Dirk Nowitzki VS Pau Gasol

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Torna il VS, rubrica che, in maniera ardita, cerca di confrontare due giocatori dalle caratteristiche simili e di emanare un verdetto su quale dei due possa essere giudicato migliore rispetto all’altro. Nessuna pretesa scientifica, ma solo divertimento nel capire, nell’analizzare e nel suscitare dibattiti che potrebbero durare in eterno. Oggi ci siamo voluti lanciare in una sfida dall’alto coefficiente di difficoltà, mettendo a paragone due giocatori che hanno prepotentemente segnato gli ultimi 15 anni di pallacanestro mondiale, due talenti partiti dal Vecchio Continente e giunti nel Nuovo Mondo per colonizzarlo, due eccellenti lunghi fra i più tecnici, dominanti e decisivi degli ultimi anni: Dirk Nowitzki e Pau Gasol. Ecco le chiavi, con relativo verdetto, attraverso le quali abbiamo operato questo confronto:

ATTACCO:  è veramente complesso poter stabilire chi fra i due abbia il miglior repertorio offensivo, chi sia più efficace e capace nel trovare la retina avversaria. L’attacco è il punto di forza di entrambi; lo spagnolo ha un’eleganza sopraffina nei movimenti in post basso, una mano educatissima che gli ha consentito, anche in questa stagione, di essere uno dei punti di forza dei Chicago Bulls e, come se non bastasse, Kobe Bryant lo ha definito in passato “il miglior giocatore in pick and roll dell’intera Nba”. Qualità che basterebbero per avere la meglio contro chiunque, ma non contro il tedescone, giocatore dall’efficacia e dalla precisione offensiva straordinarie. Nowitzki abbina ad un gran bel gioco in post basso una tecnica di tiro superiore, specialmente dall’arco .E’ stato probabilmente il precursore del lungo moderno. Inoltre il suo tiro in allontanamento è divenuto un marchio di fabbrica, un nuovo modo ricercato (e copiato) di fare canestro. Del resto, i traguardi personali raggiunti nella sua carriera parlano per lui. 1 a 0. A voi un piccolo esempio di cotanta classe:

DIFESA: se in una metà campo sono soliti fare scintille, sia Nowitzki che Gasol hanno nella difesa un tallone d’Achille. Non sono due grandi difensori, né per volontà, né per predisposizione. Nella loro carriera, per rendere al meglio, hanno spesso avuto bisogno di un centro più energico e combattivo al loro fianco (Chandler, Noah, Bynum). La bandiera dei Mavs è molto lacunosa sotto questo punto di vista, mentre Gasol, nonostante una velocità di piedi non irresistibile che lo penalizza molto, si fa preferire per una maggiore abilità nel proteggere il ferro, nell’intimidazione, nella difesa spalle a canestro e nella maggior propensione a rimbalzo. 1 a 1. Anche qualche vittima illustre per il nostro Pau:


LETTURA DEL GIOCO:  qui bisogna riprendere la sopracitata frase di Kobe Bryant. La pericolosità offensiva di Gasol, sia in pick and roll che in altre situazioni di gioco, è dettata infatti anche dalla capacità di servire, nella maniera migliore, il compagno giusto. Nonostante il loro ampio arsenale offensivo, non sono affatto dei giocatori egoisti o troppo accentratori;  soprattutto l’ex Barcellona ha ottime doti di visione di gioco e di passatore, grazie alle quali si fa preferire in questo aspetto. La scuola catalana ha avuto il suo peso. 1 a 2. Ecco un assaggio per placare le vostre perplessità:

