Le pagelle della Finalissima: Sassari guidata da un poker fantastico, a Reggio non basta un super collettivo

Pagelle Serie A

Grande primo tempo per la Dinamo Sassari

Una serie fantastica, sette partite memorabili, una prima volta indimenticabile  e un sogno sfuggito troppe volte sul più bello. Lo scontro tra Reggio Emilia e Sassari ha deliziato gli appassionati italiani di pallacanestro e ora, una volta terminato, con le prodezze dei vari giocatori ancora negli occhi e nella mente, procediamo con l’ingrato compito di valutare le prestazioni di tutti i giocatori nell’arco della serie. Partiamo dagli sconfitti:

GRISSIN BON REGGIO EMILIA, 8: una tripla fallita allo scadere non cancella i meriti di una squadra dal grande cuore, dal collettivo sublime e che ha avuto il solo difetto di non possedere il killer instinct nei vari momenti in cui poteva dare il colpo di grazia alle speranze di Sassari , ossia nell’ultimo quarto di gara 3, di gara 6 e anche ieri sera, quando dopo aver condotto il match per quasi tutto il tempo, si è sciolta ancora a pochi centimetri dal traguardo. Straordinaria nell’arrivare in finale e nel giocarsela fino alla fine nonostante gli infortuni che l’hanno tormentata dalla prima all’ultima partita.

Andrea Cinciarini, 7: si è caricato la squadra sulle spalle, le sue cifre sono state sempre all’altezza della situazione, ma ha peccato di lucidità nei momenti topici. I canestri falliti sulla sirena in gara 6 pesano molto e anche i liberi mancati in gara 3 non sono trascurabili. Tutto ciò non eclissa del tutto la sua ottima capacità di leggere il gioco  e di mettere in ritmo sia sé stesso che i compagni.

Rimantas Kaukenas, 7:  per aver giocato, alla sua età, una serie da protagonista con certi ritmi, certe giocate e certe cifre, meriterebbe già una statua. Classe, talento e leggiadria. Penalizzato solo dai falli in troppe circostanze, si dimostra ancora un campione immenso

Amedeo Della Valle, 7: abbiamo ancora negli occhi la sua grinta, la sua faccia tosta e le sue straordinarie giocate che hanno permesso a Reggio di cullare a lungo il sogno del Tricolore. Assente ingiustificato di gara 7, la sua giovane età si è però rivelata un semplice dettaglio insignificante nel contesto della serie.  Il ragazzo è giovane e si farà, ancor più di ora.

Drake Diener, 5,5: gli infortuni lo hanno tormentato e gli hanno consentito di scendere in campo solo da gara 4, nella quale fa una semplice comparsata. Appena visibile nelle due sfide successive, resuscita da campione ieri sera per la più classica delle beffe (sfiorate). Triple, 14 punti e canestri pesanti da leader, ma troppo poco per accaparrarsi una sufficienza. Sarebbe stato un piacere vederlo in condizione già dalla prima gara. Fallisce anche il tiro decisivo.

Diener, l'eroe mancato di gara 7
Diener, l’eroe mancato di gara 7

Ojars Silins, 6,5: sembrava essere rinato nel momento più importante della stagione con canestri pesanti e di pregevole fattura, ma la sfortuna si abbatte su di lui e gli acciacchi fisici lo costringono a divenire un fattore quasi passivo nelle due sfide decisive.

Achille Polonara, 8: l’Mvp della sua squadra; devastante nelle prime due sfide, si mantiene ad alti livelli per tutta la serie, rivestendo spesso e volentieri il ruolo di leader tecnico e morale. Sempre in doppia cifra e quasi in doppia doppia, ha dimostrato una maturità impressionante. Anche ieri ha giocato una partita monumentale ma nei suoi occhi, probabilmente, non si cancellerà mai la tripla che il ferro gli ha subdolamente sputato fuori sul 67 a 64 per Reggio.

Vitalis Chikoko, 6: quasi sempre in quintetto, ma costantemente in panchina nei momenti decisivi delle partite; eppure quando è stato sul parquet non ha mai sfigurato, né in attacco né in difesa.

Giovanni Pini, 6: commovente e a tratti straripante nei suoi minuti di gloria in gara 6. Il cuore oltre l’ostacolo e le proprie capacità.

Riccardo Cervi, 6: la semifinale con Venezia lo aveva fatto sprofondare nel dimenticatoio, ma Menetti riesce a recuperarlo per l’atto finale, ottenendo più di qualcosa in cambio. Tecnicamente limitato, ma ha fatto tutto quello che ha potuto.

