Cinque volte Draymond, cinque volte Green

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Nell’ultimo appuntamento, avevamo raccontato la quadrupla-doppia di David Robinson, immaginandomi chi potesse effettivamente ripetere una simile prestazione. Ebbene, le nostre previsioni avevano un qual certo fondamento visto che uno dei due papabili, etichettati dal sottoscritto come possibili realizzatori di una “stat-line” del genere, ha effettivamente giocato una partita che non si vedeva da tempo nella NBA. Stiamo parlando di Draymond Green e del suo incredibile 5×5.

Draymond inizia a farsi notare al terzo anno di liceo quando mantiene una media di 25 e 13 rimbalzi, guidando Saginaw al titolo statale con un record di 26 vittorie a fronte di una sola sconfitta. Tutti i più grandi college vogliono questo ragazzone, non bello da vedere ma tremendamente efficace su entrambi i lati del campo: alla fine Green opta per la Michigan State di Tom Izzo e durante il suo ultimo anno da liceale, conquista il secondo titolo consecutivo.

L’approdo a Michigan State non è dei più semplici, Draymond infatti parte dalla panchina per tutta la stagione ma si fa trovare pronto durante il Torneo NCAA del 2009 in cui raddoppia le sue medie stagionali toccando quasi i 9 punti e 5 rimbalzi di media. La corsa al titolo si ferma solo in finale, sconfitti dalla North Carolina di Ty Lawson ed Ed Davis.
Nella stagione seguente, Green diventa un giocatore fondamentale per coach Izzo e nonostante parta sempre dalla panchina, chiude la stagione con 10 punti, 8 rimbalzi e 3 assist a partita, che gli valgono all’unanimità, il titolo di sesto uomo dell’anno della Big Ten, il primo nella storia di Michigan State a riuscirci. Nel suo anno da Junior le sue cifre individuali continuano a crescere ma è qui che si inizia ad intravedere la sua straordinaria versatilità. Green realizza infatti due triple-doppie nell’arco della stagione, di cui una al Torneo NCAA (sconfitta contro UCLA), il settimo giocatore a riuscirci nella storia.

Draymond completa la sua formazione a Michigan State diventando capitano e trascinando la sua squadra al titolo della Big Ten, venendo nominato giocatore dell’anno. Al Torneo NCAA firma la sua seconda tripla doppia raggiungendo Oscar Robertson e Magic Johnson ma la strada verso il titolo si ferma contro i futuri campioni di Louisville. Green chiude la sua carriera collegiale con il record di rimbalzi catturati (1096) e uno dei tre giocatori in grado di segnare più di 1000 punti e di catturare più di 1000 rimbalzi nella storia degli Spartans.

Golden State lo sceglie alla posizione numero 35 al Draft del 2012 e gli inizi assomigliano molto a quelli di Michigan State: tanta panchina e poche occasioni per mettersi in mostra, finchè gli infortuni di Rush e Jefferson gli permettono di guadagnarsi un posto in rotazione e non lasciarlo più. Ai Playoffs esplode il genio di Stephen Curry ma Green e compagni escono al secondo turno contro i futuri finalisti di San Antonio. Nella stagione seguente, i miglioramenti al tiro da 3 punti ed in difesa sono evidenti, ma il suo eccessivo agonismo non è ancora del tutto sotto controllo e la sua espulsione contro i Clippers a Natale non lo aiuta a migliorare la reputazione. Ai Playoffs si riscatta guadagnando numerosi encomi per la sua difesa fisica, ma i Warriors escono al primo turno al termine di una furiosa battaglia per 7 gare contro i Clippers.
Arriviamo così alla stagione appena conclusa, in cui Green diventa titolare a causa dell’infortunio di David Lee e come a Michigan State l’occasione non viene sprecata. Esattamente un anno fa, firma la sua prima tripla-doppia in carriera contro i Raptors e chiude la stagione al secondo posto per i premi di Difensore dell’anno e Giocatore più migliorato. Il coronamento di tanti sacrifici arriva durante Gara 6 di Finali contro i Cavs, in cui Green diventa il sesto giocatore nella storia della NBA a realizzare una tripla-doppia nelle Finals, aiutando Golden State a vincere il primo titolo negli ultimi 40 anni.

Ormai ci siamo, è esploso, è un giocatore completo capace di difendere su qualsiasi giocatore, che sia un playmaker o un centro, che sia un tiratore o un giocatore fisico. Offensivamente è ormai affidabile dalla linea dei 3 punti, ma è la sua abilità nel passare la palla che lo ha portato ad essere considerato ormai una autentica superstar.

E’ l’11 dicembre scorso, va in scena la sfida tra Warriors e Celtics nello splendido scenario del TD Garden di Boston. Senza Klay Thompson, Golden State cerca la vittoria consecutiva numero 24 su 24 partite disputate, inutile ricordare che nessuna squadra ha mai avuto una partenza del genere nella storia.
Primo possesso: palla recuperata e assist correndo in campo aperto per Brandon Rush.
Secondo possesso: pick&roll con Curry (sì, Curry porta il blocco), penetrazione, errore, rimbalzo e canestro. Al termine del primo quarto arriva la prima stoppata su Olynyk, con già 3 rubate, 8 punti, 2 rimbalzi e 3 assist a referto. La partita si protrae al doppio overtime, ma Green non cala di una virgola la sua intensità; è incredibile vedere come sia diventato il vero playmaker della squadra, per permettere a Curry e Thompson di uscire dai blocchi ed essere letali dalla linea dei 3 punti. Rimbalzi, stoppate e rubate non sono mai state un problema per un difensore naturale come lui.
Curry sarà decisivo per la vittoria finale con 38 punti e 11 rimbalzi ma non sarà da meno Green, che chiuderà con 24 punti, 11 rimbalzi, 8 assist, 5 rubate e 5 stoppate. L’ultimo giocatore in grado di realizzare un 5×5 fu Nicolas Batum, 4 anni prima, ma per trovare un giocatore da almeno 20 punti, 10 rimbalzi e 5 nelle restanti categorie occorre tornare agli anni ’90, a Derrick Coleman e Hakeem Olajuwon.

Ad oggi 17 gennaio 2016, Draymond Green è in lizza per un posto da titolare all’All Star Game ed ha realizzato ben otto triple-doppie in sole 40 partite, di cui tre consecutive, pareggiando un mostro sacro come Wilt Chamberlain nella storia dei Warriors. Le sue cifre recitano 15 punti, 9.7 rimbalzi, 7.3 assist, 1.4 rubate e 1.3 stoppate di media con un ottimo 47% dal campo e quasi due triple segnate a partita. Incredibile.

Vi lasciamo con le parole di Tom Izzo per testimoniare quanto questo ragazzo abbia ottenuto e come solo in pochi se lo sarebbero aspettati:

Pensavo fosse un ragazzo che avrebbe potuto giusto sopravvivere nella Lega. Guardate alla sua carriera, migliora di anno in anno. Ha talmente potenziale che è davvero difficile da allenare.

Aggiungiamo noi, giù il cappello davanti a Steve Kerr ed a quello che ha realizzato con questo ragazzo e con questi Golden State Warriors.

Lorenzo Simonazzi

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