LEADERSHIP: difficile avere dei dubbi sotto questo punto di vista. Nowitzki  è ormai da ben 17 stagioni il faro assoluto di Dallas, la franchigia texana che, per merito suo, è uscita fuori da una condizione di mediocrità continuativa. Cuban ha sempre incentrato ogni progetto vincente attorno al pivot tedesco, venendone pienamente ricompensato. Il titolo del 2011 è stata l’apoteosi di un sogno che veniva coltivato da molti anni. A Dallas son passati Nash, Kidd, Finley , ma il tedesco è sempre rimasto, imponendosi come unico ed incontrastato leader. Gasol invece, pur essendo un giocatore di assoluto spessore, non ha mai avuto lo stesso carisma. Secondo violino nei Lakers di Kobe, a Memphis non è riuscito a fare quel salto di qualità che, invece, sembra possa competere al più giovane fratello Marc. Inoltre, in entrambe le avventure, dopo i primi anni ottimi, ha sempre mostrato segnali di insofferenza e scostanza che lo hanno poi condotto puntualmente a cambiare squadra. In Nazionale ha rivestito bene i panni del leader, ma è di gran lunga più facile esserlo in una competizione di un mese che nel corso di più stagioni. 2 a 2

CLUTCH: caratteristica che si accompagna più che spesso alla leadership, perciò anche qua l’esito del verdetto appare segnato. Se sei riconosciuto come leader della tua squadra, è normale che i palloni più pesanti e scottanti passino dalle tue mani. Il nativo di Wurzburg non si è mai tirato indietro e molte volte ha ripagato la fiducia dei suoi compagni. Non che Gasol sia a secco di prodezze sotto questo aspetto, ma Nowitzki nella sua carriera ne ha avuti diversi di momenti “clutch”, soprattutto in frangenti delicati e molto tesi. Le Finals del 2011 sono un ottimo esempio a riguardo, chiedere a Udonis Haslem e a Chris Bosh per ulteriori delucidazioni: 3 a 2.


CARRIERA: essendo due giocatori ai quali non restano molti anni di carriera davanti ed avendo, forse, già dato il meglio di sé, è giusto considerare quanto han fatto finora per esprimere una preferenza sensata e giustificata. Le loro bacheche sono ricche e i loro nomi sono iscritti in più albi d’oro e classifiche di record. Gasol ha avuto qualche gioia in più dal punto di vista collettivo: basti pensare al re-peat con Los Angeles, nel quale ricoprì un ruolo fondamentale, e alle numerose soddisfazioni che si è tolto con la Nazionale spagnola. Dimenticando la recente débacle negli ultimi mondiali casalinghi, Gasol ha indossato comunque una medaglia d’oro mondiale da Mvp, due medaglie d’oro  europee, di cui una sempre da Mvp, e due argenti olimpici senza nemmeno andare troppo lontano dal conquistare l’oro contro l’armata americana. Ottimo fu anche l’impatto che ebbe con il mondo dell’Nba: il riconoscimento di matricola dell’anno nel 2002 è lì a dimostrarlo. Nowitzki ha qualche trofeo in meno, ma i suoi riconoscimenti individuali riescono a compensare lo spazio vuoto in bacheca. Oltre al titolo del 2011 con i Mavs da assoluto dominatore, con tanto di Mvp delle Finals a legittimarlo, è stato anche il primo giocatore europeo a fregiarsi della vittoria dell’Mvp di stagione regolare nel 2007. Entrare nella storia si sarebbe però rivelata una formalità per lui, soprattutto negli ultimi anni. La sua scalata nella classifica dei marcatori all-time dell’Nba lo ha infatti collocato in settima posizione con Shaquille O’Neal nel mirino, il primo a non essere di formazione cestistica nordamericana. Anche per la propria Nazionale ha fatto tanto: un bronzo mondiale e un argento europeo (entrambi da Mvp, tanto per cambiare) rappresentano molto per un paese di non eccezionale tradizione cestistica e che, a differenza degli iberici, non ha sfornato negli ultimi due decenni un’incredibile nidiata di talenti. Non per essere democristiani, ma questa volta propendiamo per il pareggio.

Dirk si aggiudica così per 3 a 2 questo confronto. Nella remota ipotesi che tutti voi lettori siate d’accordo con quanto emerso, ci congediamo con la consapevolezza che entrambi hanno ancora diverse cartucce da sparare e che ogni punto di vista è pronto per essere sconvolto dal corso degli eventi futuri.

Bernardo Cianfrocca

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