Darjus Lavrinovic, 6,5: per come gioca quando è in campo meriterebbe un voto sicuramente più alto, ma il problema è proprio il poco tempo sul parquet. Un infortunio agli albori di gara 5 lo tiene out anche nel match successivo e lo costringe ad una gara 7 col contagocce. La sua fragilità ha penalizzato Reggio, inutile negarlo.

Rovatti, Stefanini, Pechacek: beata gioventù, che ha rischiato già di conquistare qualcosa di più grande di lei. Faranno tesoro di questa esperienza.

Allenatore Menetti, 8: conferisce alla sua squadra un’identità impeccabile di gioco, uno spessore mentale ancor più notevole e gestisce al meglio delle rotazioni che dovevano essere ben più ampie sulla carta. Merita soltanto applausi.

 

Partita positiva per Rakim Sanders.
Sanders è stato l’MVP della serie

DINAMO SASSARI, 9: forse, inconsciamente, pensava che il più fosse fatto dopo l’eliminazione di Milano in semifinale, tanto da impiegare almeno due partite per entrare mentalmente nella serie. Dall’ira di Dio di Logan nel quarto periodo di gara 3 la musica è cambiata e la squadra non ha più mollato un centimetro, aggrappandosi al talento innato dei suoi migliori interpreti e emergendo con costante puntualità nei momenti più caldi e importanti.

Jerome Dyson, 8: non aveva entusiasmato troppo contro Milano e, difatti, non inizia nemmeno questa serie col piglio giusto. Il ritorno in Sardegna lo rivitalizza e lui si consacra a uomo decisivo nelle ultime due vittoriose sfide. Le sue triple da distanza siderale nel terzo supplementare di gara 6 e gli ultimi sei punti del match di ieri sono le cartoline perfette da spedire a tutti i tifosi della Dinamo

Edgar Sosa, 6: a differenza di quelle con Trento e Milano, questa serie non lo annovera tra i suoi protagonisti assoluti. L’esplosione di Dyson forse lo penalizza e lui si deve accontentare delle briciole lasciate dall’ex brindisino. Mai un vero fattore, offre comunque il suo contributo con qualche giocata. Il suo battibecco in gara 7, con successiva rappacificazione, con l’invadente tifoso reggiano, rimarrà una delle scene più incredibili, assurde, ma anche simpatiche, di questa finale.

David Logan, 8: un giocatore clamoroso. Può dormire per una partita intera e iniziare a bombardare il canestro avversario solo quando la palla inizia a scottare per tutti gli altri. La sua performance nell’ultimo periodo di gara 3 è da antologia e rimarrà negli annali del basket italiano. Non disdegna nemmeno di dare il suo contributo sostanzioso nelle ultime due partite, quando con Dyson decide di prendere per mano il resto dei compagni. Se le triple pesanti rappresentano ormai per lui una mera formalità, la schiacciata con cui posterizza Silins nel terzo supplementare del sesto match è stata tanto sorprendente quanto micidiale.

Giacomo Devecchi 5,5: il “ministro della difesa” sardo  vive una serie sottotono, non riuscendo a mettere la museruola ai suoi avversari e non risultando mai un fattore dall’altra parte del campo. C’era però anche contro Veroli nel 2010 e questo lungo percorso di 5 anni non può che essere un orgoglio per lui.

Matteo Formenti, 5: nelle poche volte che viene chiamato in causa, rischia di non combinarne mai una giusta. I suoi meriti vanno rintracciati nelle serie antecedenti a questa.

Jerome Dyson, l'uomo della provvidenza nel finale di gara 6 e 7
Jerome Dyson, l’uomo della provvidenza nel finale di gara 6 e 7

Rakim Sanders, 8,5: unico a salvarsi nel naufragio di gara 1, la sua finale è stata il coronamento perfetto di una postseason semplicemente perfetta. E’ stato il trascinatore della Dinamo, l’uomo al quale aggrapparsi prima di aspettare i fuochi d’artificio dei vari Dyson e Logan. Meno appariscente di Lawal, ma ugualmente straripante. Il match di ieri è stato simbolico: ha tirato la carretta per 35 minuti, prima di lasciare spazio al risveglio dei suoi compagni. Se non ci fosse stato lui, i sardi sarebbero affondati prima.

Brian Sacchetti, 6: le sue proverbiali triple non sono state all’ordine del giorno, non sempre ha risposto presente e al tiro è stato più impreciso di quello che ci si aspettava. Ci mette però tanta grinta e si gode un trionfo ancor più bello sul piano umano ed emotivo.

Kenneth Kadji, 6: sempre in quintetto, ma secondo a Brooks nei momenti topici. Fa vedere qualcosa offensivamente, dimostrando di essere un elemento di sicure qualità e con buoni margini di miglioramento. Nulla di eccezionale, ma non era da lui che ci si aspettava il quid in più.

