I Grandi Esclusi dai quintetti All-NBA

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Ieri la NBA ha annunciato i tre migliori quintetti della stagione regolare 2012-13, con i seguenti responsi:

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Da segnalare tra i presenti un Tim Duncan nel primo quintetto, il leader degli Spurs è stato protagonista di una stagione pazzesca, come se non avesse i 37 anni che indica la sua carta d’identità, pensate che non veniva nominato per il primo quintetto dal 2007, un ragazzino. Ma per quanto riguarda gli assenti? E’ infatti vero che i 15 giocatori elencati sopra si sono meritati la premiazione, ma è altrettanto vero che ci sono stati altri cestisti che invece hanno ricevuto il trattamento opposto e si sono visti “snobbati”. Vediamo insieme quali.

Stephen-CurryStephen Curry (Golden State Warriors): 22.9 punti, 6.9 assist, 4.0 rimbalzi, 1.9 palle recuperate, 45% dal campo, 45% da tre, 90% ai liberi.

Sul buon Steph ci siamo spesi già parecchie volte e non perchè il ragazzo ispira simpatia. Il playmaker degli Warriors è stato autore di una stagione incredibile, trascinando i suoi ai Playoffs dopo parecchi anni con la sesta posizione a Ovest, non proprio una piccolezza. Non contento, Curry ha aggiunto alla sua già perfetta stagione un carreer high di 52 punti al Madison Square Garden contro i Knicks, il record storico NBA per triple segnate in una singola stagione con 272 e una cavalcata nella postseason non indifferente, anzi. Gli Warriors hanno superato i favoriti Denver Nuggets al primo turno per 4-2 proprio grazie alle gigantesche prestazioni di Curry, dando poi del filo da torcere ai San Antonio Spurs. Se le caviglie che in passato gli hanno dato tanti problemi reggeranno, Steph è destinato a dominare questa Lega negli anni a venire e a diventare uno dei migliori tiratori della storia. In seguito a questa moltitudine di record Curry non ha però ottenuto alcun riconoscimento: prima niente convocazione all’All Star Game e ora niente inclusione in nessuno dei tre quintetti All-NBA.

Joakim Noah (Chicago Bulls): 11.9 punti, 11.1 rimbalzi, 4.0 assist, 2.1 stoppate, 1.2 palle recuperate, 48% dal campo, 73% ai liberi.

Annata sfortunatissima quella dei Chicago Bulls, falciati dagli infortuni a partire dal più noto caso di Derrick Rose, passando per Luol Deng, Rip Hamilton e Kirk Hinrich per poi arrivare a Joakim Noah. Il centro francese ha giocato una stagione ad altissimi livelli, rendendo meno evidente l’assenza di D-Rose tra le fila dei Bulls. Noah ha così ottenuto a Febbraio il pass per l’All Star Game di Houston, non sfigurando affatto. Sesto rimbalzista della stagione regolare, sesto anche nelle stoppate, il francese ha dovuto convivere con un infortunio alla fascia plantare per la seconda metà di stagione, compresi i Playoffs, dove comunque è risultato decisivo in più occasioni, soprattutto al primo turno contro i Nets nell’importantissima Gara-6, facendo registrare in quell’occasione 14 punti, 15 rimbalzi, 5 assist e 5 stoppate. Anche lui escluso dai tre quintetti, forse al posto di un invece deludente Dwight Howard non avrebbe guastato.

Memphis-Grizzlies-star-Zach-Randolph-says-being-left-handed-gives-him-advantage-NBA-Update-100078Zach Randolph (Memphis Grizzlies): 15.4 punti, 11.2 rimbalzi, 1.4 assist, 0.8 palle recuperate, 46% dal campo, 75% ai liberi.

Z-Bo. In molti lo amano, senza necessariamente tifare i Grizzlies. Forse è un personaggio simpatico per via della sua stazza, con quella pancetta con cui anche il meno atletico si può identificare, o forse per le sue abilità sul parquet di gioco. E’ innegabile che Randolph sia tra i migliori in circolazione per quanto riguarda il post basso e i fondamentali a rimbalzo, altrimenti non gli sarebbe possibile classificarsi quarto tra i rimbalzisti con soli 206 centimetri di altezza. Insieme a Marc Gasol, Difensore dell’Anno e incluso nel secondo quintetto NBA, forma una delle coppie di lunghi più temibili della Lega in entrambe le metà campo. Chiamato all’All Star Game di Febbraio è invece stato escluso dai tre starting five, sicuramente con qualche dubbio.

LaMarcus Aldridge (Portland Trail Blazers): 21.1 punti, 9.1 rimbalzi, 2.6 assist, 1.2 stoppate, 48% dal campo, 81% ai liberi.

Forse meno meritevole dei tre sopra citati, ma sicuramente non per quanto riguarda le medie. Portland ha vissuto una stagione negativa, senza qualificarsi ai Playoffs, ma Aldridge ha confermato quanto fatto vedere lo scorso anno: è lui il leader di questi Trail Blazers. Con un’ottima percentuale dal campo, lungo versatile capace di segnare molte volte jumper dalla media, è stato in grado di posizionarsi nono in NBA per media punti. Affiancato da un inaspettato Damian  Lillard ha fatto quanto possibile per i suoi, non facendosi mai trovare impreparato. Un po’ meno dei precedenti, ma anche L-Train ha qualcosa da recriminare per l’esclusione dal terzo quintetto a favore di giocatori come Dwight Howard e Dwayne Wade.

Brook Lopez (Brooklyn Nets): 19.4 punti, 6.9 rimbalzi, 0.9 assist, 2.1 stoppate, 52% dal campo, 75% ai liberi.

Chiudiamo il nostro personalissimo quintetto degli “snobbati” con Brook Lopez. Quintetto atipico vista la presenza di ben quattro lunghi su cinque giocatori; avremmo potuto citare JR Smith, Sesto Uomo dell’Anno, senza suscitare troppo scalpore, ma abbiamo deciso di virare sul centro di Brooklyn. Tanto si è detto del centro dei Nets, probabilmente soft sotto le plance con nemmeno sette rimbalzi catturati a partita nonostante 213 centimetri di altezza, ma con uno spiccato senso del canestro. Lopez è infatti tra i centri il più prolifico in attacco, decimo in assoluto nella classifica marcatori NBA di quest’anno. Insieme a Deron Williams, nella seconda parte di stagione, ha saputo salvare l’annata di una squadra scossa dagli avvicendamenti in panchina, trascinandola ai Playoffs con la quarta piazza. E’ stata breve la corsa di Brooklyn nella postseason, ma la colpa non è stata certo di Lopez, che ha visto invece aumentare notevolmente le proprie medie stagionali, perdendo Gara-7 al Barclays Center.

Francesco Manzi

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