri un nero, ultimo di nove tra fratelli e sorelle, che vede un fratello venire espulso da una scuola di “white men” perché troppo superiore su un campo da Basket rispetto agli anglo-americani, che ha i genitori discendenti di una di quelle migrazioni di lavoro che tanto hanno segnato l’America degli anni Trenta, e che vede la madre imbracciare il fucile per allontanare delegazioni di gang rivali che girano per il West Side della “Windy City”. No, direi di no, non è facile per nulla.
“..e un bambino li condurrà”. Condurrà dove? Per uno di quei fratelli la risposta è chiara, “fuori di qui”. E lo diceva, chiuso in una stanza, a quell’ultimo dei nove fratelli che rischiava di venir inghiottito dalla strada. Il maggiore aveva beccato il piccolo mentre girava con i suoi vestiti da gangster, e per poco non gli sparava. Lo aveva portato da parte: “tu forse non hai capito, tu sei quello che porterà mamma e tutti noi fuori di qui”  gli disse. E quel bambino, forse, aveva cominciato a capire.

Isiah Thomas ai tempi dell'high school, nella Saint Joseph's
Isiah Thomas ai tempi dell’high school, nella Saint Joseph’s

Isiah Lord Thomas III nasce a Chicago il 30 Aprile 1961. Ogni mattina si alzava alle 05.00, perchè se sei del West Side nero e vuoi giocare a Basket dove conta, cioè tra i bianchi, la strada è lunga, e non solo in senso figurato: Isiah doveva prendere due autobus fino al loro capolinea, poi un terzo per tutto il suo tragitto e infine camminare per circa un miglio molto spesso in un clima, letteralmente, polare. Novanta minuti da pendolare, per raggiungere la Saint Joseph High School di Westchester, sobborgo della classe media di Chicago. E Isiah soffriva nel vedere dal finestrino del bus gli altri ragazzini, tutti più ricchi o agiati di lui, venir comodamente accompagnati in macchina dai genitori. Qualcosa doveva cambiare, suo fratello aveva ragione, il talento infinito di quel ragazzino, di quel bambino, doveva portare tutti loro fuori dal ghetto. E quel qualcosa doveva essere lui: cambia l’accento, il modo di parlare, l’atteggiamento, la grammatica (uno dei suoi fratelli diceva che ormai aveva cominciato “to talk white”, a parlare come un bianco), ma non è così facile. Lui non giocava contro li avversari, lui li umiliava, li distruggeva, e nonostante parlasse “white” l’abilità del trash talking rimaneva. Nessuno riusciva a fermarlo, tutti lo volevano. Alla fine, nonostante la preferenza della madre per DePaul, Isiah opta per Indiana, guidata da Robert Montgomery Knight.

Thomas stacca la retina del titolo NCAA 1981.
Thomas stacca la retina del titolo NCAA 1981.

Ma il primo anno è l’inferno: puoi cambiare quanto vuoi, ma il tuo passato te lo porti dietro, sempre; e come la maggior parte dei neri usciti dal ghetto, il rispetto per l’autorità, in questo caso coach Knight, era un’optional, anche piuttosto modesto. Il loro rapporto era sempre sul punto di lacerarsi in via definitiva, ma il “bambino” deciderà di rimanere. Scelta corretta, eccome.
I tifosi degli “Hoosiers” avevano sempre un lenzuolo con citato un verso biblico, non a caso, dal Libro di Isaia. Tale verso terminava con “..and a little child shall lead them”, un bambino li condurrà. Profezia, 700 anni prima di Cristo, che per Isiah si rivelerà inizialmente doppia: non solo condurrà la famiglia fuori dal West Side di Chicago, ma condurrà anche Indiana al titolo NCAA, quello del 1981, dominando e predicando pallacanestro dall’”alto” dei suoi 1.83 cm. Unstoppable, cose mai viste. Il passo successivo, chiaro e nitido, non può che essere l’NBA.

Isiah in canotta Pistons.
Isiah in canotta Pistons.

L’idea di diventare avvocato Isiah la mette nel cassetto e da lì non uscirà più, poiché nel Draft del 1981 with the second pick, Detroit Pistons selected Isiah Thomas, from Indiana University”.
L’epopea di Thomas nell’NBA era appena cominciata: All-Star Game, subito, il secondo anno, nel 1982. Poi 16 punti in 94 secondi contro i Knicks nel primo turno di Playoffs del 1984, in un game 5 al Madison Square Garden perso, ahimè, ai supplementari.
L’anno successivo vengono fermati solo in semifinale di Conference, dai Celtics di Bird, e due anni dopo arrivano addirittura in finale di Conference, sempre contro i Celtics, sempre perdendo. Ma non era finita: l’anno dopo, nel 1988, Detroit e Boston si rincontrano per l’ennesima volta, ancora in finale di Conference, ma stavolta il pass per la gran finale lo strappano i Pistons, guidati dal “bambino”.
Davanti a loro i Lakers, non dei Lakers qualsiasi, affatto, i Lakers di Magic Johson e Kareem Abdul-Jabbar, quelli dello “show time”: ma contro Thomas, chiunque avrebbe dei problemi.
Specialmente se di fronte hai uno che, dal nulla, tira fuori 25 punti in un singolo quarto.
Era un game 6, con Detroit avanti 3-2. In caso di vittoria, la profezia di Isaia sarebbe stata verificata per la terza volta.
Thomas parte a mille, e tutta LA comincia ad avere paura. Poi, all’inizio del terzo quarto, Isiah cade. Sembra far fatica a rialzarsi, sembra far fatica a continuare: la caviglia destra è totalmente girata, e il replay lo mostra in maniera chiara. Finita? Nah.. Thomas non solo si rialza, non solo rientra in campo, ma comincia anche a segnare, e segnare, e segnare ancora. Alla fine della partita ne farà 43, 25 tutti in quel terzo quarto, cominciato dolorante sul parquet. Non basta, purtroppo. Los Angeles porterà a casa prima il match, poi il titolo in Gara 7.