Jeff Brooks, 7: uno dei pochi a salvarsi dal disastro delle prime due partite, fa valere tutta la sua esperienza, soprattutto in difesa, non disdegnando di mettere assieme numeri apprezzabili anche in attacco. Rischia di commettere qualche errore pesante, ma nel complesso ci si può sempre fidare della sua mano, del suo buon QI e della sua energia.

A Sassari non basta un ottimo Shane Lawal
Lawal, dominatore sotto i tabelloni

Shane Lawal, 8: squalificato in gara 1, non impressiona troppo nelle prime due partite disputate. L’infortunio di Lavrinovic lo fa esplodere letteralmente in gara 5 e 6, dove mette assieme due doppie doppie da mani nei capelli per i tifosi (e i giocatori) reggiani. Come con Milano, vive un delirio di onnipotenza e dà l’impressione di poter strappare, stoppare e schiacciare  ogni pallone vagante o sospeso nell’aria. In gara 7 gli prendono le contromisure, ma trova modo lo stesso di festeggiare un titolo per lui meritatissimo, soprattutto per il carisma e la leadership riconosciuta all’interno dello spogliatoio e dallo stesso Sacchetti.

Manuel Vanuzzo: troppo poco tempo sul parquet per essere valutato, ma è il primo ad alzare al cielo la coppa nella sua veste da capitano. Un trionfo inimmaginabile sino a pochi anni fa.

Check Mbodj: gioca soltanto in gara 1, ma si gode anch’egli uno scudetto dal sapore storico. Si son viste sorti peggiori.

Massimo Chessa: da buon sassarese, si gode i festeggiamenti e un’immensa gioia personale.

Allenatore Romeo Sacchetti, 9: l’infinita outsider è finalmente diventata la protagonista eccellente, la mina vagante si è tramutata in una granitica certezza. Dopo aver domato Milano con mezzi diversi da quelli abituali, conquista la finalissima con la sua idea di gioco, con il suo modo ormai classico di volere e intendere la pallacanestro. Ha reso immortale una squadra rivoluzionata dal mercato estivo e non ben vista dai tifosi dopo le incertezze iniziali (e non solo), ha coronato un progetto che andava avanti da anni con il presidente Sardara. Inoltre, non si può non fare un plauso alla sua pacatezza e alla sua sportività, mantenute tali anche nei momenti di maggior tensione e nervosismo.

LA SERIE, 10: due squadre costruite in maniera opposta, un gruppo di ragazzi giovani e in cerca della definitiva affermazione, una coppia lituana avanti con l’età ma di straordinaria classe e intelligenza cestistica, un solido nucleo italiano contro una compagine ricca di giocatori dal talento smisurato e indisciplinato, dall’atletismo straripante e con un un’anima soprattutto straniera. Ognuna delle due compagini ha giocato 7 partite assecondando le proprie caratteristiche e facendole esaltare nella maniera più brillante possibile. Reggio ha dato spettacolo nelle prime due partite, Sassari si è ripresa magistralmente e le ultime 5 partite sono state un’ode a questo sport, una girandola di emozioni e imprevedibilità che ha divertito e coinvolto tutto il pubblico cestistico italiano, indipendentemente dal tifo. Sassari ha meritato per l’immenso talento, la faccia tosta e le mani mai tremanti dei suoi campioni, Reggio non ha demeritato per il cuore di tutti i suoi giocatori, per la sua sublime organizzazione che ha sopperito  a diversi guai fisici, per la capacità di attingere il meglio da qualsiasi elemento chiamato in causa. Ci togliamo il cappello dinanzi a entrambe e allo spettacolo a cui hanno dato vita.

Bernardo Cianfrocca

2 thoughts on “Le pagelle della Finalissima: Sassari guidata da un poker fantastico, a Reggio non basta un super collettivo

  1. Ma stiamo scherzando??!??!?quando parlate di Reggio usate termini come collettivo sublime e organizzazione sublime mentre di Sassari esaltate i suoi individualismi…e date un 9 a sacchetti e un 8 a Menetti??!?? Ma vi rendete conto della differenza di materiale umano a disposizione??!? Forse anche io se allenavo Sassari vincevo lo scudetto… E poi che coraggio a dire che Sassari ha meritato…ma che partite avete visto??!? Questo scudetto non l ha vinto Sassari, ma l ha perso Reggio Emilia

  2. Ha vinto la squadra che ha avuto un pó più di determinazione. .quanto é bastato per portare a casa lo scudetto, gli ultimi 6 secondi di gara 6 dove Dyson é andato a schiacciare in faccia agli avversari per rimettere tutto in gioco rappresenta la mentalità di una squadra un po’ matta ma con talento e agonismo da vendere.. onore a Reggio grandissima squadra

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