Festeggiamenti nello spogliatoio di Detroit. I Bad Boys in cima al mondo..
Festeggiamenti nello spogliatoio di Detroit. I Bad Boys in cima al mondo..

Ma come successe coi Celtics, gli dei del Basket ordinano subito il dolce piatto della vendetta per i “Bad Boys” di Detroit, e l’occasione di rifarsi arriva subito l’anno successivo. Ancora contro i Lakers, quelli che “non perdono mai” a detta di un uomo losangelino, che con gli amici al bar si era giocato il nome del futuro figlio in base all’esito della serie finale che stava per cominciare. “Se perdiamo, ma non perdiamo mai, chiamerò mio figlio come lui”. Quel LUI era Isiah Thomas, ovviamente, e il padre altri non era che il futuro padre di Isaiah Jamar Thomas. E il nome dell’attuale play di Phoenix lascia già immaginare l’esito finale della serie. E’ vero che quei Lakers non perdevano mai, ma la convinzione “frega” (detta in modo gentile) la gente. Detroit arriva in finale sbaragliando sia Larry Bird (3-0) che Scottie Pippen affiancato da un ragazzino col 23 (4-0).
E nella serie finale, coloro che non perdono mai perdono Gara 1 109-97, Gara 2 98-95 e Gara 3 a Los Angeles 114-97. Serie sul 3-0, match point della vita in mano a Detroit. E quello stesso padre, che tanto sognava la replica sportiva dell’anno precendente, comincia seriamente a tremare. Gara 4 si gioca sempre a Los Angeles. Per la prima volta dall’inizio della stagione, i Lakers sentono veramente di non potercela fare. Neanche gli ultimi punti della carriera di Ferdinand Lewis Alcindor jr., arrivati sul finale di gara, fan crollare il castello dei Pistons. 105-97, scioccante 4-0, per Detroit il primo titolo della storia, per i Bad Boys la consacrazione. La profezia di Isaia si era avverata per la terza volta. Isiah Thomas, Rick Mahorn, Dennis Rodman, James Edwards, John Salley e Bill Laimbeer, il loro gioco sporco, il loro trash talking, erano in cima al mondo.

E questo non a tutti andava a genio..

Isiah Thomas e MJ si affrontano sul campo.
Isiah Thomas e MJ si affrontano sul campo.

Come prima dicevamo, Thomas amava distruggere in tutti i sensi gli avversari. E la stessa cosa che faceva all’high school e al college la faceva pure in NBA. Contro chiunque. E tra i chiunque, nell’NBA degli anni Ottanta, c’era finito pure quel ragazzino col 23, Michael Jordan. Il suo primo All-Star Game, quello del 1985, doveva farlo brillare: ma se sia Magic Johnson che Isiah Thomas decidono che non devi segnare, tu non segni. Si prenderà solo sette tiri in tutta la partita. E come successe con Thomas nei confronti di Celtics e Lakers, Jordan purtroppo avrà l’occasione di prendersi la sua vendetta, ponendo di fatto fine agli anni di gloria di Isiah. Quando bisognerà decidere i nomi che comporranno la squadra di Basket più forte della storia, Jordan e Pippen sono decisi: Isiah Thomas non deve farne parte.
E in effetti, sul volo USA-Barcellona il nativo di Chicago non ci sarà. Il colpo che Thomas subisce è troppo grande, e comincia un lento e inesorabile declino. Non sarà più quello di un tempo, e due anni dopo, nel 1994, si ritirerà. 

Un Isiah Thomas in borghese.
Un Isiah Thomas in borghese.

Della sua carriera post-NBA si potrebbe parlare ancora, ma il tempo e lo spazio non ci assistono. Diciamo che il suo talento sul campo era inversamente proporzionale al suo talento in panchina, citofonare al 4 di Pennsylvania Plaza, New York, per conferma, o chiedere a Larry Bird (su cui Thomas disse “se fosse nero sarebbe considerato normale, o comunque un buon giocatore”). Si diede anche al business, portando la CBA, Continental Basketball Associaction, “la più antica lega professionistica di pallacanestro del mondo”, al fallimento.
Ad oggi lo trovate come commentatore e opinionista su NBA TV.

Va bene Isiah, tranquillo, la tua storia l’hai già scritta, ora siediti e riposa. Ciò che hai fatto a Detroit, numero 11 sulle spalle, non sarà mai dimenticato, ne nel Michigan ne nel resto del mondo. Hai condotto la tua famiglia fuori dal ghetto, gli Hoosiers al titolo, i Bad Boys in cima al mondo. Va bene così, Isiah, hai fatto abbastanza. Aveva ragione, il tuo omonimo profeta, 2700 anni fa:

“Il lupo abiterà con l’agnello,e il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello, il leoncello e il bestiame ingrassato staranno assieme.. e un bambino li condurrà.”

Isaia 11, 6.

Va bene così, Isiah!

Isiah Thomas Game Portrait

 

Gabriele Buscaglia

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